I progetti espansionistici dello sport qatariota

Il Paese arabo coltiva da anni una politica mirata ad un’evoluzione sportiva dal respiro internazionale che ha condotto all’organizzazione della FIFA World Cup. Il tutto coinvolgendo anche la FIGC.

Per capire quanto sia importante un Mondiale, basta analizzarne l’impatto mediatico. Una competizione che accentra completamente l’attenzione pubblica, instaurando una sorta di egemonia comunicativa ogni 4 anni.

Siamo infatti passati dal limitarci a conoscere l’esistenza di uno Stato come il Qatar al parlarne quotidianamente. Soggetto immancabile di qualsiasi conversazione mirata ad analizzare le politiche del calcio e le decisioni delle sue figure apicali.

La scelta della FIFA di organizzare il mondiale nel Golfo Persico, come ormai noto, è infatti una delle più trattate e analizzate della recente storia di questo sport.

Aspetto che si basa su problematiche gravissime riguardanti il Paese ospitante che hanno condotto a profonde riflessioni circa la bontà delle strategie della Federazione Internazionale del calcio. Ma che ha, al contempo, indotto un upgrade culturale dato dal voler scoprire tutti i meandri sportivi di una Nazione che, obbiettivamente, in tanti non conoscono per nulla.



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Indagando su come si sia giunti alla FIFA World Cup Qatar 2022 e di come la realtà qatariota, mai presente in una coppa del mondo, sia riuscita a mettersi in mostra al punto da convincere Blatter ad attribuirle la responsabilità di una competizione così preziosa e centrale per il calcio.

Una curiosità che ha probabilmente nell’insofferenza le sue ragioni principali. L’organizzazione della competizione in inverno non è stata ancora digerita da nessuno, complice soprattutto lo stop forzato dei tornei nazionali.

Inducendo la necessità di capire perché. Quale sia il motivo vero e trainante che ha portato la FIFA a voler ribaltare le consuetudini e le tradizioni di una coppa vantante 92 anni d’età.

Analisi che hanno portato alla luce non solo un fondatissimo progetto sportivo qatariota, ma addirittura una sua collaborazione con la FIGC.

La Copa America e l’Aspire Academy

I primi segnali di un’idea espansionistica dello sport qatariota iniziano a palesarsi nel 2019 quando, per la sorpresa di tutti, il Qatar figura tra le squadre partecipanti alla Copa America, torneo internazionale distante per cultura e, soprattutto, territorio dal Paese arabo.

Una situazione davvero particolare, ma che merita una presentazione embrionale più approfondita.

Al contrario di quanto non accada con gli Europei, il torneo in questione, dal 1993, non è ad appannaggio unico delle Nazionali latine, organizzato sulla base di 12 squadre sudamericane, più due ospiti che nelle passate edizioni erano spesso e volentieri Messico e USA. Ma che in quella edizione erano contemporaneamente impegnate nella Golden Cup e quindi impossibilitate a partecipare.

Portando così gli organizzatori ad invitare Qatar e Giappone, le due finaliste dell’ultima Coppa d’Asia, vinta proprio dai qatarioti.

Un segnale di stima nei confronti del movimento asiatico e che ha finito col premiare una Nazione capace di passare dall’anonimato alla vittoria di un torneo continentale.

Campanello quantomai reale di una crescita palese e programmata che ha nell’Aspire Academy il proprio centro di gravità e punto focale.

L’Aspire Academy: cos’è e a cosa punta

Questa particolare accademia è stata infatti fondata nel 2004 a Doha con l’intento dichiarato di garantire uno sviluppo palpabile dello sport locale e di formare atleti di livello internazionale.

Vicina al mondo del calcio grazie ad un progetto di crescita incentrato su 31 calciatori compresi tra i 12 e i 18 anni. Una sorta di lavoro in erba, seguito poi da continui miglioramenti.

Nello specifico, gli obbiettivi dell’Aspire Academy, elencati dalla stessa sul proprio sito ufficiale, sono:

  • Metodi di allenamento sportivo innovativi e completi con regolari opportunità di competizione internazionale;
  • Competenza, tecnologia e ricerca di livello mondiale in materia di prestazioni e scienza dello sport;
  • Riorganizzazione della scuola secondaria, mirata allo sviluppo di giovani atleti, leader, leader per tutta la vita e cittadini con una mentalità internazionale;
  • Partenariati locali con le Federazioni sportive del Qatar e il CIO, oltre al sostegno di partner commerciali strategici come Aspetar e Aspire Logistics;
  • Partnership in tutto il mondo che contribuiscono a rafforzare lo sport, la scienza dello sport e i risultati accademici.

