Storia delle donne nel calcio
“Why do we love football?
It’s a chance to make a difference on and off the field.
It gives me confidence
The passion of fans
It’s when I feel most alive
The energy and the excitement before a match
Out there, on the pitch
We’re all equal
That’s what I love”
Così recita la famosa campagna #equalgame della UEFA, con l’intento chiaro di sensibilizzare gli amanti del calcio (e non), in favore di una società senza pregiudizi. Abbattendo quelle barriere capaci di avvelenare anche un contesto puro come quello sportivo.
Dal razzismo al sessismo. Il pregiudizio conosce le sfumature più disparate, diverse tra loro ma unite dal fil rouge peggiore: l’ingiustizia che si trasforma in diffidenza e privazione.
Questi sono i demoni con cui le donne, da sempre, devono convivere.
Vittime dei cliché e di disparità di trattamento che portano alla demonizzazione delle loro capacità, riducendone fisiologicamente le possibilità.
Il calcio, purtroppo, è un mondo che molto si presta a questo genere di problemi.
Culturalmente visto da molti come una disciplina ad appannaggio esclusivamente maschile.
Nonostante il terreno fertile alla disparità, però, le donne si stanno a piccoli passi prendendo il calcio e accrescendo la propria visibilità. Ne è una dimostrazione lampante l’ultimo Clasico tra Barcellona e Real Madrid giocatosi al Camp Nou.
91 mila persone sugli spalti ad inneggiare 22 giocatrici. Non giocatori, giocatrici. Non Bousquets, ma Alexia Putellas Segura, capitana dei Cules e Pallone d’oro 2021.
Un risultato eclatante che sembra ripagare tutti gli sforzi fatti negli anni, ma poco noti all’opinione pubblica perché sempre rimasti nell’ombra dell’egemonia del pallone maschile.
Nascita del calcio femminile
Il movimento calcistico a tinte rosa nasce in Inghilterra, rendendo la Football Association (FA) la mamma e la promotrice di un calcio versione unisex.
Il primo team si ebbe grazie alla Dick, Kerr & Co. Factory, fabbrica inglese di Preston.
Nel 1917, infatti, le operaie fondarono la Dick, Kerr's Ladies Football Club, soprannominata “Le Signore del Kerr”. Diventando le pioniere di questa realtà, dando vita ad una vera e propria rivoluzione.
Se oggi figure come Marina Granovskaia e Megan Rapinoe godono di un ruolo eloquente per il calcio nel mondo, un grande merito va sicuramente a loro.
Preston fu la roccaforte del calcio femminile, permettendo alla propria squadra locale di farsi notare per il proprio talento, riuscendo a radunare un numero cospicuo di tifosi.
Nel 1917 ebbero addirittura l’occasione di disputare un torneo contro una selezione francese, allargando i propri orizzonti anche Oltremanica.
Sembrava davvero l’inizio di un’apertura a 360° del pallone, onnicomprensiva di uomini e donne, nessuno escluso.
Nel 1921, però, la Football Association emanò un provvedimento lapidario che bandiva il calcio femminile.
Uno smacco per una realtà operaia come quella del Lancashire, capace fino a quel momento di collezionare 67 partite, ispirando la formazione di altre 150 squadre rosa.
La legge rimase in vigore per la bellezza di 50 anni, non impedendo però alle “Signore di Kerr” e a tutto il microcosmo di team nati grazie alla loro influenza di rimanere in vita e giocare a pallone.
La squadra britannica, infatti, finì col disputare 828 partite, vincendone 758, pareggiandone 46 e perdendone 24. Diventando quindi una delle squadre femminili più forti di sempre.
La situazione in Italia
Nel nostro paese il movimento nasce più tardi rispetto a quello inglese, quasi un ventennio dopo, nel 1933.
Anno simbolo di un periodo storico assolutamente complesso e totalmente avverso ad una parità dei diritti umani, ma che non impedì al Gruppo Femminile Calcistico di Milano di nascere.
Ben presto il CONI, in linea con quanto fatto dalla FA britannica, bloccò ogni possibilità di formazione di compagini femminili, emanando una serie di restrizioni volte verso l’intento di mantenere una realtà calcistica prettamente maschile.
Nonostante l’avversione delle istituzioni dello sport, però, nel 1946, a Trieste, nacquero due nuove squadre: la Triestina e la San Giusto, acquisendo, rispettivamente, i nomi della squadra maschile nota nel panorama italiano grazie a Nereo Rocco e quello del patrono della città alabardata.
Pochi anni più tardi, sulla scia delle iniziative milanesi e giuliane, viene istituita a Napoli, l‘Associazione Italiana Calcio Femminile (AICF), dando quindi corpo e legislazione al movimento.
Da qui si assiste ad una cronistoria più ricca e strutturata, ponendo seriamente le basi per un coinvolgimento al femminile.
Qualche anno più tardi, infatti, si iniziarono a disputare le prime partite ufficiali nello Stivale:
Nel 1959, a Messina, si giocò Roma – Napoli, derby del sole che sancì lo scioglimento dell’AICF.
Mentre nel 1965 Bologna – Inter, caratterizzata dall’assoluta linea verde con giocatrici dell’età compresa tra i 14 e i 17 anni e con una caratteristica davvero curiosa: i due team avevano la stessa allenatrice, Valeria Rocchi, che in quell’occasione era anche arbitro del match.
La realtà ha ormai preso piede, catalizzando attenzione ed entusiasmo. Tra gli anni ’60 e ’70, infatti, nascono diverse associazioni di calcio femminile.
