Com'è cambiata la Roma dall'ultima finale europea

I Giallorossi hanno riconquistato una finale internazionale dopo 31 anni di astinenza. Tre decadi che hanno visto la società capitolina cambiare presidenti, ambizioni e bandiere.

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L’As Roma è in tutto e per tutto un dogma del campionato italiano. Una piazza tra le più calde dell’intero panorama calcistico del nostro Paese, capace di inglobare tratti caratteristici dell’italianità, del tifo nostrano per il pallone, finendo col diventare un fenomeno culturale di massa.

Una società che reincarna la propria città di provenienza, facendo della romanità un proprio baluardo.

Dall’iconico inno di Antonello Venditti, a giocatori come Bruno Conti, Francesco Totti e Daniele De Rossi, passando per allenatori come Carlo Mazzone e Claudio Ranieri.

Un legame indissolubile con la città e con la propria gente. Caratteristica che ha sempre reso i Giallorossi una squadra amatissima e appetibile alle brame di facoltosi imprenditori, ingolositi dal possedere un club così culturalmente impattante, provando a renderlo una reale antagonista delle tre squadre principali, Inter, Juventus e Milan.

Una storia tarata sulla rincorsa delle tre superpotenze del nord, ma che ha portato il club a raggiungere una sua grandezza, tanto da rendere impensabile una Stagione di Serie A senza i capitolini o con la Magica distante dalle posizioni di vertice o perlomeno europee.

Una società che negli anni ha raccolto molto meno di quanto avrebbe potuto, uscendo sconfitta dalle lotte Scudetto contro Inter e Juventus e fallendo i tentativi in Europa. Nonostante la militanza di giocatori come, tra gli altri, Mohamed Salah e Allisson Becker.



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Il 2022, però, potrebbe dare un colpo di spugna a questo digiuno che vede ancora come apogeo lo Scudetto vinto nel 2001, ormai venti anni fa, essendo la Roma in finale di UEFA Europa Conference League.

Un ritorno che i tifosi attendevano da 31 anni, dalla finale di Coppa Uefa 1990-1991 persa contro i Nerazzurri di Trapattoni.

Da quella squadra finalista a quella odierna ne sono cambiate di cose. Da Ottavio Bianchi a José Mourinho, da Flora Viola a Dan Friedkin.

Un trentennio che ha scoperto il fianco all’evoluzione del pallone, alla sempre più intensa internazionalizzazione del nostro calcio, alle cordate straniere. Tre decadi di allenatori, presidenti e capitani storici, ognuno dei quali funge, oggi, da tassello nel mosaico storico dell’As Roma.

La famiglia Viola e l’ultima finale europea

Per parlare dell’excursus storico del club dal 1990 ad oggi, non si può non fare mezzo passo indietro, tornando alla stagione 1979/80, ovvero quella durante la quale un navigato uomo di calcio, da anni dirigente della società, come Adino Viola, per tutti Dino, decise di acquistare il club, diventandone il presidente.

Figura che merita la menzione per diverse ragioni. Innanzitutto perché seppe portare la Lupa a vincere lo Scudetto e a raggiungere la finale di Champions League, ma anche perché, al momento della sua dolorosa dipartita, nel gennaio del 1991, divenne figura apicale della società sua moglie, Flora.

Una gestione quindi famigliare, che si conclude però appena 3 mesi dopo, quando la prima presidentessa donna nella storia della Roma, per tutti “Donna Flora”, cede la società a Giuseppe Ciarrapico.

Nonostante la presidenza della Signora Flora duri solamente dal 19 febbraio al 24 maggio, però, la presidentessa merita di essere ricordata come l’ultima capace di condurre la Roma in una finale internazionale prima dei Friedkin.

Ovvero la doppia sfida di Coppa Uefa, tutta italiana, contro l’Inter. Persa sotto i colpi di Matthaus e Berti, nonostante la militanza, in quegli anni, di leggende come Voeller e “Il PrincipeGiannini.

