Alessio Lisci IN ESCLUSIVA, il condottiero del Mirandés a un passo dalla storia

Tra analisi dei dati, strategia tattica e una filosofia di lavoro costruita tra Italia e Spagna, ecco il racconto di un tecnico che sta scrivendo una pagina storica del calcio iberico. L'intervista esclusiva a Social Media Soccer

Romano, neanche quarantenne e prima posizione in LaLiga2 con un obiettivo da portare a termine: una storica promozione tra i grandi del calcio spagnolo per far sognare una comunità intera - affamata di calcio - di appena 35 mila abitanti situata nella Comarca di Ebro, comunità autonoma di Castiglia e León. Alessio Lisci è uno dei tanti allenatori ambiziosi che ha lasciato il nostro paese per fare esperienza e mostrare le proprie doti manageriali all'estero.

Comincia con le giovanili della S.S.Lazio, per poi salutare l'Italia e trasferirsi al Levante dove matura il proprio percorso professionale. A Valencia resta fino al 2023, quando decide di accettare la chiamata - appunto - del Mirandés in LaLiga2.

I numeri parlano chiaro: 75 match disputati fin qui e una media di 1,41 punti a partita. Il suo sistema di gioco si basa su un elegante 5-3-2, integrato a uno studio dei dati che, come ci ha detto lui stesso, "sono importanti ma non possono essere utilizzati da soli".

Giovanissimo, sta compiendo un'impresa con una rosa giovane (25,1 anni l'età media) e con una società economicamente sana ma con i budget tra i più bassi del campionato. 

Dall'implementazione della tecnologia sul campo all'avventura in terra iberica, passando per il ruolo dei social network e dei nuovi linguaggi digitali, ecco l'intervista esclusiva che il tecnico ha rilasciato ai microfoni di Social Media Soccer. 

Alessio Lisci: "Il Mirandés il budget più basso della Segunda Liga"

Ciao Alessio, grazie per la disponibilità. In che modo la tecnologia supporta il tuo lavoro e quello dello staff tecnico? La video analisi dei dati singoli e di squadra che ruolo ricopre in un contesto come quello del Mirandés?

"La tecnologia per me ed il mio staff rappresenta un supporto importantissimo. Analizziamo molto i dati sia singoli che di squadra, conferendo loro molto valore. Chiaramente qualsiasi tipo di dato deve essere poi paragonato a ciò che vediamo noi “in campo”. Insomma, dati sono importanti ma non si possono utilizzare da soli". 

Una realtà piccola come Miranda de Ebro accarezza il sogno di entrare nel gotha del calcio spagnolo. Raccontaci il contesto organizzativo del Club Deportivo: centro sportivo, strutture collegate, il clima allo stadio…

"Il Mirandes è una società piccola con il budget più basso della categoria, quindi a livello di organizzazione bisogna arrangiarsi come meglio si può. Non abbiamo un centro sportivo, ma ci alleniamo in un campo affianco allo stadio (Anduva, da 5.759 posti, ndr). Abbiamo una piccola palestra ma non abbiamo uffici, infatti con lo staff abbiamo adibito una parte dello spogliatoio in cui lavorare (viviamo praticamente li dentro). Abbiamo molti limiti da questo punto di vista, però disponiamo di risorse umane importanti con una società molto familiare e sempre vicina. Tutta la città vive per il Mirandés, ed anche se numericamente pochi, nei finesettimana si fanno sentire molto con la loro vicinanza e affetto verso la squadra".

Il fatto di avere a disposizione uno dei minori budget del campionato vi pesa o si è trasformato in una chance per aguzzare l'ingegno sotto tutti i punti di vista?

"Come detto, essendo il budget più basso della categoria, bisogna sempre cercare soluzioni alternative. Da questo punto di vista tanto la società come il direttore sportivo Alfredo Merino riescono sempre a reinventarsi per ottenere una squadra competitiva. Il modello è principalmente basato su giocatori molto giovani ed in prestito da altre squadre".

Sei un mister anagraficamente molto giovane, con molti idee innovative e concettualmente interessanti. Come stai vivendo questa particolare avventura in terra iberica? E ti andrebbe di raccontare il tuo percorso professionale, anche per lanciare un messaggio ai giovani che volessero prenderti da esempio.

"Ho cominciato nel settore giovanile della S.S. Lazio, poi sono passato alla cantera del Levante sempre compiendo la trafila fino alla prima squadra. E’ un’avventura cominciata molto presto da cui sto avendo grandi soddisfazioni. Invito tutti i giovani a credere nei loro sogni, senza perdere di vista la realtà delle cose e lavorando quotidianamente per migliorarsi. La chiave è farsi trovare pronti quando arriva l’opportunità giusta".

Come ti interfacci con i social network e con i vari linguaggi digitali? Rappresentano uno strumento utile nella tua attività quotidiana o preferisci separare il lato “digital” da quello professionale?

"Non sono un grande amante dei social network, preferisco la vita reale. Ho solo un account di Instagram dove entro pochissimo; è un profilo solo professionale dove non c’è nulla della mia vita privata che preferisco tenere molto lontano dalla rete. Questa ovviamente è una scelta personale e non biasimo chi utilizza le piattaforme online per scopi lavorativi o di intrattenimento". 

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