La prima è la FICF, Federazione Italiana Calcio Femminile, permettendo la nascita del primo campionato a 10 squadre, suddiviso in gironi organizzati su base territoriale.
La seconda è la FIFGC, Federazione Italiana Femminile Giuoco Calcio, capace di inglobare molte società uscenti dalla FICF.
Nel 1986, invece, il movimento entra a far parte della FIGC e viene eletta Natalina Ceraso Levati come presidentessa della divisione.
Complice questa escalation storica, ora le donne si stanno ritagliando un ruolo importante nel nostro Paese, mettendo in luce talenti meritevoli di attenzione, come sportive, prima che come donne. Perché il cuore pulsante della parità è una valutazione oggettiva dell’impegno, del sudore e del talento, senza farsi fuorviare dal genere.
Giocatrici come, tra le altre, Barbara Bonansea, Sara Gama, Cristiana Girelli e Daniela Sabatino meritano una menzione ed un riconoscimento come atlete e professioniste.
Il calcio femminile oggi
Oggi il calcio femminile non ha ancora raggiunto il livello di quello maschile.
Tuttavia si sta registrando una crescita continua, con società e federazioni dal modus operandi elastico per garantire al movimento una maggior visibilità.
Inoltre, al contrario di quanto non stia accadendo con gli uomini, una nazione su tutte, LA nazione in termini di visibilità internazionale, sta abbracciando con grandissimo entusiasmo il calcio femminile.
Stiamo parlando degli Stati Uniti, punto di riferimento del settore grazie a giocatrici come Alex Morgan e Megan Rapinoe, con la seconda divenuta simbolo inconfondibile di talento fuori e dentro al campo.
Essendo diventata simbolo della nazionale Campione del Mondo e modello sociale di riferimento, facendosi portatrice di diritti ed eguaglianza.
Il talento delle atlete statunitensi e il raggiungimento di successi internazionali (4 mondiali, dal 1991 ad oggi) mai ottenuti dagli uomini hanno innescato una grande attenzione da parte degli appassionati, creando una fanbase di tutto il rispetto.
Elettricità, talento e freschezza che portano alla nascita anche di nuove squadre di club, come l’Angel City Fc, società fondata da un collettivo formato da star del cinema e dello sport che aveva raccolto 35 milioni di sponsorizzazioni ancor prima di giocare la prima partita della sua storia.
Il movimento rosa ha quindi assunto dei connotati che rendono merito a tutti gli sviluppi ottenuti dal 1917 ad oggi, affrontando tutte le avversità e riuscendo ad abbattere divieti e riluttanza. Permettendoci oggi di celebrare donne professionali e capaci come o più degli uomini.
Jill Ellis, ex calciatrice e due volte campionessa del mondo da allenatrice degli USA (2015 e 2019).
Shelly Kerr, ex calciatrice e club manager di diverse squadre nazionali e di club. Dalla Scozia Under 19 all’Arsenal.
Corrine Diacre , ex capitana della nazionale Bleus, e prima donna a dirigere una squadra maschile francese.
Maymol Rocky, proveniente dall’India e capace di diventare la prima allenatrice della nazionale del proprio paese nel 2017. Impresa non da poco in una nazionale non particolarmente incline alla gender equality.
Marina Granovskaia, nata a Mosca, ma con origini canadesi, è in assoluto una delle donne più influenti del mondo del calcio. Si laurea in lingue straniere all’Università statale Lomonosov a Mosca e, una volta conclusi gli studi, comincia immediatamente la propria carriera al Chelsea come braccio destro di Roman Abramovic.
Definirla amministratrice delegata dei Blues è quasi riduttivo. Questo è infatti solamente il nome del ruolo ricoperto, essendo la sua presenza, in realtà, molto più ampia.
Marina Granovskaia è il Chelsea.
Un ventennio come spalla dell’oligarca e la quasi totale egemonia delle scelte societarie. Grazie ad una fiducia illimitata, guadagnata sul campo, prendendo decisioni brillanti che hanno permesso ai londinesi di arricchire la propria bacheca dopo un secolo di storia povero di trofei.
Partita dal basso, ha scalato le gerarchie, entrando prima nel consiglio d'amministrazione del club nel 2013, e poi diventandone amministratrice delegata un anno dopo. Da anni è lei a guidare e rappresentare il Chelsea in tutto e per tutto.
Lina Souloukou, nata a Larissa, in Grecia, ha dedicato tutta la sua carriera professionale al calcio, essendo una consulente specializzata con ampio raggio d'intervento. Diverse le posizioni ricoperte: è stata nominata come membro del Tribunale Arbitrale del Calcio della Federazione Calcistica Ellenica per 5 anni e negli ultimi 12 ha rappresentato e collaborato con molti club e istituzioni.
Nel 2016 è entrata nell'Olympiacos FC come responsabile degli affari istituzionali e legali e più di un anno dopo è diventata direttrice generale, posizione che ricopre ancora oggi.
Maria Sole Ferrieri Caputi, 31 anni, di Livorno, ricopre un ruolo sotrico nella storia del calcio italiano, essendo stata la prima donna di sempre ad arbitrare una squadra di Serie A.
Ha diretto infatti Cagliari – Cittadella, valevole per i sedicesimi di Coppa Italia, conquistando il record grazie ai sardi. Da sempre appassionata di calcio e arbitro dal 2007.
Elenco che potrebbe essere ancora più lungo, essendo tantissime le figure femminili meritevoli di menzione.
La competenza, la preparazione e la passione non sono ad appannaggio degli uomini, neanche nel calcio.
And this is what we love.