Può realisticamente esistere un “sistema calcio” alternativo, parzialmente diverso da quello attuale (e certamente molto diverso da quello della Superlega)?
Numeri in Palla di Jacopo Carmassi - Prima Puntata (Foto generata in AI)
Quanti sono i Club di calcio in Europa? Vorrei aprire questa nuova rubrica su Social Media Soccer, dedicata all’economia del calcio, con questa domanda semplice. Le domande più “semplici” sono spesso le più difficili, proprio come le partite di una squadra molto forte con squadre considerate sulla carta molto più deboli: pensi di avere già vinto e a fine primo tempo sei sotto di due reti.
Al tempo stesso, le domande apparentemente più semplici sono anche quelle più importanti: riescono ad andare al cuore dei problemi, sbarazzandosi di complessità e sovrastrutture che generalmente creano rumore ma allontanano dalla vera sostanza delle questioni.
Per questi motivi, a pensarci bene non mi accontenterò di porre una domanda semplice, ma ve ne proporrò addirittura quattro (e quindi il numero di maglia che vedete oggi è il 4).
Per fortuna, la UEFA ci offre la risposta nel suo rapporto “The European Club Talent and Competition Landscape”, la cui ultima edizione è stata pubblicata lo scorso settembre: i Club di calcio maschili che partecipano alle prime serie dei campionati nazionali nelle federazioni associate alla UEFA sono 732. Nelle seconde divisioni il numero sale a 825.
Le terze divisioni annoverano oltre 1.550 Club, le quarte oltre 2.900 e le quinte oltre 4.400.
In totale, parliamo dunque di oltre 10.400 Club considerando le prime cinque categorie, e 1.557 Club considerando solo le prime e le seconde divisioni. Nel calcio femminile, i Club di prima divisione sono 502.
Spostandoci su una prospettiva economica, la seconda domanda semplice è: qual è la distribuzione della forza economico-finanziaria tra i Club, focalizzandoci sulle oltre 700 società di calcio maschili di prima divisione?
Anche qui, un altro ottimo rapporto della UEFA ci viene in aiuto – “The European Club Finance and Investment Landscape”, la cui ultima edizione è stata pubblicata a marzo 2025 (i dati riportati in seguito sono tratti da questa fonte, laddove non indicato diversamente). I ricavi aggregati di tutti i Club delle prime divisioni sono vicini ai 30 miliardi di euro (la UEFA ha stimato un valore di oltre 29 miliardi per il 2024). Di questa cifra, circa 20 miliardi di euro (quasi il 70%) sono generati dai Club dei cinque maggiori campionati – Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia; e circa 11,3 miliardi di euro – il 39% - sono generati dai 20 Club con i ricavi più elevati (questi 20 Club fanno tutti parte dei cinque campionati maggiori: Inghilterra 9, Germania 3, Spagna 3, Italia 3, Francia 2).
Per dirla in altro modo: il 2,7% dei Club delle prime divisioni in Europa genera quasi il 40% dei ricavi totali dei Club delle prime divisioni europee. Questa forbice si è allargata nel tempo: per esempio, nel 1997 la quota dei 20 Club con i ricavi maggiori era del 32%, data da ricavi complessivi per 3,6 miliardi di euro (come riportato da vari rapporti UEFA) e ricavi dei top 20 Club pari a circa 1,149 miliardi di euro (come riportato dal rapporto Deloitte del marzo 2022 “Restart – Football Money League”).
Il tema potrebbe naturalmente essere sviscerato con ulteriori numeri più granulari, che mostrano il ruolo chiave di alcune variabili, tra cui la forza commerciale dei Club più grandi, i diritti TV e le risorse generate dalle competizioni europee per Club. Le questioni e le dinamiche sottostanti sono abbastanza intricate, ma restiamo sul dato di fondo: la concentrazione dei ricavi in una piccola fetta dei 732 Club.
