Dai primi principi del suo gioco applicati in campo alla crescita e rivalutazione di alcuni singoli: Gasp sta già migliorando la Roma
(Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)
“Riserve non all’altezza dei titolari” è da qualche stagione che la rosa della Roma viene spesso associata a frasi di questo genere. E, forse, un fondo di verità c’è. Non sempre sono state fatte scelte oculate sulla scelta di alcuni profili, soprattutto se messe in relazione alle richieste o esigenze tecnico-tattiche manifestate dai vari allenatori che si sono susseguiti nell’era Friedkin. Stavolta, però, già dalla preaseason, il neo tecnico Gian Piero Gasperini ha da subito iniziato a lavorare sullo sviluppo dei giocatori per “allargare la rosa “, concetto più volte ribadito dall’ex Atalanta. I vari incastri di mercato mancati non hanno concesso al Mister giallorosso di avere a disposizione tutti gli innesti necessari (per caratteristiche), per mettere in atto sul campo i dettami del suo credo calcistico. Il profilo a lungo cercato di “simil-Lookman” non è arrivato, così come non è arrivato Jadon Sancho accasatosi alla fine all’Aston Villa.
Eppure, Gasp di alternative offensive per ovviare il problema ne sta provando: Dybala a sinistra visto contro il Pisa o “falso 9” contro il Torino dove non ha brillato, un po’ come tutta la squadra, nell’unica sconfitta stagionale. Le prime due giornate, a sinistra dietro la punta, Gasperini sceglie El Shaarawy dal primo minuto, anche El Aynaoui, sempre contro il Torino, è stato provato in quel ruolo, fino ad arrivare allo schieramento di Lorenzo Pellegrini, da titolare, in Lazio-Roma.
Il nuovo allenatore giallorosso ha già dato un primo imprinting alla squadra. Se è vero che non tutti i dettami gasperiniani sono ancora visibili, il marchio di fabbrica basato su pressing a oltranza, con rapida riconquista della sfera e ripartenza, è stato invece evidente fin dall’inizio. Così come sono evidenti gli inserimenti dei difensori centrali, il terzo centrale di destra che spesso si trova in mediana anche per aiutare in fase di costruzione, i cross in area degli esterni e ancora pressing, marcature a uomo e raddoppi.
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E se dopo 4 giornate di Serie A e una di Europa League la Roma è a 4 vittorie su 5, il merito è da attribuire al lavoro quotidiano del Gasp e del suo staff (con lo storico vice Tulio Gritti in prima linea) sui manti erbosi di Trigoria. Sessioni di allenamento ad alta intensità per mantenere sempre alta la condizione fisica, lavoro personalizzato e specifico con i singoli giocatori, per farli concentrare anche sulle carenze individuali. Appurato che la stagione è appena iniziata, sono diversi i calciatori che possono essere definiti (per quanto visto fino ad oggi) “migliorati” o “rivitalizzati” dalla cura Gasperini.
Il caso più eclatante è forse quello di Mario Hermoso. A partite dal ritiro estivo il tecnico di Grugliasco se lo ritrova in rosa in attesa di sistemazione sul mercato causa ingaggio da circa 3 milioni netti a stagione e intanto decide di lavorarci. Il difensore spagnolo, che ricordiamo essere stato pilastro dell’Atletico Madrid del Cholo Simeone, risponde bene agli impulsi dell’allenatore, si allena forte, sta bene fisicamente ed ha un piglio totalmente diverso rispetto alla travagliata (per tutti fino al ritorno di Claudio Ranieri) scorsa stagione. Addirittura, da mancino, viene utilizzato come terzo centrale di destra, ruolo in cui gioca con estrema naturalezza interpretando quasi sempre al meglio le idee e i principi del tecnico.
