Cosa ci lascia la serie Netflix su Beckham

Riflessione (e non recensione) sul prodotto rilasciato dal colosso dello streaming su uno dei principali divi della storia dello sport

Questa non è una recensione, è una riflessione. È uscita ormai da qualche settimana la docu-serie Beckham ed in tanti hanno scritto. Diverse prospettive, diversi punti di vista. Un po’ di calcio e tanto gossip, senza offesa per nessuno ma i mass media si sono concentrati in particolare su questo ultimo aspetto.

Il merito di questi format è – invece – di dar luce e spazio alla persona. Il documentario, la serie tv, hanno il merito e la capacità di far emergere spesso e volentieri i sentimenti della persona che si agitano dietro il personaggio pubblico e sportivo. Danno voce all’essere umano che si toglie la “maschera” del campione sportivo. Abbiamo guardato i quattro episodi uno dietro l’altro, una full immersion accompagnata da “stop and play” ed appunti. Dal punto di vista di chi scrive, la carriera da calciatore di David Beckham scandisce semplicemente la time-line della sua vita. Ciò che conta non sono i gol, gli assist ed i trofei.



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La persona dietro al brand

Quando e se vogliamo, per conoscere palmares e giocate possiamo semplicemente cercare su Wikipedia e Youtube. Non che non valga la pena, ma non abbiamo osservato (ed atteso) questa serie con gli occhi dei tifosi appassionati. Volevamo andare oltre. Frame dopo frame, l’uomo David Beckham esce fuori. Un piacere poter scoprire tanta umanità e soprattutto normalità dietro un personaggio patinato, plastificato per sua scelta e per quella degli altri.

Il rapporto con la famiglia e quello dei con i genitori, il legame con Gary Neville, il ruolo di Alex Ferguson, il matrimonio con Victoria e lo scambio di maglie con Simeone dopo i fatti del mondiale. Vizi e virtù, pregi e difetti. C’è molto da capire e scoprire su David Beckham. Talento. Branding. Persona. Queste le tre parole chiave che abbiamo estrapolato dalla docuserie e sulle quali abbiamo strutturato l’approfondimento che state leggendo. Il talento c’è, è evidente, c’è sempre stato probabilmente dal primo giorno che il piccolo David si è allacciato gli scarpini.

Il campo è il luogo da dove nasce tutto. Non vogliamo sottovalutare la carriera calcistica. Il valore può esser già solo dato dalle maglie che ha indossato: Manchester United, Real Madrid, Milan, PSG e soprattutto quella bianca della nazionale inglese. La capacità di calcio, la fascia al braccio, gli stadi in cui ha spesso illuminato la scena ne descrivono velocemente il campione che è stato.

David Beckham ha rivoluzionato il sistema calcio

Beckham, però, è stato soprattutto rivoluzione. Sì, ha rivoluzionato il sistema. Il mercato è cambiato nel tempo: sostanzialmente c’è un prima e dopo David Beckham nel mondo del marketing sportivo. Ecco, questo è ciò su cui ci siamo soffermati. Il matrimonio con Victoria ha accelerato e favorito questo processo ed impatto? Si certamente, ma dietro c’è pensiero, strategia e struttura.

Il brand Beckham è – ancora – oggi un modello di riferimento. La capacità imprenditoriale è sotto gli occhi di tutti: l’Inter Miami è solo uno degli ultimi progetti. Moda, investimenti, immobiliare, sociale. David Beckham è ambasciatore UNICEF, è volto e testimonial di Adidas, Armani, H&M, Pepsi, solo per citarne alcuni. Il Beckham imprenditore è trasversale, ha particolare capacità di adattamento al contesto, così come ha fatto da calciatore: lavoro e visione. Spesso accusato di poco carattere ha saputo conquistare ogni tifoseria (e compagni), onorando sempre la maglia ed abbattendo ogni pregiudizio nei suoi confronti. In primis, nel suo Paese.

Quando si affaccia in Premier è un ragazzino con la faccia troppo, troppo pulita per un modo che sino ad allora era abituato a Vinnie Jones & co.. Il talento, poi, ha messo tutti a tacere, almeno per un periodo. La storia con Victoria, la questione mondiale con Simeone, gli mette un’intera nazione contro. Le parole di Hoddle non aiutano, tutti lo insultato, nello stadio come per strada. Lui resiste, lui regge, lui porta il Manchester United sul tetto d’Europa in quella pazza folle finale di Coppa Campioni contro il Bayern Monaco.

David Beckham ha carattere, costruito nel tempo, costruito grazie alla capacità di soffrire. Questo è ciò che emerge della persona: sofferenza e riscatto. David Beckham è un rivoluzionario anche nella capacità di affrontare i problemi. Guardate la serie, ascoltate con attenzione le parole di amici, familiari e colleghi, in alcuni momenti bui della sua carriera. I tifosi di calcio dovrebbero osservare e riflettere: insulti allo stadio, commenti sui social.

I calciatori, anche se strapagati, sono uomini o donne che soffrono. Le parole della mamma Sandra evidenziano una strenua, amorevole e continua difesa del figlio; quelle del papà sono piene di orgoglio. Ma dietro quello che è oggi, c’è tanta sofferenza per una persona che è più semplice di ciò che sembra o ci hanno (ha) sempre mostrato.



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Quando la bellezza diventa un valore commerciale

Qual è la colpa del David Beckham calciatore? Esser stato troppo lontano dal modello classico dell’atleta anni 80 e 90. Troppo perfetto per battagliare, ma così non fu. La bellezza è centrale nel mondo Beckham, ma non può essere una colpa. Ha sicuramente impattato sulla costruzione del marchio ma non sulla persona. La bellezza se presa da sola è una qualità, se affiancata da strategia, visione e progettualità diventa un valore. Beckham & co. hanno saputo nel tempo trasformare tutto ciò in una leva di marketing. Qualcuno afferma che David è sempre stata una questione estetica: cosa c’è di male?

La capacità di colpire il pallone in maniera così elegante ha fatto sì che la sua silhouette divenne simbolo delle adidas predator; il suo profilo gli ha consentito di diventare modello e testimonial in molte campagne. Beckham è rivoluzione, è icona popolare, di un popolo che evolve, sicuramente diverso dai tempi che furono. I suoi tagli di capelli sono stati simbolo di questa evoluzione, testimonianza del suo carattere e parte di questa forma di rivoluzione ed impatto sul sistema: il mullet (uno specifico taglio), la cresta colorata, l’acconciatura a zero, i capelli lunghi. Beckham ha sempre inciso sul sistema calcio: in campo quanto a livello di marketing e branding. Sì, Beckham è sempre stato una questione d’estetica, però concreta e monetizzabile.

La serie ne è testimone. Entra da protagonista nei Galacticos e ne aumenta del 167% le vendite del merchandising in una squadra che annoverava nel roster - tra gli altri - Zidane, Ronaldo e Figo. Arriva ai Los Angeles Galaxy ed i ricavi aumentano del 700%. Beckham era ed è ancora questo. Quanti imprenditori riescono a restare a questi livello per tutti questi anni? Qual è il suo impatto oggi? Quello di un proprietario di un club di calcio capace di portare Leo Messi negli States.

Beckham sta al calcio come Michael Jordan sta al basket. Non parliamo di questioni tecnici ma di visione imprenditoriale e questa conclusione potrebbe bastare per farvi accendere Netflix e guardare con attenzione il percorso del campione, del brand e soprattutto della persona.



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