I motivi e le critiche dietro la scelta della Supercoppa spagnola in Arabia Saudita

L'edizione 2022 della Supercopa de España è tornata in Arabia Saudita per dare continuità alla partnership iniziata nel 2019 dalla Federcalcio spagnola.

Una partnership, quella tra Federazione Spagnola e Arabia Saudita, che la pandemia ha solo rallentato.

Infatti, non con qualche difficoltà, il presidente della Real Federacion Española de Futbol (la FIGC spagnola) Luis Rubiales ha riportato in terra saudita la fase finale della Supercoppa da lui stesso rivoluzionata, nel formato, nella data e anche nella sede visto che, salvo annullamenti e ripensamenti in corso d'opera, fino all'edizione 2029 il torneo si disputerà in Arabia Saudita.

Il formato, la data, la sede e i dollari sauditi

La "revolucion Rubiales" parte nel 2019 con l'introduzione del nuovo formato a 4 squadre. Oltre alle vincenti di Liga e Copa del Rey vengono inserite nel mini torneo anche la finalista della coppa nazionale e la squadra classificatasi seconda in campionato. L'intento è quello di aumentare la competitività della manifestazione da anni troppo ferma al dualismo Real-Barca, nonostante l'avvento dell'Atletico Madrid nell'ultimo decennio.

L'esordio del nuovo formato è avvenuto in Arabia Saudita, paese che dal 2019, grazie alla partnership tra la federcalcio spagnola e il governo saudita, è la nuova casa della Supercopa de España. Oltre allo svolgimento in Arabia del mini torneo, grazie al quale viene eletto il vincitore dellla Supercoppa, l'accordo prevede anche la realizzazione di progetti collegati e collaterali che riguardano lo sviluppo del calcio giovanile e soprattutto lo sviluppo del calcio femminile, pilastro fondamentale per un paese nel quale i diritti alle donne, per ragioni di carattere religioso, vengo sempre surclassati o declassati a diritti secondati.

Per questo motivo la RFEF ha inserito una clausola nell'accordo che prevedeva l'ingresso alla stadio durante tutte le gare della Supercoppa anche al pubblico femminile, non scontato come nel nostro mondo. Clausola accolta dal governo saudita, con a capo il principe ereditario Mohammed Bin Salman deciso a sfruttare lo sport, e lo sportwashing, come volano di rilancio e modernizzazione nel panorama politico mondiale.

L'accordo economico

La RFEF ha portato nelle casse federali circa 320 milioni di euro in 10 anni. Nell'edizione 2021 però l'accordo, siglato nel 2019 su base triennale con rinnovo automatico, ha subito un colpo d'arresto. L'edizione della Supercoppa, causa pandemia, si è dovuta disputare in Spagna, più precisamente a Siviglia. Città per la quale c'è anche stato il benestare del governo saudita, compiaciuto nella scelta della sede perchè molto attivo con i suoi investimenti anche nella regione andalusa.

La Federazione per correre ai ripari e non perdere il vantaggioso accordo economico, ha da subito rinegoziato il contratto e siglato una nuova partnership sempre su base triennale (2022/2024), con rinnovo automatico fino al 2029, a 30 milioni di euro l'anno.

Anche la data del torneo ha subito una variazione passando da metà agosto, con il formato con due squadre, a metà gennaio con la formula attuale, evitando i problemi legati al clima dell'Arabia Saudita che risulta più confortevole nei mesi invernali.

L'edizione 2022, Re Carlo e la redistribuzione degli introiti

La Supercopa de España 2022 parla italiano.

Allo Stadio internazionale Re Fahd di Riyad è stato infatti il Real Madrid di Carlo Ancelotti a trionfare, prima sul Barcellona in semifinale, poi sull'Athletic Bilbao in finale.

La seconda edizione svolta in terra saudita è stata una buona base di ripartenza secondo la Federcalcio spagnola. La scelta di giocare in questo paese è un bene per il business e per lo sviluppo futuro del movimento calcistico spagnolo, oltre che un grande incremento delle entrate sia per la Federazione che per i quattro club coinvolti (l'Atletico Madrid il quarto contendente in questa edizione).

Quanto vale per i club

La sola partecipazione prevede 800.000 euro (semifinalisti); il secondo classificato prende 1,4 milioni e il campione 2 milioni di euro. Sulla base dei resoconti economici dei partecipanti alle prime due edizioni, quella saudita e quella spagnola, i club che hanno guadagnato di più sono il Real Madrid, che ha incassato 8,1 milioni nel 2020 (vincendo) e 6,8 milioni l'anno scorso, e ovviamente il Barça con 7,2 milioni nel primo anno e 7,4 milioni nel 2021, quando si è classificato al secondo posto.

