Come un Padre: intervista ad Alessio Di Cosimo, regista del documentario su Mazzone

Prime ha dedicato all’allenatore recordman di panchine in Serie A un contenuto arricchito dalle testimonianze come Guardiola, Pirlo e Baggio.

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Se dovessimo iniziare a raccontare il calcio ad un neofita, una buona soluzione potrebbe essere quella di partire da alcuni personaggi chiave. Tra calciatori e presidenti, sarebbe inevitabile citare i personaggi che sono diventati iconici più come figure da manager che calciatori.

Uno di questi, da cui partire per spiegare sia l’evoluzione del gioco ma anche la genuinità di questo gioco è senza dubbio Carletto Mazzone.

A fine 2022 Amazon Prime ha dedicato un documentario totalmente focalizzato sulla figura dell’allenatore romano. Abbiamo intervistato il regista, Alessio Di Cosimo, per andare in profondità su alcune scelte stilistiche e di narrazione.

Ciao Alessio, benvenuto su Social Media Soccer.

Insieme alla tua esperienza volevamo ripercorrere un po’ di dietro le quinte sul documentario di Amazon Prime dedicato a Carlo Mazzone “Come un padre”.

Innanzitutto, mi viene subito da chiederti come la scelta di Mazzone come protagonista di questo lavoro?

"Mazzone è un personaggio unico e inimitabile, ho avuto la fortuna di conoscere suo figlio Massimo e sua nipote Iole; la prima cosa che gli ho detto è stata: bisogna fare un documentario su Carletto, e mi sono stupito che nessuno lo avesse fatto prima. Una carriera unica fatta soprattutto di grandi uomini, era un dovere raccontarla".

Cosa c’è invece, dietro alla scelta di alternare momenti in cui la storia passata di Carletto Mazzone viene ricostruita e romanzata da attori, altri in cui vengono usate immagini e video di repertorio, oltre alle interviste di personaggi che sono stati importanti nella vita di Mazzone?

"La scelta della ricostruzione con gli attori era un'esigenza per raccontare da vicino gli anni del dopoguerra, l’infanzia di Mazzone, era fondamentale per me raccontare il suo rapporto con il padre e con la madre perché sono alla base della sua personalità.

I repertori televisivi non potevano mancare perché sono quelli che tutti conosciamo come la famosa corsa sotto la curva; i calciatori che lo raccontano sono i suoi “figli” che ho cercato di raccontare soprattutto dal lato umano oltre che sportivo".

È stato facile trovare la disponibilità di personaggi come Guardiola?

"Più di quanto potessi sperare e immaginare; quando scrivevo la sceneggiatura dentro di me pensavo: chissà se riuscirò ad andare a Manchester da Guardiola, alla fine è stato il primo che abbiamo intervistato, il giorno del mio compleanno il 29 marzo, è stato bellissimo regalo".

Ormai da 7 anni Prime e Netflix competono per dividersi il tempo e l’attenzione degli spettatori. Entrambe queste big company dell’intrattenimento si sono interessate al pubblico calciofilo producendo contenuti o trasmettendo partite in diretta.

Nel tuo caso come è avvenuto il contatto con Amazon? Da chi è partita la proposta e come funziona l’inizio dei lavori con piattaforme di questa portata?

"È stato la 102 distribution con Paolo Ansaldi il produttore del film ad avere i rapporto con Prime, io dal primo minuto ero certo nel progetto che stavo creando, ero certo che qualche big company lo avrebbe appoggiato però non fu così semplice, abbiamo cominciato comunque a girare non avendo ancora una piattaforma; poco dopo è arrivata la bellissima notizia che Prime avrebbe appoggiato il progetto, è stato un momento bellissimo".

I prodotti di intrattenimento sul calcio che non siano partite spesso hanno fatto fatica ad avvicinare un nuovo pubblico che non sia quello già appassionato di calcio, oltre ad essere visti con un certo occhio di diffidenze in contesti ufficiali come festival o premiazioni.

Oggi la cosa sta cambiando e i prodotti di questo tipo, che siano film o docuserie, hanno uno sguardo più profondo sulle storie e le persone. A volte il calcio è un pretesto di partenza per raccontare altro.

Quali sono gli elementi che devono esserci per rendere più appetibile e riconosciuto un prodotto di intrattenimento che si focalizza comunque sullo sport?

"Non bisogna mai tralasciare le emozioni, il cinema deve emozionare non può essere solo semplice intrattenimento, lo sport e soprattutto il calcio emoziona milioni di persone, se si fa un film sul calcio bisogna uscire dalla confort zone di raccontare solo le partite per gli appassionati, bisogna entrare nel cuore e raccontare cosa ci sia dietro ai grandi campioni e alle loro straordinarie carriere".

Tenendo conto anche del punto precedente, quali documentari dedicati al calcio o anche docuserie ti hanno convinto di più?

"Il mio preferito è Diego Maradona, due ore di documentario tutto di repertori. Musiche e ritmo straordinari".

Grazie per la chiacchierata Alessio, in bocca al lupo per i prossimi lavori.



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