Giuseppe Ciarrapico e l’esordio di Totti

Giuseppe Ciarrapico è una figura che va analizzata da una doppia faccia della medaglia: da un lato non seppe mai davvero conquistare la piazza, non superando mai la diffidenza dei tifosi e venendo addirittura arrestato, nell’estate del 1993, per bancarotta fraudolenta.

Dall’altro lato, però, durante la sua presidenza esordisce, grazie alla lungimiranza di Carlo Mazzone, Francesco Totti, fenomeno di Porta Metronia col 10 sulle spalle, poi diventato il capitano più amato di sempre.

I problemi legati alla giustizia portano il presidente a cedere il club, dopo appena due stagioni, a Franco Sensi e Pietro Mezzaroma, ponendo, a sua insaputa, un primo tassello per una delle pagine più iconiche della storia della Roma.

L'epopea Franco Sensi

Come detto, nel 1993/94 Franco Sensi e Pietro Mezzaroma acquistano una società reduce dall’addio sanguinoso di un presidente dai trascorsi torbidi.

Questo è un momento assolutamente fondamentale per la storia del club, essendo Sensi un colosso della memoria giallorossa, capace di guidare la Lupa per la bellezza di 15 anni.

Con la figura di Mezzaroma solamente temporanea, essendo la sua presenza durata solo pochi mesi.

La parentesi sotto la guida dell’imprenditore romano è sicuramente la più impattante dell’ultimo trentennio, rappresentando un crocevia fondamentale su cos’era e cos’è la Roma.

Si presenta infatti con un pedigree di partenza, molto importante per fare bene nella Capitale: essere romanista. E pure di lunga data, grazie alla militanza del padre nella Pro Roma.

Nonostante questo, però, non godrà mai dell’unanimità di consenso da parte dei fan, trovandosi nella paradossale situazione di essere, al tempo stesso, amatissimo da una falange del tifo e criticatissimo da un’altra.

Preso atto del mancato plebiscito, comunque, la sua presidenza regala al club dei dogmi della sua esistenza. Tra i quali brilla lo Scudetto vinto nel 2001 contro il Parma, grazie ad un iconico Francesco Totti e ad un valzer clamoroso di talenti, tra i quali ricordiamo Montella, Batistuta, Samuel, Emerson e Nakata.

Sotto Sensi si ricordano poi allenatori del calibro di Zdenek Zeman, Carlos Bianchi, Liedholm, Sella, Fabio Capello, Prandelli, Voeller, Delneri, Bruno Conti e Luciano Spalletti, con l’allenatore di Certaldo seduto sulla panchina dell’Olimpico fino al 2009. Un anno dopo la scomparsa dello storico presidente, avvenuta nel 2008.

Rosella Sensi: di padre in figlia

Nella stagione 2008/2009 è la figlia di Franco, Rossella Sensi, ad ottenere il lascito del padre, diventando la seconda donna presidentessa della Roma, dopo “Donna Flora”.

Oltre alle questioni ereditarie, tuttavia, è bene sottolinearne la competenza, ottenendo l’incarico dopo 3 anni in veste di Amministratore delegato della società e ricoprendo l’incarico di vicepresidentessa della Lega Calcio, in seguito allo scandalo Calciopoli del 2006.

Il suo mandato con la squadra del cuore dura appena 3 stagioni, durante le quali il club riesce a conquistare la Coppa Italia 2008/09, andando vicinissimo, nella stagione successiva, a vincere lo Scudetto, piegandosi solo alla doppietta di Pazzini e alla storica Inter di Josè Mourinho.

Aspetto oggi davvero curioso, considerando l’attuale anima giallorossa dell’allenatore portoghese e tutto l’amore di cui gode nella capitale.

Nel luglio 2010, dopo 3 anni di grande Roma, la presidentessa vende la società all’istituto di credito Unicredit, decretando la fine dell’era Sensi, dopo 17 anni davvero intensi e appassionati, diventati una parentesi indelebile della storia capitolina.