Entrambi hanno anche usufruito di un plus nella redistribuzioni degli introiti dovuto ad un bonus che possiamo chiamare "bonus per anzianità di vittorie e partecipazioni", ovvero i club con più partecipazioni e più vittorie (13 il Barcellona e 12 il Real Madrid).

In questo calcolo non sono conteggiate le varie attività di marketing e merchandising che i club gestiscono autonomamente e avviano in questi paesi, e pertanto il dato sugli introiti, considerando anche quelli indiretti, è destinato a salire.

Secondo quanto riportato da El Confidencial, per quanto riguarda i diritti televisivi del torneo i contratti firmati tre anni fa con gli operatori garantivano una media di 7,1 milioni di euro tra il 2019-2020 e il 2021-2022 , che sommati a quanto garantisce la Copa del Rey, circa 32,87 milioni, porta il totale dell'incasso a quasi a 40 milioni di euro a stagione. Tra gli sponsor della federazione solo SEAT e Adidas hanno deciso di partecipare come partner al torneo.

Le varie critiche con Amnesty International in prima fila

Critiche e azioni legali alla Federcalcio spagnola sono arrivate su più fronti.

All'annuncio della nuova sede del torneo è stato ampliamente rimarcato il fatto che i tifosi spagnoli non avrebbero potuto usufruire, dal vivo, di un evento calcistico importante e storico per la nazione e che quindi la scelta dello spostamento doveva ritenersi scellerata e senza senso.

La prima vera azione c'è stata nel 2020 quando il Valencia CF, secondo quanto riportato da Palco 23, ha avviato una causa legale contro la RFEF perchè, a detta del club valenciano, la redistribuzione degli introiti derivanti dalla Supercoppa è da sempre ineguale e ingiusta e favorirebbe sempre gli stessi club, denunciando inoltre che nella sua ultima apparizione, nel 2020 appunto, il Valencia ha incassanto sei volte meno di Real e Barça.

Ma la vera ragione delle critiche che hanno colpito la Federcalcio spagnola, anche a livello internazionale, è racchiusa nella scelta di disputare gli incontri della supercoppa in Arabia Saudita. Una nazione sotto osservazione per la mala gestione dei diritti alle donne e della comunità LGBTQ, una nazione che a detta di molti reprime le diversità.

Tentantivo di boicotaggio?

Proprio per questo già in Spagna alla scelta della sede sono esplose le prime critiche e anche qualche tentativo di boicotaggio, come quello della TV di Stato che minacciò di non trasmettere le gare nel 2019. Oltre ad accuse più recenti dove molti giornalisti spagnoli hanno denunciato come il regime saudita sia riuscito a censurare le immagini del pubblico per mascherare l'assenza di una rappresentanza femminile, come da accordo.

Altra critica pesante è arrivata direttamente da Amnesty International Spagna. La ONG aveva chiesto ai quattro club del mini-torneo di indossare dei braccialetti per protestare contro la repressione dei diritti delle donne e gli attacchi contro la comunità LGBTQ che si sono verificati nel paese saudita. Nessuna delle squadre li ha indossati e si è alzato un vero e proprio polverone mediatico contro la Federcalcio, Rubiales e ovviamente il paese ospitante.

Amnesty International Spagna attraverso il suo profilo Twitter ufficiale ha attaccato la federcalcio e il suo presidente,"Sappiamo che Luis Rubiales e la RFEF sono preoccupati per i diritti umani in Arabia Saudita. Per questo vogliamo raccontarvi un paio di cose sul Paese dove si è disputata la Supercoppa", con un reportage sulle varie violazioni dei diritti umani attribuite all'Arabia Saudita.

Non possiamo certo stupirci se un Federazione sceglie un paese "straniero" per lo svolgimento di una determinata competizione, è un processo di internazionalizzazione inarrestabile visto anche con l'intento di creare appeal, visibilità e aumentare gli introiti per la Federazione e le varie leghe che essa rappresenta. Oltre a generare benefici indiretti per tutto il movimento sportivo della nazione.

Infondo è stata proprio l'Italia uno dei primi paesi ad esportare una finale di Supercoppa nel lontano 1993, quando il Milan si aggiudicò il trofeo ai danni del Torino al Robert F. Kennedy Memorial Stadium di Washington USA.



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