Come è nato il culto (e l’ossessione) per il vintage nel calcio

Le maglie di culto, le frasi iconiche e i santini. L’iconografia del calcio anni ’90 ha creato un nuovo marketing cresciuto grazie alla leva della nostalgia.

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C’è stato un momento nella vita di chiunque abbia mai giocato a calcio in strada in cui l’evento partita diventava occasione per sfoggiare la propria collezione di maglie, probabilmente non ufficiali, delle più svariate e impensabili squadre o calciatori.

vintage nel calcio

Ci siamo messi alle spalle partite in cui facevamo coppia di attacco con amici che indossavano la maglia di Stefan Schwoch del Napoli (probabilmente ereditata dal fratello maggiore), o quella di Fabio Bazzani della Sampdoria, d’altronde la “maglia più bella al mondo” come piace definirla ai tifosi blucerchiati.

C’è stato il momento d’oro del Palermo di Luca Toni, l’originalità (o la fortuna di avere genitori tornati da una vacanza all’estero) di maglie come quella dell’Ajax, del Borussia Dortmund o dello Schalke 04 (ad oggi Kevin Kurányi ha soli 40 anni, per dire).

Senza dimenticarsi del periodo laido e degno di redenzione ai posteri, in cui indossare un paio di Total 90 sotto i jeans, “Il” modello di scarpe da calcio di Nike, era lecito e cool

Spinti anche da spot del brand americano capaci di iniettare la capacità di sentirsi “fighi” e degni di una gabbia insieme ad Eric Cantona.

Un periodo, quello a cavallo tra la fine dei ’90 e la prima decade degli anni zero, in cui il concetto di retail e store dei club non era minimamente radicato come lo è oggi, e il merchandise un termine anglofono non in uso, decisamente lontano dalla sfera di discussione quotidiana e dall’immaginario dei desideri dei calciofili.

I primi store moderni in Italia

vintage nel calcio

È solo nel 2011, poco più di 10 anni fa, il momento in cui in Italia questo ecosistema commerciale veniva rivoluzionato e ripensato come un touchpoint importante per l’ingaggio e la fidelizzazione del tifoso. Quell’anno la Juventus presenta in pompa magna il nuovo store, in concomitanza col nuovo stadio: un negozio da 500 mq in cui poter comprare l’inimmaginabile.

Ma siamo ancora lontani da concetti come la brand experience e la multicanalità tra negozio fisica e online. Solo nel 2017 il club bianconero presenterà il progetto di store online moderno e rivisitato a seconda dei trend, delle tecnologie e dei comportamenti d’acquisto dei fan.

Mentre solo 84 mesi dopo, la Juventus era già pronta a rivoluzionare lo store fisico costruito in precedenza, raddoppiandone la capienza a quella attuale di 1000 mq, ma soprattutto rendolo un luogo in cui storia e tecnologico potessero intrecciarsi nella fase di scelta e acquisto, per rendere l’esperienza del tifoso il più vicino possibile a quella che si prova in campo durante un match di campionato.

I camerini diventano così identici agli spogliatoi dello stadio; prima di arrivarci si va incontro a un videowall da 330 pollici in 4K, due transparent ledwall da 125 pollici l’uno e impianto luci/audio per organizzare degli eventi all’interno dello store.

L’identità visiva (nuova) del club domina la scena e riesce a far calare i visitatori nell’idea “Life is a matter of Black and White” paventata negli ultimi anni dalla Juventus.

Da qui non si è tornati più indietro. Store a Milano e poi a Roma per la Juventus.

A ruota hanno seguito l’esempio virtuoso tutti gli altri grandi club italiani che hanno visto nello store ufficiale un mezzo di dialogo e monetizzazione dei fan.

Quanto realizzato dal club di Agnelli in Italia non è altro che una strategia commerciale al pari con quanto stavano realizzando Real Madrid, Bayern Monaco e Barcellona, e in linea con il cambiamento dei tifosi che anni prima giocavano per strada con le maglie non ufficiali.

Ragazzi che intanto crescevano e aumentavano la propria capacità di spesa (e il desiderio di appartenere attraverso l’acquisto di simboli del club).

La nuova identità dei tifosi

vintage nel calcio

L’identità dei tifosi è cambiata.

Semplificando, e non poco questa evoluzione, è possibile individuare due categorie di tifosi visibili a occhio nudo che sono quella del fan fedele ad una sola bandiera (che nella sua community acquisisce maggior status acquistando tutte le versioni dei kit della propria squadra, oltre ad altri oggetti e accessori), e poi c’è il tifoso che si apre ad altri confini, attratto da una squadra o un calciatore in particolare, o soprattutto attratto da un concept kit in particolare come può essere successo in questi anni per il PSG, il Venezia o la Three Little Birds dell’Ajax.

