Virtual Advertising nell’industria del calcio, intervista a Massimo Magrì di Supponor

Una tecnologia innovativa per il mondo dello sport, già adottata da alcune leghe.

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Il virtual advertising è una soluzione che consente di dare visibilità a più sponsor su uno spazio che tradizionalmente poteva essere venduto ad un unico brand, come nel caso dei led a bordo campo. Questa innovazione, oltre ad essere altamente tecnologica, è uno strumento per moltiplicare la monetizzazione di club e leghe. Poter mostrare una pubblicità diversa ed esporre un brand diverso nello stesso momento ma in paesi differenti, è una evoluzione che non avremmo mai potuto immaginare 10 anni fa. Ma i player che stanno utilizzando questa tecnologia in realtà, come nel caso spagnolo, lo stanno facendo già da diversi anni.

Il virtual advertising ovviamente richiede un importante investimento in tecnologia e ha bisogno di molte informazioni sulle specifiche audience regionali per mostrare una pubblicità in target e coerente al mercato domestico di riferimento.

Per parlare di questo argomento affascinante, abbiamo fatto una chiacchierata con Massimo Magrì, EU Commercial Director di Supponor, azienda londinese specializzata in questo tipo di pubblicità virtuale che da anni lavora nel mondo della Sports Industry.

Ciao Massimo, grazie per aver accettato l’invito. Ti chiederei subito ad oggi quali sono leghe, club e brand che stanno puntando sul virtual advertising?

Storicamente, LaLiga in Spagna è stata un pioniere con Supponor nell’esplorazione di questo nuovo strumento di marketing da oltre otto stagioni. Si noti che in Spagna hanno perfezionato questo strumento a tal punto da riuscire a consentire la distribuzione di fino a 11 segnali diversi per partita in regioni e paesi specifici.

Anche la Bundesliga in Germania deve essere considerata a tutti gli effetti un pioniere: hanno iniziato ad usare la nostra tecnologia tre anni fa per trasmettere in vari mercati internazionali.

Oltreoceano, anche la NHL e la NBA sono molto attive in questo settore. In effetti, hanno già avuto esperienze in onda nel 2016, 2019 e più recentemente durante gli eventi All Star nei mesi precedenti lo scoppio della pandemia, ed entrambe stanno esplorando modi per iniziare a distribuire queste soluzioni su ampia scala.

Il virtual advertising è una tecnologia che può diventare ulteriore fonte di monetizzazione per alcuni soggetti, ma quanto è effettivamente accessibile per club o leghe minori? Quali sono i punti deboli di questa tecnologia e i punti di forza?

Fino ad ora, i costi di gestione della tecnologia hanno rappresentato una barriera all’ingresso, riservandone l’utilizzo solo a premium rights holder. L’evoluzione che stiamo osservando, però, sta rendendo queste tecnologie sempre più accessibili al punto che ci aspettiamo possa diventare una commodity nei prossimi 12/18 mesi. Serve tuttavia un processo di maturazione sia sul versante tecnologico che sullo sfruttamento consapevole dei diritti di marketing.

L’uso della tecnologia consentirà ai titolari dei diritti non solo di aumentare le entrate derivanti dai diritti di marketing, ma anche di abilitare un canale di comunicazione più efficace e diretto con il loro pubblico di destinazione.

L’emergenza sanitaria ha rallentato in qualche modo il posizionamento e l’uso delle recenti tecnologie come realtà aumentata e virtuale nel calcio, oppure è stata una sorta di acceleratore?

È stato sicuramente un acceleratore. Come in quasi tutti i settori e le situazioni della vita quotidiana, la necessità affina l’ingegno.

L’attuale periodo di partite a porte chiuse ha costretto i club a fare i conti con significative perdite di entrate (i primi studi e ricerche hanno mostrato l’immenso impatto finanziario che la pandemia ha avuto sul settore sportivo, con i cinque grandi campionati europei di calcio che dovrebbero perdere fino a 4 miliardi di euro di ricavi nella sola stagione 2019-20) e un distacco forzato dai propri tifosi che non hanno potuto entrare nello stadio.

La tecnologia virtuale ha permesso, ad esempio, di coprire gli spalti vuoti con messaggi istituzionali o pubblicità (per compensare gli sponsor che non hanno avuto la possibilità di sfruttare tutte le potenzialità dei loro pacchetti sponsorship), di avvicinare i fan all’evento (social live streaming) e rendere gli stadi un po’ “meno vuoiti” in TV.

Questa scelta obbligata in molti casi ha portato i club ad affacciarsi per la prima volta all’utilizzo delle tecnologie virtuali, familiarizzare con esse e capire come in futuro potranno essere parte integrante della loro offerta commerciale.

Hai lavorato al fianco di professionisti che si occupavano della commercializzazione dei diritti tv e di questo settore più in generale. Secondo te come possono rendere meno obsoleto il proprio modello di business alcuni club di calcio oggi? E la ripartizione dei diritti tv è effettivamente così sbilanciata in Italia?

L’utilizzo della pubblicità virtuale è sicuramente lo strumento più innovativo che l’industria del marketing sportivo ha integrato da qualche anno a questa parte. Come detto, stiamo vivendo un momento di transizione molto importante da questo punto di vista: il passaggio da una comunicazione globale uguale per tutti, a una comunicazione sempre più personalizzata indirizzata in modo più specifico. Questo, oltre a generare entrate aggiuntive, renderà i messaggi più rilevanti per i consumatori e gli investimenti pubblicitari più accessibili per i marchi regionali più piccoli.

Ci sono altre novità o tecnologie che stravolgeranno nel medio termine il mondo dell’advertising nella Football Industry?

La prossima frontiera sarà sicuramente quella della pubblicità profilata sul singolo utente: due persone sedute fianco a fianco in metropolitana a guardare lo stesso evento sportivo avranno sui tabelloni pubblicità differenti, più specifiche e attinenti ai propri gusti e interessi.

Sembra fantascienza, ma in realtà non lo è. Potremmo non rendercene conto, ma quando guardiamo un video su varie piattaforme social, è una situazione che accade già.

Sei approdato in SUPPONOR di recente. Come ci si avvicina da professionista al mondo del virtual advertising, e quindi quali sono le competenze e l’approccio che uno che vuole fare il tuo mestiere deve avere?

Prima di entrare a far parte di Supponor, che è un’azienda tecnologica, ho trascorso 14 anni presso un’agenzia leader a livello mondiale per i diritti media e marketing, specializzata in eventi sportivi. Il ruolo dell’agenzia è fondamentale perché opera proprio al centro di un ecosistema fatto di rights holder (società e federazioni sportive), sponsor (che sono considerati gli investitori) e fornitori di innovazione tecnologica che forniscono strumenti per massimizzare i ricavi.

Questo mi ha permesso di apprendere da un lato cosa chiedono i brand che vogliono investire in eventi sportivi, e dall’altro cosa offrire ai titolari dei diritti per soddisfare le esigenze dei brand. Questo si sta rivelando fondamentale nel mio nuovo ruolo in Supponor per guidare l’innovazione tecnologica nella giusta direzione per essere funzionale ai vari attori del mercato.

Grazie mille per l’intervista Massimo, molto interessante. Ci vediamo al prossimo appuntamento!

Luigi Di Maso

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