Rasmus Ankersen, l'ossessione per i numeri per vincere nel calcio

Scrittore, imprenditore, oratore, CEO di Sport Republic e consulente per le aziende. Il tuttologo danese sta rivoluzionando il calcio con la propria competenza abbinata all’ossessione per i data. Dal modello Brentford al lavoro al Midtjylland, un profilo che merita di essere approfondito.

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“Tra i 20.000 giocatori che vale la pena di valutare credo ci sia una squadra da titolo di 25 giocatori che ci possiamo permettere... Una specie di isola dei giocattoli difettosi”.

Così recita una delle citazioni più celebri del film “L’Arte di vincere”, in lingua originale “Moneyball”, diretto da Bennet Miller nel 2011. Una riflessione cinematografica, ma tratta da una storia vera e quindi perfettamente affine alle nuove filosofie di approccio al mondo dello sport.

La costante trasformazione del calcio ed il suo passaggio, perpetuo e costante, verso i connotati del business hanno infatti indotto negli addetti ai lavori la consapevolezza che per competere ad alti livelli, non usufruendo di patrimoni finanziari sconfinati, l’unico modo per sopravvivere sia quello di elaborare strategie che possano aggirare le lacune economiche.

Una di queste, la più intelligente e gettonata, è data dall’analizzare ogni meandro del calcio, ogni suo dettaglio per estrapolarne numeri, dati e le informazioni che in essi si celano. Per comprare solamente i giocatori giusti e congeniali alla propria realtà, ad un prezzo sostenibile.

Una ventata moderna e innovativa che i tifosi del Milan stanno iniziando a conoscere e ad apprezzare grazie al neoproprietario Gerry Cardinale e che rispetta perfettamente la filosofia operativa di una figura che sta rivoluzionando il gioco: Rasmus Ankersen.



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Scrittore, imprenditore, oratore, Co-Founder e CEO di Sport Republic, società che, guarda caso, applica l'analisi dei dati per aiutare i club calcistici e le aziende tecnologiche sportive a raggiungere il loro pieno potenziale.

Oltre che direttore sportivo del Southampton Football Club in Premier League e attuale presidente del Goztepe in Turchia. Con alle spalle delle brillanti esperienze con la propria squadra del cuore, il Midtjylland e il Brentford, realtà che sicuramente non rappresentano l’élite ma che sono finite col diventare, con e grazie a lui, dei modelli da imitare.

Un imprenditore poliedrico

La sua esperienza, passata e presente, nel mondo del calcio è solamente una delle tante sfumature e parentesi professionali che ne hanno contraddistinto la carriera.

Tuttavia, tutto nasce proprio dallo sport, avendo, per un breve periodo, calcato i campi danesi con addosso la casacca del Midtjylland.

Una parentesi nei panni del calciatore interrotta da un brutto infortunio, ma che inculca nella testa di Rasmus la volontà di voler scalare le gerarchie del calcio, fino a raggiungere le stanze dei bottoni e di avere la possibilità di rivoluzionarne e aggiornarne la vision.

Dopo aver ottenuto la licenza A UEFA come allenatore, vive infatti l’escalation che gli ha permesso di diventare oggi uno dei volti più accattivanti del settore, specie grazie al proprio operato con la fede calcistica di una vita, i Lupi danesi, e il Brentford. Piazze che ne hanno sprigionato la competenza e che lo hanno portato a diventare, gradualmente, azionista di riferimento dei Saints e figura apicale del Goztepe.

Esperienze extra-calcio

Accanto a questa crescita sportiva, anche attività collaterali e di grande successo. Ad appena 22 anni scrive infatti il suo primo libro, intitolato "Il DNA di un vincitore" e un anno dopo un secondo, “Leader DNA”, figlio dello studio di 25 leader e professionisti di altissimo profilo, tra i quali il Segretario della NATO Anders Fogh Rasmussen e l'amministratore delegato del Gruppo LEGO. Lavoro che lo porterà a vendere la bellezza di 40.000 copie.

Veste di scrittore abbinata alla collaborazione, come consulente di fiducia, con aziende del calibro di Boston Consulting, E&Y, Google, Facebook, Hitachi, IKEA, Roche Pharmaceutical che ne hanno sensibilmente aumentato competenze e apertura mentale, messe poi al servizio del calcio.

Il modello Midtjylland

Il Midtjylland non gode di particolare considerazione internazionale, a causa del nome dannatamente complesso e del fatto che, del calcio nordico, sappiamo davvero troppo poco.

Gli Ulvene, i Lupi, sono infatti una delle realtà più accreditate della Danimarca, insieme ai ben più noti rivali del Copenaghen, presenza fissa in Champions League. Ma soprattutto sono affiliati con il Liverpool, gigante del gioco che, al contrario, non necessita di alcuna presentazione.

