[ESCLUSIVA] Antonello Cuccureddu: "Un onore essere nella Hall of Fame della Juventus"

Dodici anni di Juve e l'importante riconoscimento, a 44 anni di distanza, dell'inserimento nei primi 50 calciatori selezionati per la Hall of Fame bianconera. Antonello Cuccureddu c'ha raccontato la sua esperienza con la Vecchia Signora e non solo

Nella neonata Hall of Fame della Juventus non poteva mancare Antonello Cuccureddu, 12 anni in bianconero (dal 1969 al 1961), collezionando 298 presenze e mettendo a segno 26 reti. Ad oggi, l’ex calciatore sardo gestisce una scuola calcio nella natìa Alghero. Ai nostri microfoni ha raccontato la sua esperienza con la maglia della Vecchia Signora, con la Nazionale e il suo lavoro con i giovani

Gli occhi bianconeri di Antonello Cuccureddu: l'amore per la Juventus

La Juventus ha inaugurato la Hall of Fame e lei è nei primi 50 nomi rilasciati dai bianconeri?

“È un onore e un grande orgoglio. Ho giocato per 12 anni per la Juventus ho vinto sei scudetti, Coppa Italia e Coppa UEFA, e poi sono juventino dalla nascita. È sempre un piacere. Abbiamo fatto tanto, sono orgoglioso”.

Qual è stato il più bel momento vissuto in bianconero?

Il mio arrivo alla Juventus. Ero un ragazzino, arrivavo dal Brescia. Da juventino è stata una fortissima emozione, soprattutto quando mi accompagnarono allo stadio e vidi i tifosi, i giornalisti e la squadra negli spogliatoi. Hanno dovuto aprirmi la porta perché ero completamente bloccato e incredulo”.

C’è qualche figura di quegli anni che ricorda con più affetto?

“Ho una sfilza di nomi con me. Salvadore, Altafini, Morini, Zoff, Haller, Anastasi, Capello, Marchetti e tanti altri, tutte le persone con cui ho condiviso molto”.

Che ricordo ha dell’avvocato Gianni Agnelli?

“Una grande persona, al di là di quello che sappiamo tutti. Con noi dialogava molto. Non parlavamo mai di tattica. Era una persona straordinaria”.

Qualche settimana fa, in un’intervista rilasciata a ToroNews, Paolo Pulici l’ha tirata in ballo dicendo: "Cuccureddu diceva che nel derby mi diventavano granata anche gli occhi”. Che cosa significava per lei giocare contro il Torino?

“Beh, io avevo gli occhi bianconeri. Il derby si sentiva e si sente. Vincerlo è sempre bello, ne abbiamo vinti diversi nei miei 12 anni a Torino”.

Qual è il trofeo che sente di più tra quelli conquistati durante la carriera?

La Coppa UEFA vinta nel 1977 contro l’Athletic Bilbao: è stata una meraviglia. Gli scudetti sono sempre belli, ne ho vinti 6, con amici, grandi giocatori. Ho un gran ricordo del mio esordio in Nazionale e del Mondiale in Argentina del 1978”. 

Il primo sardo in maglia azzurra

Capitolo Nazionale: lei è stato tre i tre sardi ad aver disputato un Mondiale in maglia azzurra. Che ricordi ha?

“La maglia ce l’ho nella struttura in cui oggi opero nel settore giovanile. È stato un onore vestire l’azzurro. Sono stato il primo sardo ad indossare la casacca della Nazionale”.

Riusciremo ad avere il quarto sardo al Mondiale, presumibilmente Nicolò Barella, negli Stati Uniti?

Lo sto aspettando. Me lo auguro. Bisognerebbe tornare a lavorare sui settori giovanili”.


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La nuova esperienza tra i giovani

Campo su cui lei opera da diverso tempo. 

“Io lo faccio. Abbiamo dei ragazzi che stanno imparando e speriamo che qualcuno venga fuori. Alcuni sono arrivati in C, altri in B. Vorrei vedere altro di bello. Ad Alghero è complicato, ci sono sempre meno bambini, siamo 45.000 abitanti”.

 

Un suo parere sul sistema giovanile italiano. 

In Italia è difficile acquistare ragazzi, si chiedono cifre troppo alte. Bisognerebbe puntare maggiormente sui giovani. Molte società puntano sugli stranieri perché costano la metà. Abbiamo dei ragazzi bravissimi, bisogna andare in giro. Continuiamo a prendere gente da fuori, senza scovare nuovi talenti sul posto; bisogna saper scegliere e avere persone preparate nella loro gestione. Serve gente che ha giocato a calcio: insegnare ai bambini è complicato, è esattamente come la scuola. Vedo tante chiacchiere, serve più pratica. Gli stranieri presi da fuori devono poter fare la differenza, non essere simili o inferiori ai nostri. Ribadisco, bisogna saper scegliere e capire di calcio. Il ragazzo bisogna guardarlo bene. Sarebbe giusto tornare al calcio di strada, come accadeva ai nostri tempi. Ora se non hanno il sintetico non giocano”.

Il capitolo da allenatore

Lei ha giocato anche alla Fiorentina.

A Firenze andai in una squadra bella, competitiva, con un bell’ambiente. Abbiamo fatto un bel campionato. Sono stato benissimo”. 

Che ricordo ha della Ternana, squadra che ha allenato nel 1998?

“Ero all’inizio, ma ricordo positivamente l’esperienza. Mi sono trovato bene”.

Poi ha avuto altre due esperienze ad Avellino e Perugia.

“Ho due bei ricordi. Mi sono trovato bene sia con le città che con le squadre. Ho bei ricordi da allenatore, ma le cose migliori le ha fatte da calciatore”.

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