Dove il calcio si chiama soccer: evoluzione storica del movimento statunitense

Tra influenze europee, una radicata cultura sportiva e l’attrazione verso un gioco diffuso a livello internazionale, gli Stati Uniti stanno provando a rafforzare la propria presenza nel football.

“Abbiamo sofferto con loro e per loro, abbiamo cantato le loro canzoni, abbiamo visto e amato i loro film, abbiamo mangiato i loro panini e indossato i loro jeans, li abbiamo visti volare a canestro e raggiungere la luna. Ma il calcio è un'altra cosa; nel calcio, vogliamo comandare noi. Dallo stadio Fritz Walter di Kaiserslautern Italia-Stati Uniti”.

Questa storico intro pronunciato da Fabio Caressa prima di Italia – Stati Uniti del 17 giugno 2006 in occasione dei Mondiali di Germania racchiude per certi versi la visione che italiani ed europei hanno sempre avuto nei confronti del movimento calcistico americano, considerato sempre inferiore al proprio.

Per una questione culturale e di interesse, per il valore esponenziale che noi diamo ad un gioco insito nel tessuto del Vecchio Continente e che siamo capaci di dividere solamente con il Sudamerica.

Una visione veritiera per quanto concerne palmares e importanza a livello intrnazionale, ma che per certi aspetti si dimostra essere storicamente errata, considerando che la passione a stelle e strisce verso il “soccer”, scelta lessicale che declina una sfumatura d’avversione europea, nasce addirittura un secolo fa, nel 1920.

Grazie alle influenze di lavoratori migrati oltreoceano per inseguire il sogno americano, ma capace di attecchire subito ancor prima di hockey e pallacanestro.

Il boom economico

Le opinioni più diffuse vogliono la nascita del soccer affondare le proprie radici nel 1920 quando negli USA questo sport ricopriva un ruolo importante e centrale per socialità e interesse.

Nonostante fosse già all’epoca meno apprezzato rispetto a baseball e football, vantava decine di migliaia di tifosi e sembrava addirittura destinato a poter sfidare la neonata NFL.

Aspetto che oggi appare totalmente impossibile ma che permette davvero di capire il fascino suscitato da questo prodotto d’esportazione europeo.

Tanto da indurre i primi imprenditori calcistici del Paese ad allontanare gli Stati Uniti dalla comunità calcistica internazionale per creare un movimento prettamente locale, cavalcando il seguito dei fan.

L’American Soccer League (ASL)

In quegli anni, calcio faceva rima con American Soccer League, lega fondata nel 1921 all'Hotel Astor di Manhattan che non copriva l’intero territorio nazionale, ma solamente la sua area a Nordest, quella industriale.

Aspetto che la rendeva una realtà di nicchia, ma che non le impedì di conquistare e raggiungere un seguito sempre crescente, abbinato ad una popolarità in continua escalation.

L’ASL richiamava infatti l’attenzione del fascino delle grandi metropoli americane, ottenendo l’iscrizione di club come Boston Wonder Workers, Brooklyn Wanderers e New York Field Club e, parallelamente, convogliando in sé stessa anche quelli delle città industriali, come ad esempio i Paterson Silk Sox, i New Bedford Whalers e i Bridgeport Bears.

Ma, tra tutte, spiccava la Bethlehem Steel Corp, fondata da Charles Stoneham imprenditore vicino alla criminalità organizzata e capace di instaurare una vera e propria dinastia.

Le fabbriche d’acciaio e i lavoratori stranieri

Gli anni ’20 portarono, negli USA, un vero e proprio boom economico, accompagnato da una forte crescita industriale e dall’approvazione di leggi accoglienti dal punto di vista dell’immigrazione.

Aspetto che condusse all’impiego di un gran numero di lavoratori europei, capaci sin da subito di diffondere le proprie peculiarità culturali e, tra queste, ovviamente anche il calcio.

Si creò così un nesso tra industria e soccer, portando le aziende a sponsorizzare le proprie squadre, finendo col garantire alle società affiliate all’industria americana un vantaggio significativo rispetto alle realtà estere o locali, ma distanti dal settore commerciale.



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Benessere economico che, quindi, coinvolgeva anche il calcio e che portò da un lato al pagamento di salari molto alti per i giocatori del posto e, dall’altro, la successiva e fisiologica volontà degli atleti europei di cercare fortuna in America aumentando le proprie entrate.

Aspetto che porterà ben 50 giocatori del vecchio Continente a calcare i campi statunitensi.

Il contrasto con le norme europee

All’epoca dirigenti ed imprenditori statunitensi adottavano delle strategie di reclutamento dei giocatori totalmente difformi rispetto a quelle europee, al punto da determinare un’antinomia con i protocolli contrattuali internazionali.

Aspetto che venne fortemente contestato e che vide la Scottish Football Association prima e la FIFA poi voler affrontare la tematica della “minaccia americana”.

La Federazione Internazionale decise quindi, nel 1927, di invitare l’ASL a partecipare ad un congresso in Finlandia per porre il punto sulla situazione ed intavolare un clima calcistico omogeneo trainato dalle medesime normative.

Anche considerando il rapporto fittissimo ed ormai radicato con il calcio USA, dato dal fatto che i principali giocatori americani erano ormai tutti d’origine europea.