La mentalità impartita da Rasmus Ankersen, la costante analisi del dato, l’attenzione per il numero, hanno portato la piazza a vantare uno stimato dipartimento di ricerca comprendente figure professionali con dottorati conseguiti ad Harvard. Finendo col catturare l’attenzione anche dei Reds. Come modello da seguire e bacino cui appoggiarsi per il monitoraggio di giocatori di talento.

Effetto interessante di questo, insolito, sodalizio a distanza è il fatto che nelle passate stagioni la squadra allenata da Jürgen Klopp abbia aumentato, grazie a questa fonte d'ispirazione, le statistiche del mantenimento del possesso del pallone da rimesse laterali sotto pressione, salendo dal 45,4% al 68,4%. Portandolo da uno dei peggiori della Premier League al secondo posto in Europa

Una rivoluzione analitica diventata un vero e proprio manifesto della società a partire dal 2014, grazie all’utilizzo, in forza del concetto di Moneyball, di metriche d’analisi più approfondite per valutare meglio le prestazioni degli atleti da acquistare ed uscire vittoriosi dalle campagne di calciomercato.

Mentalità che ha permesso di vincere tre titoli della Superliga danese in sei anni e la qualificazione alla Champions League per la prima volta nella storia, nel 2015/16 e poi ancora nel 2020.

Prestazioni, successi e numeri che valorizzano la visione di Ankersen. Il quale, in un’intervista al The Guardian nel 2020, aveva dichiarato: "Nel calcio le storie che ci raccontiamo sono spesso sbagliate. Guardate cosa succede quando una squadra attraversa una serie di risultati negativi. I tifosi e i media cercano un racconto per spiegarlo. Lo stesso accade quando una squadra va bene.

La scorsa stagione, ad esempio, abbiamo vinto il campionato con 14 punti di vantaggio. La gente diceva che stavamo andando benissimo. Ma se si analizzano i dati sottostanti, in realtà non siamo migliorati. I nostri concorrenti più vicini sono peggiorati. Una volta che si assiste a una regressione verso la media, più e più volte, ci si convince che questo è il modo giusto di fare le cose".

Il successo al Brentford

Insieme a quella danese, quella al Brentford rappresenta una delle esperienze più segnanti e gratificanti.

Un club partito dal fondo del calcio inglese, la Football League Two, per poi risalire in appena 10 anni le vette del football locale. Passando in un arco di tempo davvero breve dalla quarta serie alla Premier, massimo campionato d’Inghilterra e del mondo dove peraltro occupa, attualmente, un’ottima undicesima posizione in classifica.

Il tutto senza l’apporto finanziario di sceicchi arabi o magnati americani, esperienza diffusa in Gran Bretagna. Ma servendosi di un’ottima programmazione e di un approccio data-driven gestite ed elaborate dal proprietario Matthew Benham, presidente proprio anche del Midtjylland, e di Rasmus Ankersen, suo braccio destro.

Una parentesi davvero eclatante per numeri e successo e che ha finito col generare la bellezza di 120 milioni di sterline in cinque anni con i soli trasferimenti. Iniziata grazie alla volontà di Benham di coinvolgerlo nel progetto, con un primo incontro così descritto dal diretto interessato: "Gli chiesi quali risultati si aspettasse per la stagione. La sua risposta mi spiazzò completamente. Mi disse che al momento c’era il 43,3% di possibilità di essere promossi nella divisione superiore.

Una prospettiva percentuale e numerica a suo avviso troppo bassa e che lo portarono così ad accettare l’incarico. Il processo di cambiamento e crescita era infatti troppo lento ed erano necessarie nuove attivazioni e strategie per alzare davvero l’asticella. Sia gestionali che tecniche e molto legate all’operato ostentato in Danimarca.

Il primo passo fu quello di analizzare le palle inattive, una voce che può comportare anche oltre il 20% delle realizzazioni, secondo gli studi di Ankersen. Ritenendo quindi come fosse il caso di aumentare sensibilmente l’attenzione rivolta durante gli allenamenti nei confronti di questo dettaglio.

Un cambiamento suscitato e perseguito dopo aver analizzato le statistiche e che a fine stagione portò ad un clamoroso aumento del 400% delle realizzazioni da situazione di palla inattiva, con 25 reti.

Risultati spiegati così dal danese: "Se Davide vuole battere Golia, non può farlo usando le stesse armi. Avete visto Moneyball, vero? Beh, il Brentford è un po' così. Sa che gli sfavoriti non vincono giocando come tutti gli altri. L’arma preferita è l'analisi del calcio”. Parole che descrivono perfettamente la gestione di una società e di una squadra secondo la filosofia di Rasmus Ankersen.



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