L'ambizione logora chi non ce l'ha e, a volte, pure chi la rincorre per tutta l'esistenza. La vicenda privata e pubblica dell'uomo d'affari transalpino stimola dibattiti ancora oggi
Photo by Beate Mueller/Bongarts/Getty Images
"Le mille vite di Bernard Tapie", titolo più calzante non poteva esserci. Una appassionante miniserie targata Netflix rivive infatti le gesta, non sempre limpide, dell'ex numero uno dell'Olympique Marsiglia. Un personaggi iconico, carismatico, geniale per alcuni, mero arrivista per altri. Un soggetto partito dalla classe operaia e catapultato, per sua espressa volontà, nel gotha economico-istituzionale della Francia nel decennio '80-'90 del secolo scorso.
Cosa è stato Tapie? Domanda a dir poco complessa. Vai col tango: montatore di stufe, addetto alla vendita di televisori, cantante, imprenditore illuminato (e furbo), presentatore televisivo, deputato, addirittura ministro, dirigente in orbita adidas. Tutto qui? Assolutamente no. Un giorno l'instancabile Bernard decide di assumere la carica di Presidente dell'Olympique Marsiglia. Trionfi, fama, esaltazione, ma anche tanti sospetti tra presunte combine e casi di doping.
Nel 1993 sfodera qualsiasi iniziativa, limpida o più oscura, per portare l'OM sul tetto di Francia e d'Europa. In campionato duella fino al culmine con il Paris Saint-Germain e in una delle ultime gare di Ligue 1, con la classifica ancora in bilico tra le due contendenti, si adopera con la complicità di un dirigente dell'epoca per trovare un accordo con alcuni giocatori del Valenciennes per pilotare la partita con i biancorossi. Il caso, narrato pure nella miniserie Netflix, scoppia fragorosamente dopo il pentimento di uno dei giocatori coinvolti nel fattaccio. Il suo nome è Jacques Glassman che, ad un tratto, crolla moralmente e decide di raccontare la storia all'arbitro. Escono allora altri protagonisti della presunta malefatta: Christophe Robert e l'argentino Burruchaga. Il tramite era stato individuato nell'asso del Marsiglia Eydelie, ex compagno dei tre già citati. L'episodio non passerà inosservato con la successiva apertura di un fascicolo d'inchiesta e un processo istituito proprio nei confronti di Tapie.
La gloria della Champions League arriverà comunque con il successo ai danni del Milan di Fabio Capello. Sulla finalissima di Monaco di Baviera, però, aleggiano voci spifferate di sostanze dopanti somministrate ai calciatori francesi a pochi istanti dalla contesa. "Ci fu una seduta obbligatoria di punture quella sera prima di scendere in campo. L'unico a rifiutarsi fu Rudi Voeller", racconta lo stesso Eydelie nella burrascosa biografia pubblicata anni fa.
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