Alcuni ritengono che tale concentrazione sia il corretto risultato della forza – sportiva e economica – dei grandi Club. Altri pensano invece che si tratti un circolo vizioso: i grandi Club vincono di più, partecipano alle competizioni internazionali per Club, e in questo modo aumentano ulteriormente la propria forza economica, sia attraverso i diritti TV che attraverso una sempre maggiore attrattività che stimola tutte le altre voci di ricavo (come sponsorizzazioni e merchandising). In questo modo si allarga il divario con gli altri Club, che non riescono sul piano sportivo a colmare il divario economico-finanziario.
Ma come si manifesta sul campo questa maggiore forza economica dei grandi Club? Certamente sugli stipendi, e in particolare, quelli dei calciatori. Come riportato nell’ultima edizione dell’ “European Club Finance and Investment Landscape”, nel 2023 il costo per il personale complessivo dei Club di prima divisione era di 18 miliardi di euro (di cui 13,2 miliardi di euro per i calciatori): di questi 18 miliardi di euro, 6,8 miliardi di euro (circa il 38%) sono riferiti ai 20 Club con i maggiori costi per il personale.
Dunque, il 2,7% dei Club genera circa il 38% dei costi per il personale per gli oltre 700 Club di prima divisione. La maggior parte di questi costi sono relativi ai calciatori: questo significa che i grandi Club possono disporre dei calciatori più forti (anche quando ciò comporta perdite significative a conto economico…ma questa è una storia che merita un’analisi a parte). Se poi guardiamo al costo dei cartellini dei calciatori, invece che agli stipendi, il quadro risulta ancora più netto: 20 Club hanno un parco giocatori per la cui acquisizione hanno investito 14,7 miliardi di euro, circa il 54% dei 27 miliardi di euro investiti nelle rose dei giocatori da tutti i Club di tutte le prime divisioni.
Ecco allora la terza domanda semplice: quali sono le effettive possibilità che Club con dimensione economica più contenuta, inclusi per esempio gli 825 Club delle seconde divisioni e gli oltre 1.550 Club delle terze divisioni, possano “scalare” la piramide del calcio con una certa regolarità?
In generale, queste possibilità sono molto basse. Quanti Club provenienti da una terza o da una seconda divisione sono entrati in pianta stabile in massima serie e hanno vinto trofei nazionali o competizioni europee? Non molti, anche se ci possono essere eccezioni.
Queste “scalate sportive” possono verificarsi in alcuni casi, ma si tratta di eventi rari e che vengono generalmente indicati come “miracoli calcistici”, a testimonianza del fatto che non sono neanche lontanamente eventi ordinari. Peraltro, quando queste eccezioni si verificano, sono spesso legate in larga misura all’iniezione in un Club di ingenti risorse economico-finanziarie.
E dunque si tratta anche in questi casi di una dinamica largamente guidata da fattori economici, e non solo e non tanto dallo sviluppo interno di un Club a livello sportivo – per esempio con il miglioramento della qualità e della forza dei giocatori a disposizione. In altri termini, esistono barriere all’entrata di tipo economico che non possono essere superate semplicemente con l’impegno e la crescita da un punto di vista strettamente sportivo.
Chiudo con la quarta ed ultima domanda semplice, per la quale vorrei però lasciare a voi la risposta (che forse non è semplicissima): potrebbe realisticamente esistere un “sistema calcio” alternativo, parzialmente diverso da quello attuale (e certamente molto diverso da quello della Superlega), un sistema nel quale la forza economico-finanziaria non sia un elemento (troppo) determinante per i successi sportivi?
Jacopo Carmassi è Principal Economist presso la Banca Centrale Europea ed esperto di tematiche economico-finanziarie del mondo del calcio. Tutte le opinioni espresse su Social Media Soccer sono esclusivamente personali e non impegnano in alcun modo la Banca Centrale Europea né altri enti ai quali l’autore è affiliato.