La colpa è di chi muore, il romanzo di Marco Bellinazzo dalla voce dell'autore

La complicata vicenda della tratta di calciatori provenienti dall'Africa prende vita nell'autorevole penna del giornalista Marco Bellinazzo, autore del romanzo noir La colpa è di chi muore

Una storia di corruzione, l’obiettivo di una carriera brillante fagocitato da avidi divoratori di sogni, un luogo dove il calcio entra nella terribile dimensione dell’incubo è quanto trattato da Marco Bellinazzo nel suo romanzo La colpa è di chi muore, edito da Fandango. Una storia che ci addentra negli oscuri sentieri del traffico di esseri umani che attanaglia e stritola il mondo nero del pallone, mostrando l’altra faccia della sfera, quella bagnata dal sangue, e accendendo la luce su una verso una tematica di estrema urgenza, ma sconosciuta ai più. Lo stesso giornalista ci ha raccontato gli elementi chiave del processo creativo – partendo proprio dalla sfida con un nuovo genere - e della costruzione di quello che si può definire un grande noir calcistico, pronto ad essere raccontato nei diversi centri della penisola.

Dalla saggistica al romanzo: la sfida di Marco Bellinazzo per raccontare il lato oscuro del calcio

È passato dalla saggistica al romanzo, due generi completamente differenti, qual è stata la spinta verso questo cambiamento?

“Sono due mondi differenti, con due linguaggi diversi – provenendo dal giornalismo e dalla saggistica ho dovuto imparare quello del romanzo – e non a caso il romanzo ha avuto la lunga gestazione di cinque anni, naturalmente facendo anche altro. Sono due le questioni che mi ha portato a questa soluzione: la prima è dovuta alle complicanze nel reperimento di prove e documenti, la base oggettiva attorno alla quale costruire un articolo di denuncia, pur essendo in possesso di queste storie, la seconda è la praticità della creazione di un racconto di fantasia per far conoscere la vicenda al maggior numero di persone possibili. Un saggio spiega la realtà ma il romanzo la mostra in tutta la sua crudezza, e questo rimane maggiormente nel cuore dei lettori”.   

Quali sono stati i riferimenti letterari che hanno ispirato questo romanzo?

Ho guardato molto al mondo dei giallo. La difficoltà è stata nel non aver avuto un punto di riferimento ben preciso: il mio oltre ad essere un noir voleva essere un libro di denuncia sociale ed è qualcosa che non ho trovato in altri autori, pur avendo letto tantissimi autori di genere, sia italiani che stranieri, come De Giovanni, Manzini, Camilleri. Ho cercato una mia strada, un mio linguaggio, per parlare di storie che ho sentito necessarie”.

Il romanzo ha una fruibilità diversa rispetto al saggio. 

Molte donne che odiano il calcio hanno letto e amato il libro, questa è una grande sorpresa. Nella vicenda c’è ampio spazio all’aspetto fondamentale dei sentimenti - dove l’amore per ciò che si fa, la propria vocazione, è costretto a scontrarsi con avidità e altre meno nobili sfumature dell’animo umano - , vero filo conduttore che lega i diversi personaggi, che qualcuno ha definito tridimensionali”.


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Un pallone sporco di sangue e di sogni infranti: la tratta e i complici

Quanto è vivo ancora oggi il problema del mercato nero nel calcio?

Ho voluto raccontare un fenomeno sottaciuto, di cui spesso sentiamo parlare attraverso episodi che possono sembrarci marginali, come la falsa identità o età di un calciatore. Il mio obiettivo è stato quello di capire cosa ci fosse dietro, dove ci sono – almeno secondo alcuni – circa 15.000 ragazzi all’anno vittime di questo sistema. Ho conosciuto questo fenomeno da dentro e ho voluto raccontarlo tramite questo meccanismo noir di 400 pagine, in cui alla fine si vuol sapere quale sbocco prenda la vicenda, per provare ad accendere la luce su un fenomeno internazionale su cui spero arrivi una maggiore attenzione”. 

Lei ha parlata di storie che hanno ispirato il racconto, quanto è importante portarle alla luce per far conoscere la realtà su questa questione?

Sono storie vere che ho incontrato nella mia attività giornalistica. Credo sia fondamentale parlare di queste vicende. Ho voluto raccontare la storia di alcuni ragazzi nigeriani, ma avrei potuto parlare dei tanti del sud Italia e di qualsiasi periferia che inseguono il sogno di diventare calciatori ma si trovano stretti nei meccanismi di avidità e di potere che si innescano per speculare sui loro obiettivi, ed è il motivo per cui parlo di divoratori di sogni. Penso che loro, spesso, siano più spietati rispetto a chi assassina un corpo, perché chi distrugge il sogno – ed è un’allegoria che si confà anche ad altri settori – porta via la cosa più preziosa, quella che spinge una persona a vivere. Spero di aver raggiunto l’obiettivo dando voce a queste storie e spero che il mio romanzo possa essere un contributo di spunto per una riflessione più ampia, ancor più larga di quanto non possa suscitare un saggio o un articolo di giornale”. 

Quanto sono complici le società di calcio che si affidano a questi divoratori di sogni?

Le società sono spesso complici. Ci sono processi in atto, anche del recente passato, e c’è un’ampia connivenza se non complicità da parte dei club. Questo tipo di mercato porta giocatori a basso costo da poter utilizzare per alimentare le plusvalenze. In teoria la FIFA avrebbe imposto il divieto dei trasferimenti internazionali per gli under 18, salvo casi eccezionali, che di fatto non viene rispettato, basti guardare le primavere delle squadre italiane, ma anche degli altri paesi. C’è un sistema molto vasto, talvolta legato a interessi di vere e proprie organizzazioni criminali di cui questi ragazzi sono vittima. Chi li porta fuori dai loro mondo lo fa spesso per farsi pagare dalle loro famiglie o dalle loro comunità, indebitate nella speranza di vederli realizzati come calciatori, pur conoscendo la scarsità di chance del singolo. Spesso vengono trattati come pacchetti, dove quando non si emerge si finisce o in mano a queste organizzazioni, ad uso dei loro scopi per ripagarne il debito, o in campionati periferici dove vengono utilizzati per truccare le partite per permettere alle organizzazioni stesse di riciclare soldi sul mercato internazionale del betting. Accanto al singolo procuratore, speranzoso di piazzare il colpo, ci sono fenomeni ben più complessi”.

La colpa è di chi muore in giro per l'Italia

Il libro passerà tra diverse città italiane. Quali sono le tappe?

“Sì, partiremo da Napoli, il 29 settembre, e andremo successivamente a Roma. Poi ce ne sono altre che stiamo organizzando tra Legnano, Foligno. Stanno arrivando richieste da ovunque e speriamo di poter portare questa storia in giro il più possibile”.

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