Gasperini tira a lucido anche Mancini e Ndicka che, in condizioni fisiche strepitose, guidano una pacchetto difensivo che cresce di partita in partita con prestazioni, dei singoli e di reparto, davvero notevoli. Nelle rotazioni, causa botta al polpaccio per Hermoso, è rientrato anche Celik reduce da ottime prestazioni nel derby e contro il Nizza. Oltre a Pellegrini, le cui qualità tecniche non sono mai state messe in discussione, Gasp contro la Lazio, in concomitanza con l’assenza di Wesley, rispolvera Rensch sulla corsia di destra. L’ex Ajax era già sceso in campo questa stagione, da subentrato, ma agendo sulla fascia opposta. Nel suo primo derby della Capitale da titolare l’olandese classe 2003 fa avanti e indietro per 96 minuti senza mai fermarsi. È bravissimo in entrambe le fasi, propositivo in avanti e fondamentale nel propiziare il gol decisivo di Pellegrini rubando palla a Nuno Tavares mettendo in atto il pressing senza sosta tanto caro al Mister.
Da segnalare, seppur lapalissiana, un’ulteriore crescita di Manu Kone, merito anche del talento incredibile del giocatore. Il francese può migliorare nella velocità di manovra, nell’incisività e nelle scelte nell’ultimo terzo di campo, ma indipendentemente dall’avversario, il suo strapotere fisico resta impressionante e spesso determinante. Da una gemma all’altra, Gasperini ha responsabilizzato Matias Soulé rendendolo l’ingranaggio chiave del suo attacco. Il talento di Mar del Plata dà l’impressione di poter cambiare lo scenario di ogni partita da un momento all’altro e lascia trasparire grande fame e voglia di essere decisivo. A 22 anni ha ancora tanti aspetti in cui migliorare, ma l’argentino ne appare pienamente consapevole e il rapporto giornaliero con un Maestro come Gasperini accelererà inevitabilmente il suo percorso di crescita.
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Dovbyk e Ferguson, gli unici due attaccanti centrali in rosa, restano, almeno per il momento, due incognite da decifrare per diversi motivi. L’ucraino deve ritrovarsi dopo essere stato messo alla porta dal club e dopo che la Roma ha provato a cederlo fino all’ultimo minuto del mercato estivo. Nel calcio succede, bisogna stringere i lacci degli scarpini e scendere in campo con più determinazione di prima per dimostrare il proprio valore. Per carattere Dovbyk, anche per via di un vissuto non esattamente dei più piacevoli, non sempre riesce a reagire alle situazioni avverse, ma Gasperini può trovare la chiave per svegliare il gigante addormentato e portarlo dalla sua parte, almeno fino a gennaio. Artem però deve rispondere “presente” in campo, se non con le prestazioni, quantomeno con i gol che tanto stanno mancando a lui e alla squadra.
Evan Ferguson ha un’altra storia. Da wonderkid dal valore potenzialmente inestimabile a oggetto misterioso che il Brighton lascia partire in prestito con diritto di riscatto, seppur fissato a 38 milioni di euro. L’irlandese sceglie la Roma rispetto alle altre proposte (e ne aveva tante) perché intravede da subito l’opportunità di rilanciarsi e crescere sotto la guida del Gasp. Contrariamente a Dovbyk, Ferguson fin dalla preaseason ha fatto vedere qualcosa di promettente anche a livello tecnico e di gioco associativo con i compagni, tanto da scavalcare il collega di reparto nelle gerarchie. Apparso meno in forma nelle ultime due gare, il classe 2004 deve imparare a far gol ed essere più costante nelle prestazioni, ma definirlo “problema” sembra un esercizio inutile e controproducente. Gasperini ha fatto segnare chiunque, ha lavorato sullo sviluppo di diversi attaccanti con ottimi risultati e vuole fare lo stesso con il ragazzino irlandese. I presupposti per far brillare questa stella ci sono, ma a voler fare luce deve essere Evan in primis dando sul campo tutto quello che ha, gol compresi.
Insomma, dal 6 giugno, data dell’annuncio del suo insediamento in giallorosso, il tecnico di Grugliasco ha già fatto crescere alcuni singoli e impiantato i primi meccanismi di gioco identitari del suo calcio. Siamo solo all’inizio del nuovo corso romanista e c’è ancora moltissimo lavoro da fare, ma alzi la mano chi si aspettava, pronti via, una Roma con un’impronta “gasperiniana” già dalla prima ufficiale contro il Bologna: il lavoro del mister è sotto gli occhi di tutti, tempo e fiducia gli ingredienti per una stagione di crescita generale.
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