In entrambi i casi la leva è lo status, l’identificazione nei valori proposti da uno dei simboli più impattanti e riconoscibili nella vita di un club e di un tifoso: la maglia.

Nel primo caso subentra anche l’elemento dell’appartenenza, della dicotomia noi-voi.

Nel secondo invece l’elemento nostalgia si fa forte ed è anche un modo per riconnettersi sottotraccia ad un passato che ci rassicura e di cui conserviamo (erroneamente) un ricordo esclusivamente felice.

Sotto questa stella è nata una nuova tendenza commerciale, un nuovo bisogno da parte del pubblico fondato su quello che potremmo chiamare marketing della nostalgia.

Prima sono arrivate numerose community a riempire questo vuoto emozionale, poi dei veri e propri store online e piccoli marchi che hanno sapientemente connesso l’iconografia del calcio del passato con l’estetica e la grammatica attuale.

Fino ad arrivare ai club che hanno intercettato questa nuova opportunità commerciale, ne è un caso la Roma che ha realizzato di recente una “retro collection” con maglia ricalcata sul modello indossato dalla squadra durante le partite di UEFA Champions League 2001 – 2002: risultato, sold out in poche ore.

Capita quindi di poter acquistare su un sito come Tacchettee t-shirt da passeggio con l’illustrazione dell’iconica esultanza “dell’areoplanino Montella”, o una maglia completamente bianca con frasi che sono entrate nello slang (e nei meme) dei calciofili attuali come, ad esempio, il celebre “uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli” di spallettiana memoria.

Tacchettee poi ha un logo che è palesemente ispirato all’insegna del Totocalcio con la lettera iniziale allungata che potevamo ammirare fino a qualche anno fa nei punti Sisal e Tabacchi del nostro paese.

vintage nel calcio

La nostalgia e l’iconografia del calcio del passato però possono diventare anche oggetto di moda, oltre che di mero cimelio da collezionismo. È questo quello che ha permesso di emergere al progetto e lo store online “Le 7 sorelle”. Anche qui il riferimento all’immaginario degli anni ’90 è subito marcato.

Il marketing del passato è diventato un bell’affare per tutte le tipologie di brand che nel corso degli anni hanno prodotto simboli ed elementi che hanno fortificato l’appartenenza di chi li ha incrociati, ereggendoli a simboli della propria infanzia e crescita.

Non è un caso se brand come Sony si sono permesse di rilanciare una versione attuale della Playstation 1, così come molte case produttrici di videogiochi hanno realizzato il remaster dei titoli di culto: pensate alle trilogie dei vari Crash Bandicoot e GTA ritornati in auge grazie alle versioni definitive attualizzate su console di nuova generazione.

Tutto ciò mentre il passato fa a botte con il futuro per trovare un posto nel mondo, e mentre il videogioco di calcio più conosciuto al mondo si appresta a cambiare nome e chiudere un ciclo che ha coinvolto almeno 3 differenti generazioni di appassionati.

“Indossa la nostalgia” è il claim spudorato che lascia poco all’immaginazione, ma tanto spazio per l’azione, del brand Soccerman VHS

Un sito in cui è possibile comprare abiti e capi con disegni ed illustrazioni ripresi dal calcio degli anni ’80 e ’90, oltre che trovare una sezione del sito denominata “Moviola” o accessori come i santini.

È probabile, e forse vi sarà capitato, imbattervi in diverse sponsorizzate di Instagram che vi hanno dirottato da quello che stavate facendo e condotto in questo sottobosco di culto.

Mi è capitato questo nel caso di “Shirt in a box”. Una pagina IG che ha sposato il concetto di mistery box legato sempre a maglie da calcio.

D’altronde, in un mondo inflazionato dall’acquisto compulsivo di oggetti e che ha aumentato esponenzialmente il ventaglio di scelte, l’idea di acquistare qualcosa di cui non conosciamo il contenuto non poteva che affascinarci (e crearci l’ennesimo bisogno effimero).

Uno di questi brand ha adottato come bio Instagram il claim “Onora gli Eroi immortali del calcio”.

In realtà acquistando pezzi del passato a prezzi triplicati rispetto al periodo in cui erano in auge, ha a che fare con la nostra immortalità, o più specificatamente con la nostra infanzia e l’immortalità dei ricordi di quei pomeriggi di calcio in strada.

Indossare il remake fatto bene delle maglie che usavamo da ragazzini crea una mistica alla quale ci leghiamo per illuderci di poter custodire per sempre un passato che negli anni diventerà sempre più sbiadito, e questo i brand lo sanno.

Credit photo: sito ufficiale Le 7 Sorelle, sito ufficiale AS Roma, sito ufficiale Juventus FC.



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