Situazione assolutamente turbolenta che finì per sfociare anche in piaghe interne date dal conflitto sportivo e di interessi con la United States Football Association (USFA), l'organo di governo del calcio americano.

Trainate dall’opposizione alle restrizioni imposte e dalla volontà di americanizzare il movimento, vedendo nell’eccessiva esterofilia l’anticamera dell’impossibilità, per il soccer, di venir davvero accettato dal grande pubblico.

Determinando un effetto domino estremamente dannoso che finì col condurre ad una scomunica dell’ASL, da parte della FIFA, dall’ordine del calcio internazionale. Evento avvenuto nel 1932 e che segna il crollo definitivo del benessere del calcio americano.

La querelle si risolse infatti appena dopo la Depressione, che, nel frattempo, aveva colpito duramente la base economica del soccer, decimando l’industria americana.

Inquinando per sempre la possibilità per questo sport di prendere il sopravvento negli Stati Uniti, diventando poi elemento fisso del tessuto sociale e culturale. Fattore che, oggi, rende basket, baseball, hockey e football totalmente irraggiungibili.

Altri momenti salienti

L’evoluzione storica del movimento calcistico americano è estremamente complessa, avendo scoperto il fianco alla nascita e allo scioglimento di molteplici leghe ed associazioni. Per facilitarne la comprensione è utile stilare una timeline degli eventi salienti:

  • 1945 - L'USFA cambia nome in U.S. Soccer Football Association (USSFA);
  • 1958 - L'American Soccer League (ASL) ottiene dall'USSFA il permesso di creare una International Soccer League (ISL);
  • 1961 - La Confederazione del calcio associativo del Nord, Centro America e Caraibi (CONCACAF) viene riconosciuta dalla FIFA;
  • 1967 - Nascono due nuovi campionati professionistici: la United Soccer Association (USA) e la National Professional Soccer League (NPSL);
  • 1975 - In aprile, i New York Cosmos ingaggiano Pelè per 4,5 milioni di dollari;
  • 1993 - Il presidente della U.S. Soccer, Alan Rothenberg, presenta i piani per la Major League Soccer, un campionato di prima divisione.

La Nazionale Americana

La Federazione calcistica degli Stati Uniti nasce nel 1913 con il nome di United States Football Association diventando una delle prime organizzazioni al mondo ad affiliarsi alla FIFA.

Dopo un inizio folgorante con il terzo posto ai Mondiali del 1930, tuttavia, per ben 40 anni, dal 1950 al 1990, ha mancato la qualificazione al torneo, anche a causa del fatto che la Federazione Internazionale concedesse solamente uno slot di partecipazione alle squadre della CONCACAF.

Aspetto, ad oggi, difficilmente immaginabile considerando come la squadra americana si presenti alla FIFA World Cup Qatar 2022 con la veste di una delle realtà più accattivanti e attese, accompagnata per altro dai vicini di casa Canada, Messico e Panama, sintomo chiaro di come quella zona del mondo sia ormai completamente insita nel contesto calcio.

Una squadra che si culla sul talento di un cospicuo numero di atleti militante in club europei, novità importante considerando come l’U.S. Soccer non sia mai stato un bacino particolarmente ricco per le società più importanti del Vecchio Continente.

Si possono oggi contare:

  • Christian Pulisic (Chelsea);
  • Gio Reyna (Borussia Dortmund);
  • Tim Weah (Lille);
  • Tyler Adams (Leeds);
  • Yunus Musah (Valencia);
  • Sergiño Dest (Milan);
  • Weston McKennie (Juventus).


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Giocatori aventi la possibilità di confrontarsi contro i migliori atleti del pianeta, disputando anche incontri di Champions League.

Aspetto che permette agli Yanks di godere di una base di talento ed esperienza, in passato, assenti. Portando ad una visione del gioco più aperta e in grado di affrontare anche i tatticismi e la qualità delle nazionali europee.

Da USA '94 ad oggi

L'aspetto che risulta quindi lampante analizzando tutto l'excursus storico della nazionale a stelle e strisce è come, dopo aver superato la crisi del 1932 e delle quattro decadi senza mondiali, il movimento sia riuscito a crescere, di anno in anno, con una costanza graduale ma efficace.

Godendosi, prima, il talento della leggenda assoluta Landon Donovan e di Patrick Dempsey protagonisti, ricordiamolo, dell'unica squadra in grado di fermare gli Azzurri a Germania 2006 e, oggi, di atleti di livello europeo.

Risulta inoltre interessante prendere come punto di partenza iniziale di questa escalation un evento calcistico capillare per gli Stati Uniti: i Mondiali di USA '94.

Avendo rappresentato un momento altissimo per la visione internazionale ed una qualificazione agli ottavi per nulla scontata.

Ma, soprattutto, una fotografia di quello che era il soccer e di come sia oggi.

All'epoca i convocati dai campionati europei erano, si, 7 su 22, ma di un livello totalmente inferiore rispetto a quello attuale. Le squadre rappresentate erano AEK Atene, Conventry City, Luton Town, Willem II e Real Betis.

Decisamente distanti, per impatto e qualità, dalle Chelsea, Milan e Juventus di oggi.



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