Da Mbappè a Davies: in cosa consistono i diritti d’immagine dei calciatori

L’attaccante francese e il terzino canadese si sono recentemente scontrati con le proprie, rispettive, federazioni per questioni legate alle immagini e allo sfruttamento delle stesse. Ma su cosa si costruisce la querelle?

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Il calcio moderno è un business che ruota attorno ai propri attori principali: i giocatori.

Gli atleti sono ormai, a tutti gli effetti, gli ambasciatori di questo sport. Della propria vita privata, del proprio club d’appartenenza e della Nazionale in cui militano.

Rivelandone i meandri e le caratteristiche interne, sfruttando i social come strumento per abbattere i formalismi dei media e rendere tutto più diretto e umano.

Una comunicazione che si costruisce tra il ragazzo calciatore e il coetaneo appassionato e tifoso. Approccio che li rende protagonisti assoluti delle vicende calcistiche, spostando gli equilibri del seguito e della fan engagement.



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Giocatori e al tempo stesso influencer, un combinato preziosissimo per le squadre d’appartenenza. Aventi queste tra le mani dei tesori di follower, visibilità, seguito e successivo guadagno semplicemente da sfruttare e da includere nelle proprie strategie commerciali e comunicative.

Aspetto che attribuisce un’importanza capillare all’atleta e che può condurre, talvolta, anche a delle querelle aventi ad oggetto i diritti d’immagine.

Ne sono un esempio gli attriti tra Kylian Mbappé e la Nazionale Francese, o quelli, recenti, tra Alphonso Davies e la Federazione Canadese.

Ma anche l’allungamento esasperante delle trattative di calciomercato quando deve essere accontentata, contrattualmente, la volontà del giocatore e della sua equipe circa la gestione del tutto.



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Conflitto che si allarga a macchia d’olio e che può toccare qualsiasi frangente riguardante l’atleta in questione.

Dal set fotografico, alla vendita delle magliette, fino alla comparsa o meno, tra le fila della squadra, nei videogiochi a tema calcistico. La generazione degli anni ’90 ricorda infatti Marco Materazzi nelle vesti di “Valerio” su Fifa 07 o Adrian Mutu in quelle di “Murgu”.

Ma in cosa consistono i diritti d’immagine?

I diritti d’immagine hanno acquisito, negli anni, sempre maggior importanza, fornendo agli atleti uno strumento aggiuntivo per lucrare sulla propria visibilità.

Per capirne effettivamente le fattezze è fondamentale partire dal presupposto dato dal fatto che quando un calciatore si lega, contrattualmente, ad una squadra di club concede a quest’ultima le proprie prestazioni sportive e lo sfruttamento dei diritti relativi alle stesse.

Toccando quindi tutte le attività che, come professionista, dovrà elargire nei confronti della società d’appartenenza. Dagli allenamenti, alle partite.



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Accompagnando il tutto con un secondo contratto, questa volta relativo proprio ai diritti in questione e regolante infatti lo sfruttamento dell’immagine del calciatore.

Con i tesserati molto spesso propensi verso la scelta, discrezionale, di tenere per sé i diritti sulla propria immagine quando questi siano distaccati ed esentati da obblighi sportivi che, è bene ricordare, rientrano tra le obbligazioni nei confronti del club.

Quindi, per esempio, sponsorizzazioni private con brand del fashion, i cui introiti saranno ad appannaggio esclusivo del giocatore. Da Jack Grealish legato a Gucci a Son con Burberry. Gli esempi son davvero tantissimi e si possono espandere ai settori più disparati.



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Bisogna però sottolineare come venga sempre concessa agli atleti la facoltà di decidere se cedere i propri diritti, anche alla società d’appartenenza.

Aspetto piuttosto usale, ad esempio, in Premier League e palesatesi anche in Italia qualche anno fa con il Napoli di Aurelio De Laurentiis.

Quando optano per questa opzione, la situazione che si viene a creare viene definita, in gergo, naked o blanket contracts, cioè contratti in cui i calciatori si spogliano di tutti i diritti di sfruttamento della propria immagine per cederli al club.