Un chiaro intento di sviluppare lo sport e il calcio, passando per istruzione e mentalità. Un tentativo molto simile, se vogliamo, a quello introdotto dalla Cina negli ultimi anni, ma capace di ottenere risultati decisamente migliori.

Le iniziative qatariote sono apparse infatti più mirate e sagge di quelle cinesi, nonostante le potenzialità economiche e la volontà di quest’ultimi di diventare una superpotenza mondiale.

Soprattutto se si considera l’intelligenza nelle strategie date dall’aprirsi al mondo.

Se Pechino ha tentato questo approccio ingaggiando figure come Lippi, Capello e Cannavaro, enormi dal punto di vista sportivo ma non abbastanza per cambiare il trend, il Qatar ha, come visto, innescato partnership internazionali con:

  • il KAS Eupen, in Belgio;
  • il Cultural Deportiva y Leonesa, in Spagna;
  • Il LASK Linz e il Red Bull Salzburg, in Austria;
  • il Leeds, in Inghilterra;
  • l’Independiente del Valle, in Ecuador.

Con l’obbiettivo chiaro, quindi, di apprendere davvero dai movimenti più accreditati, crescendo di riflesso.

Anche in forza, sempre in ottica Academy, del Talent Identification Programme (TID), iniziativa volta a rafforzare lo status del Qatar nell'arena sportiva internazionale, attraverso una combinazione di statistiche sulle prestazioni fisiche, sui modelli predittivi e feedback degli allenatori, mirando a selezionare i migliori talenti sportivi.

Nonchè il progetto H.O.P.E - Habituating Overseas Professional Experience, finalizzato ad offrire ai giovani calciatori l'opportunità di allenarsi e giocare in club europei.

Vision che ha finito anche col coinvolgere la Federazione italiana.

Il rapporto con la FIGC

Nonostante l’assenza dalle ultime due FIFA World Cup, quello italiano continua ad essere considerato come uno dei movimenti più importanti d’Europa e del Mondo. Grazie ad una storia pareggiata e superata solamente da Germania e Brasile, con 4 mondiali a brillare in bacheca.

Per questo motivo l’accademia qatariota ha puntato anche gli Azzurri, in forza di un accordo di knowledge sharing tra la FIGC e la Federazione locale.

Sodalizio alimentato dal programma UEFA Assist, nato per favorire gli scambi tra Europa e resto del mondo. Collaborazione che probabilmente non rasserenerà gli animi dei tifosi italiani maggiormente avversi a questo Mondiale e che, oltretutto, nel settembre di quest’anno ha permesso a Wesam Rizik, ex giocatore e ora allenatore qatariota, di essere ospite del ritiro della Nazionale Under 21 di Paolo Nicolato.

Per cogliere informazioni e respirare l’esperienza italiana, potendola poi sfruttare implementando la qualità del proprio Umm Salal, società locale. Espandendo poi il tutto a livello nazionale.

Il Mondiale come passo necessario

La struttura dell’Accademy è profondamente organizzata, al punto da comprendere al suo interno anche un progetto umanitario e di inclusione sociale in 18 Paesi in via di sviluppo, denominato Aspire Football Dreams.

Questi è capace di monitorare più di due milioni di giovani calciatori in Asia, America Latina e Africa, grazie ad un team di allenatori e scout professionisti. Vantante, tra i propri pupilli, Moussa Wagué, terzino senegalese prodotto dall’Aspire Academy e presente ai Mondiali di Russia 2018.



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Tuttavia, nonostante tutto, per ambire ad una vera e propria crescita nell’alveo del calcio internazionale era necessario un progetto altisonante, capace di catturare il fascino e l’attenzione del mondo. Niente di meglio di un Mondiale.

Una competizione centralizzante che il Qatar ha profondamente puntato e ottenuto. Tra le, asprissime, critiche di tutti, ma come passo essenziale per alzare l’asticella e farsi conoscere.

Vuoi o non vuoi oggi tutti parliamo del Qatar e ci ricordiamo che esiste. Sarebbe mai successo senza la coppa del mondo?



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