Viene inoltre creata la Newco Roma, per il 51% di proprietà proprio dei Sensi e per il 49% di Unicredit, per poi sancire il definitivo passaggio di testimone e l’uscita di scena della famiglia nel 2011.

La breve presidenza di Roberto Cappelli

Il 2011 comincia all’insegna della Lupa post Sensi, con Roberto Cappelli in veste di Presidente del consiglio di amministrazione.

Il tutto per un periodo di tempo davvero limitato: dal 28 giugno al 18 agosto, data in cui Thomas Di Benedetto diventa ufficialmente il nuovo proprietario del club. Con Claudio Fenucci nel ruolo di Amministratore delegato.

L'arrivo di Thomas Di Benedetto

La presidenza Di Benedetto segna il volto della nuova Roma, dando inizio al sodalizio con gli Stati Uniti. Dall’imprenditore di Boston in poi, infatti, dirigeranno il club il connazionale James Pallotta e il californiano Dan Friedkin.

Decretando il passaggio da una famiglia romana a cordate oltreoceano, perfetta rappresentazione di come il calcio sia cambiato negli anni e di quante cose siano successe dall’ultima finale europea disputata dalla Roma. Dando così ancora più risalto al risultato ottenuto dallo Special One.

Di Benedetto fu a capo della cordata capace di acquistare i Giallorossi da Unicredit, diventando così il primo presidente straniero nella storia del club.

James Pallotta, un americano a Roma

James Pallotta, americano di Boston, segna l’attrazione del Massachusetts nei confronti della capitale italiana, subentrando al concittadino Di Benedetto come presidente della Magica nell’agosto del 2012.

Al contrario del connazionale, tuttavia, il nuovo proprietario si pone come obbiettivo quello di instaurare un progetto a lungo termine con delle basi solide, affidando le chiavi della società a Walter Sabatini in veste di direttore sportivo e a Franco Baldini come dirigente, con l’approdo poi, negli anni, di Monchi e Gianluca Petrachi. E rimanendo in carica fino alla stagione 2019/2020.

Un sodalizio durato quasi un decennio e che non ha saputo impreziosire la bacheca del club, regalando tuttavia l’indimenticato quarto di finale di Champions League del 2018 contro il Barcellona, eliminata grazie all’iconico gol di Manolas. Probabilmente la punta di diamante di tutta la sua gestione.

Passa inoltre alla storia per essere il presidente che, suo malgrado, deve assistere in prima persona all’addio della leggenda per antonomasia del club, Francesco Totti, nel 2017.

Comincia l'era dei Friedkin

Nell’inverno del 2019, un altro americano, il terzo consecutivo, investe nella Roma, sborsando quasi 800 milioni di euro, chiudendo l'accordo per il passaggio di consegne per 591 milioni.

La sua prima stagione a Roma viene vissuta con delusione da parte di tutta la piazza, considerando la sfumata qualificazione in Europa League e l’approdo verso quella che, neanche un anno fa, era una totale incognita: la UEFA Europa Conference League.

La nuova competizione europea, battezzata quest’anno, e alla quale, probabilmente, il magnate californiano ha sempre dato enorme importanza, scegliendo un maestro delle coppe europee come Josè Mourinho, per la stagione 2021/2022.

Scelta tecnica capace di infuocare la tifoseria sin dal primo giorno, decretando il ritorno in Italia di una leggenda del calcio italiano, capace di vincere la Champions League con il Porto e con l’Inter.

Nerazzurri quindi, in un modo o nell’altro, sempre presenti durante le traversate europee della Roma. Dalla finale contro Trapattoni, a quella raggiunta grazie ad un indimenticato ex interista.

Nel mezzo 31 anni ed un mare di cambiamenti e di novità. Otto presidenti diversi, icone che nel frattempo nascono e smettono di giocare e il pallone che si evolve.

La finale della Conference League contro il Feyenoord tiene tutti i fan giallorossi col fiato sospeso, alimentati dal solito tifo divampante e dalla speranza che il mago portoghese si ripeta.



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