La normativa di riferimento

La questione legata ai diritti d’immagine si costruisce su dei pilastri normativi di partenza che ne declinano portata e applicazione. Norme, tuttavia, non comuni a livello internazionale ed europeo.

Ma legate, al contrario, alle decisioni dei singoli legislatori nazionali. Il che si traduce col fatto che ogni Paese presenti una regolamentazione propria, determinando quindi dei cambiamenti a seconda del caso da analizzare.

In Italia, ad esempio, il tutto è disciplinato dall’articolo 1 della convenzione stipulata nel 1981 fra la FIGC, le leghe e l’Associazione Italiana Calciatori (AIC).

Ai sensi della quale: “i calciatori hanno la facoltà di utilizzare in qualsiasi forma lecita e decorosa la propria immagine anche a scopo di lucro, purché non associata a nomi, colori, maglie, simboli o contrassegni della Società di appartenenza o di altre Società e purché non in occasione di attività ufficiale”.

Punto di partenza necessario per specificare come gli ultimi accadimenti riguardanti Mbappè e Davies siano stati gestiti con approcci differenti, a secondo di come siano regolati, rispettivamente, il sistema francese e quello canadese.

Il caso Mbappé

L’attaccante del PSG e stella dei Bleus, oltre ad essere un punto di riferimento calcistico rasentando, con il proprio talento, la prossima epoca di questo sport, lo è anche dal punto di vista proprio dei diritti d’immagine.

Negli ultimi mesi le luci della ribalta mediatica sono state infatti indirizzate verso il conflitto tra il giocatore e la Federcalcio francese.

Innescata dalla decisione del campione del Mondo 2018 di non prendere parte ad una sessione fotografica organizzata dalla controparte.

Rea, secondo il classe ’98, di non avergli palesato a quale situazione commerciale sarebbe stato associato il proprio nome.

Situazione che affonda quindi le proprie ragioni solo ed esclusivamente nei diritti d’immagine e che ha portato Mbappé anche a boicottare un’operazione di marketing della Francia. Volendo rafforzare, per mezzo di legali, i propri diritti.

Coinvolgendo, inoltre, tutti i giocatori della Sélection, i quali hanno presentato recentemente una proposta di revisione per la gestione del tutto una volta terminato il mondiale. La bozza è stata consegnata dal capitano Hugo Lloris al presidente della FFF Noël Le Graët, dando seguito e risalto alla vicenda dell'asso del Paris.

Il caso Davies

Il Canada si appresta ad affrontare il primo mondiale della propria storia, avvicinandosi all’evento, però, con pendente un rapporto teso tra calciatori e federazione.

Di cui si è fatto portavoce, in queste settimane, una delle stelle assolute del team: Alphonso Davies.

Il terzino del Bayern Monaco, infatti, ha bloccato la Canadian Soccer Association per quanto concerne la vendita delle maglie con il proprio nome.



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Contrasto che è risultato di un malessere generale dei giocatori circa alcune scelte manageriali post qualificazione ai mondiali assunte dalla federcalcio locale.

A detta degli atleti non proporzionali e adatte all'alto valore simbolico e nazionale di una partecipazione alla Coppa del Mondo.

Diritti d’immagine e esport

Come anticipato, il discorso riguardante i diritti d’immagine tocca molto da vicino anche il contesto esport. Un rapporto che ha contraddistinto gli ultimi decenni, con nomi dei giocatori storpiati, squadre dal nome errato e il famoso caso del Piemonte Calcio.

Situazioni totalmente figlie proprio della gestione dei diritti e che ha nella FIFPro, la Federazione internazionale dei calciatori professionisti, uno dei propri punti di riferimento principali.

Questa, infatti, ha il compito di acquisire i diritti mediante i sindacati nazionali, per poi cederli agli sviluppatori di videogiochi, siano questi EA Sports o Konami. Il tutto in forza di accordi stretti precedentemente con le leghe e i club.

Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport, sarebbero proprio questi accordi a portare la FIFPro a fornire il permesso ai produttori del settore esport di realizzare giocatori dalle sembianze estremamente simili alla realtà e di sfruttarne nome e caratteristiche.



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