Due grandi protagonisti della storia bianconera, inseriti nella nuovissima Hall of Fame della Vecchia Signora, due numeri 10, protagonisti assoluti della loro epoca: Sivori e Platini
Photo by Mike King/Allsport/Getty Images)
La Juventus ha introdotto recentemente la Hall of Fame, raccogliendo le figure più importanti della sua storia. In questo viaggio andremo a scoprire alcuni dei grandi protagonisti, partendo da due grandi numeri 10 che hanno fatto dell’eleganza e della loro funambolica tecnica una vera e propria arte, ovvero Omar Sivori e Michel Platini.
“Sivori è un vizio” era solito dire l’avvocato Gianni Agnelli in merito alle imprese del prestigiatore italo-argentino. Arrivato nel 1957 dal River Plate, Enrique Omar Sivori, soprannominato El Cabezon, per la testa sproporzionata al resto del corpo, è rimasto indelebile in ogni traccia di storia bianconera. Baricentro basso, piede sinistro d’oro – con un nomignolo che condivide con l’altro aureo piede sinistro Diego Armando Maradona – capigliatura corvina, un giocoliere arrivato dalla sponda Millonarios di Buenos Aires per incantare le folle italiche e riportare la Juventus nell’Olimpo dopo un lungo e indigesto periodo di vuoto. Ha 21 anni, spavaldo, si presenta al presidente Agnelli palleggiando con la sola parte manca, e lo fa per tutto il perimetro campo, chiedendo al termine, con sfrontatezza, a cosa servisse il piede destro. Una storia destinata al successo, in coppia ad un altro grande acquisto della campagna di Risorgimento messa in piedi da Umberto Agnelli, John Charles, attaccante roccioso, punta dai pochi fronzoli, gallese di Swansea. I due si uniscono ad un terzo, già radicato tra gli spazi della realtà torinese, il piemontese e capitano Giampiero Boniperti. La storia di Sivori ha subito un indirizzo preciso: 22 reti su 32 presenze alla prima stagione, protagonista assoluto del ritorno al titolo della Juventus, ma è solo l’inizio. A sodalizio consolidato, sia Charles che con Boniperti, con cui realizza uno dei tridenti più forti della storia del calcio, nelle otto stagioni passate all’ombra della Mole mette a segno un totale ben 135 gol in 215 apparizioni e conquista tre scudetti totali – tra cui figura anche la celebre prima stella - e tre Coppe Italia. A livello individuale, invece, il momento d’oro dei bianconeri va di pari passo con i suoi successi: nel 1959/1960, grazie ai 28 gol realizzati, diventa capocannoniere della Serie A, mentre nel 1961 raggiunge l’apice della sua carriera – aiutato dal suo stato di oriundo, in quanto il trofeo viene assegnato soltanto ai calciatori europei, con regola valida fino al 1995 – con il Pallone d’Oro. Sivori, deceduto nel 2005 nella sua città natale San Nicolás de los Arroyos, è oggi considerato una delle figure più influenti dell’intera storia della Juventus, e non solo, e rientra a pieno titolo nella nuova Hall of Fame voluta dalla Vecchia Signora.
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Jœuf è un piccolo comune francese, situato a Est, nella Lorena, non distante dal confine con la Germania, a soli 44 minuti da Verdun, luogo reso celebre da una delle battaglie più sanguinose della Prima Guerra Mondiale. In questa cittadina nasce uno dei più forti calciatori della storia transalpina, entrato nell’immaginario collettivo per la sua eleganza e la signorilità di chi sa toccare il pallone con una classe sopraffina, di chi ha costrutto un grande Impero con la Signora e ne è diventato Re. Michel François Platini arriva a Torino dal Saint-Etienne per 250 milioni di lire nel 1982, a pochi giorni dall’acquisto del polacco Zbigniew Boniek. Al termine della corsa, l’avvocato Gianni Agnelli dirà: "Platini l’abbiamo comprato per un tozzo di pane, poi lui ci ha messo sopra il foie gras". Dall’esordio in Coppa Italia contro il Catania, nell’agosto del 1982, realizza la prima rete con la nuova maglia nella gara di campionato del 19 settembre contro il Cesena. La prima stagione, nonostante il periodo di fermo per un problema di pubalgia, termina con 16 gol in Serie A, 5 in Champions League e 3 in Coppa Italia, unico trofeo del primo anno. Il 1984, invece, prende una piega completamente diversa. A livello realizzativo è la miglior stagione de Le Roi in bianconero – 20 reti in 20 presenze – con il primo scudetto conquistato e una Coppa delle Coppe conquistata a Basilea contro il Porto. Nella testa dei bianconeri e di Platini c’è un’unica ossessione: la Coppa dei Campioni. La formazione torinese, a differenza delle vicine milanesi, non ha mai portato a casa la coppa dalle grandi orecchie. Il 1985 sembra essere l’anno giusto: il 15 gennaio arriva la vittoria in Supercoppa Europea contro il Liverpool e il 29 maggio, a Bruxelles, c’è l’occasione storica di battere i campioni in carica e avverare il sogno. La serata non va nel modo sperato, a seguito degli incidenti nel settore Z dell’Heysel provocati dagli hooligans nel pomeriggio, nell’incertezza sul numero dei deceduti – chiarificato soltanto dopo, con la cifra esatta di 39 - si gioca una delle finali più surreali della Champions League. Con l’aspetto sportivo sullo sfondo, in mezzo al campo, è Michel Platini il protagonista della partita. Imbeccato da un lancio di Boniek, il numero 10 si procura il calcio di rigore decisivo, da lui realizzato, che regala il primo trionfo nella competizione della Juventus. La notte di Bruxelles è “lo strappo”, come da lui definita in un’intervista a La Stampa molti anni dopo quella sera, un punto di frattura con il gioco del calcio. Qualche mese dopo, vince la Coppa Intercontinentale mettendo a segno l’ultimo penalty della lotteria e entrando nella storia per l’ironico siparietto dopo il gol annullato nei supplementari. Dopo tre Palloni d’Oro – aggiudicati consecutivamente dal 1983 al 1985 – conclude la propria carriera a soli 31 anni, restando per sempre nella memoria dei tifosi della Juventus.