Si scrive Salford City, si legge Manchester United

Il club, militante nella quarta divisione, da quasi 10 anni è di proprietà di leggende all time dei Red Devils come Paul Sholes, Ryan Giggs, David Beckham, Gary e Phil Neville e di Peter Lim.

Immagine articolo

"Vogliamo che si arrivi il più lontano possibile e il modello del Bournemouth mi sembra realizzabile". (Paul Scholes)

Il calcio inglese è molto più dell’attuale, sfarzosissima, Premier League. È storia, tradizioni e vecchie glorie. Giocatori che prima dei vari Haaland, Rashford e De Bruyne sono stati capaci di cambiare per sempre le sorti del gioco, la sua percezione e il palmares dei club abbastanza fortunati da averli con sé.

Fan parte di questa costellazione britannica, forse più di tutti, i protagonisti dell’immortale classe ’92 del Manchester United. Un’annata simbolo di una delle società più gloriose d’Inghilterra, avente come punte di diamante i vari Paul Scholes, Ryan Giggs, David Beckham e Gary Neville. Colonne portanti dei Red Devils, ormai attempate e lontane dai campi, ma ancora incredibilmente presenti nel tessuto calcistico del Regno Unito.

I quattro, insieme anche a Phil Neville e Nicky Butt, infatti, sono comproprietari di una piccola realtà ora militante nella quarta serie locale che stanno gradualmente plasmando a propria immagine e somiglianza, sulle orme dell’indimenticato e amato Man Utd.

Stiamo parlando del Salford City Football Club, squadra sconosciuta ai più, da sempre distante dagli alti salotti del massimo campionato, ma vantante una governance con pochi eguali al mondo. L’assetto societario è infatti costituito da questi proprietari:

  • Peter Lim (50%);
  • David Beckham (10%);
  • Nicky Butt (10%);
  • Paul Scholes (10%);
  • Ryan Giggs (10%);
  • Gary Neville (5%);
  • Phil Neville (5%).

Per una collaborazione tra i ragazzi di Sir Alex Ferguson e Peter Lim, l’imprenditore singaporiano, noto alla cronaca per essere anche l’azionista di maggioranza del Valencia e per il suo patrimonio sconfinato. Il tutto gestito sotto l’egida della presidentessa Karen Baird.

Un club diventato professionistico appena nel 2017 e ora una squadra affermata della Football League Two, avente come obbiettivo dichiarato quello di raggiungere la Premier entro 15 anni. E, considerando che prima dell’avvento dei Diavoli Rossi militava in ottava divisione, l’ambizione pare tutt’altro che irrealistica.

La metamorfosi del Salford City

La rivoluzione totale del Salford comincia nel 2014, anno che probabilmente avrà portato la piazza della contea del Greater Manchester a simpatizzare per lo United e a vivere con una certa diffidenza l’acronimo “City” del nome.

È infatti questa la stagione durante la quale i 5 giocatori, raggiunti da Beckham appena nel 2019, decidono di mettere la propria esperienza al servizio del club.

Per una scelta tutt’altro che banale. Considerata l’infinita fortuna accumulata dagli ex atleti durante la carriera e il portafoglio di Peter Lim, infatti, sarebbe stato possibile ambire anche a realtà decisamente più blasonate e competitive, magari già militanti in Premier League.

La volontà è stata però quella di seguire cuore e sentimenti e di porre le radici nella città natale proprio di Paul Scholes, ma anche incredibilmente vicina al campo di allenamento dei Red Devils (Carrington, 1.5 km) e all’Old Trafford (8 km), a dimostrazione ennesima, se ce ne fosse bisogno, di un legame strettissimo con i 20 volte campioni d’Inghilterra.



LEGGI ANCHE:

DAL CAMPO ALLA SCRIVANIA, GLI EX GIOCATORI DIVENTATI PRESIDENTI DI CLUB



Connubio che inizialmente non ha accontentato tutti i tifosi. Nonostante l’enorme grandezza del modello di riferimento, il tutto è stato inizialmente visto come un voltare le spalle alla storia del club, diventando una succursale.

Il primo passo è stato infatti quello di attuare una profonda politica di rebranding, a partire dal logo e dalla divisa.

Per quanto riguarda lo stemma, è stato mantenuto il leone precedente ma rendendolo più minimal e dotandolo di una criniera formata da sei lati esagonali, ognuno dei quali rappresenta uno degli investitori.

La divisa, invece, è passata dall’essere arancione ad un’inequivocabile bianco-rosso. Per una strategia che potrebbe sembrare semplicemente di bandiera e tifo, ma che in realtà si costruisce su una mentalità di marketing marcata.

Considerando la fama inesistente della squadra, infatti, la decisione degli ex giocatori è stata quella di porre il proprio nome al centro di tutto, creando dei collegamenti palpabili con la propria storia passata in forza allo United.

Pensata estremamente intelligente che, complice anche il documentario della BBC "Class of 92: Out of the League", ha ampliato di molto le possibilità di marketing e, contemporaneamente, fatto schizzare il profilo Twitter del Salford a quota 168mila follower, tantissimi per la categoria.

La crescita del club

Oltre all’aspetto commerciale, il cambio di proprietà ha prodotto un impatto determinante anche per quanto concerne il livello sportivo e l’affluenza allo stadio.

La vita precedente del Salford City era infatti contraddistinta dalla militanza nella Northern Premier League Division One (North), sfera dilettantistica del calcio inglese, e dalla presenza, ogni domenica, di una manciata di appena 300 tifosi sugli spalti dello stadio Moor Lane, dalla capienza veramente limitata e con una struttura architettonica tale costringere i fan a rimanere in piedi per tutto l’arco dei novanta minuti, a patto che non comprassero il biglietto per una tribuna in cemento risalente agli anni cinquanta.

Tutto molto storico e popolare, ma anche non più sostenibile nel calcio di oggi. Così Neville e soci hanno deciso di ampliarne grandezza e vedute, dotando l’attuale Peninsula Stadium di 5.106 posti, post ristrutturazione. Vantando oggi 2500 tifosi di media, complice anche la volontà di rendere maggiormente accessibile il costo dei biglietti, per un range di prezzo che va dalle 5 alle 10 sterline.

Sinonimo di una crescita vertiginosa e di un radicale cambio di prospettive. Per un effetto domino che parte dall’impianto di casa e che sfocia nella qualità dei giocatori, passati dall’essere lavoratori part-time come operai e imbianchini con in tasca 200 sterline al mese da parte del club, ad essere calciatori professionisti. Un passo determinante per scalare la piramide del calcio inglese.

La Foundation 92

Nonostante il club sia fortemente criticato in patria e dalle competitor per l’eccessiva forza economica rispetto alle pari categoria, il Salford, a coronamento di un progetto così ambizioso, ha anche deciso di fondare la Foundation 92, un’associazione di beneficenza avente come obbiettivo quello di migliorare la vita della comunità della contea, dando valore e risalto alla salute fisica e mentale, portando aiuto anche ai soggetti meno abbienti senza fissa dimora.

Insomma, un piano d'azione a 360° che non solo può permettere ai tifosi di agganciare, un giorno, la Premier League, ma anche di farlo giocando un derby speciale in quell'Old Trafford sempre così lontano, ma al tempo stesso così vicino.



ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER di socialmediasoccer.com

Da non perdere