Lione, il tonfo finanziario che scuote la Ligue 1: oltre 201 milioni di euro di rosso, e il peggio potrebbe non essere finito

Lione chiude il 2024-25 con una perdita record di 201,2 milioni di euro, evita la retrocessione solo in appello e affida a Michelle Kang il difficile compito di salvare un gigante in piena crisi finanziaria

L'Olympique Lione, icona del calcio transalpino, ha chiuso la stagione 2024-25 con un passivo record di 201,2 milioni di euro, il più grave della sua storia recente. Un baratro che proietta ombre lunghe su un club che, solo un paio di decenni fa, dettava legge in Francia e affascinava l'intera Europa con il suo modello virtuoso. Oggi, i Gones – come li chiamano i tifosi – lottano non solo per la salvezza sul campo, ma per una sopravvivenza economica che appare sempre più precaria, in un contesto di crisi strutturale della Ligue 1. Basta riavvolgere il nastro per comprendere l'amarezza di questa caduta libera. Tra il 2002 e il 2008, il Lione ha inanellato sette Scudetti consecutivi, un dominio assoluto che ha trasformato il Rodone in una fucina di talenti – da Benzema a Lacazette, passando per Juninho – e in un habitué delle notti di Champions League. Le sue giovanili erano invidiate in tutto il continente, e i bilanci, solidi come una roccia, facevano scuola: ricavi stabili, sponsor di peso e una gestione oculata che molti top club europei sognavano di emulare. Ma il vento è cambiato, e in modo impetuoso.

La stagione appena archiviata ha portato il Lione a sfiorare l'abisso: retrocessi inizialmente in Ligue 2 al termine del campionato, i francesi sono stati salvati solo grazie a un ricorso in appello, una manna dal cielo che ha evitato il tracollo definitivo. Eppure, sul rettangolo verde, c'è stato un barlume di luce: sesti in classifica, hanno strappato un posto in Europa League, un traguardo che, per un club delle loro ambizioni, rappresenta solo un contentino. Perché, per far quadrare i conti, servirebbe il ritorno in Champions, l'unica competizione capace di iniettare liquidità vera nelle casse prosciugate. I numeri, impietosi, raccontano una parabola discendente. I ricavi al netto delle cessioni di giocatori sono piombati a 162,6 milioni di euro, con un crollo del 38% rispetto all'esercizio precedente.  L'aggregato totale dei proventi è sceso del 24%, mentre i flussi da diritti televisivi e marketing si sono dimezzati, falcidiati dal disastro dei broadcaster francesi. La Ligue 1, indeed, naviga in acque tempestose: costretta a lanciare una piattaforma di streaming proprietaria per trasmettere le partite, e con il fondo di private equity CVC che si prende la sua fetta dei diritti, i club si contendono una torta che si assottiglia a ritmi allarmanti – più veloci, verrebbe da dire, dello scioglimento delle calotte polari. E il Lione non fa mistero: per il 2025-26, i ricavi tv caleranno ancora, aggravando il buco. 

Non bastasse, i brand revenues sono in picchiata, il merchandising langue e persino l'incremento nelle vendite dei biglietti – spinto dalla passione di una tifoseria che non molla mai – non ha compensato i vuoti. Le riserve di cassa, che un anno fa ammontavano a 129,4 milioni, sono sgonfiate a 61,6 milioni, mentre i debiti per trasferimenti di giocatori sono schizzati di 40 milioni, toccando i 145 milioni overall.  Un circolo vizioso che, per il club presieduto fino a pochi mesi fa da John Textor, ha significato passare da un rosso di 25,2 milioni nella stagione 2023-24 a questo abisso attuale. Questa voragine non è un caso isolato, ma un campanello d'allarme per l'intero ecosistema calcistico europeo. Se un gigante come il Lione – con la sua eredità storica, il suo vivaio d'élite e una base di tifosi fedelissimi – può scivolare così in basso, cosa attende gli altri? Il divario tra i "ricchi" (quei pochi eletti dalla Champions e dai mega-sponsor) e il resto si allarga a dismisura, mentre i contratti tv nazionali evaporano come neve al sole. Il Lione potrebbe essere solo il primo dei grandi a inciampare in un sistema che, alla base, ha smesso di reggere: un monito per tutti, dal Premier League alla Serie A.

In questo scenario apocalittico, un raggio di speranza – o almeno di novità – arriva da Michelle Kang, la miliardaria italo-coreana naturalizzata americana che il 30 giugno 2025 ha preso le redini come presidente e chairwoman, subentrando proprio dopo le dimissioni di Textor in scia alla crisi post-retrocessione.  L'Eagle Football Group, veicolo di investimento di Textor che controlla il 77% del club maschile, ha ceduto la gestione quotidiana alla Kang, che già detiene il 52% dell'OL Féminin – la squadra femminile, dominatrice con 16 titoli consecutivi di Division 1. Prima donna di colore a guidare un top club europeo maschile, Kang porta in dote un curriculum invidiabile: self-made billionaire, fondatrice della società tech-health Cognosante (venduta per 425 milioni di dollari), proprietaria del Washington Spirit in NWSL e recente donatrice di 30 milioni di dollari alla U.S. Soccer Federation, il gift più generoso nella storia della federazione.  La sua passione per il calcio femminile è leggendaria – ha anche acquisito le London City Lionesses nel 2023 – e ora punta a iniettare ambizione e know-how in un Lione maschile che, nella stagione in corso 2025-26, veleggia al sesto posto dopo 14 giornate, con un bottino di sei vittorie che tiene lontana la zona calda. Riuscirà la Kang a invertire la rotta in un panorama dove gli obiettivi si spostano come dune nel deserto? La sfida è titanica: ricostruire un colosso finanziario e sportivo, in un Francia calcistica che brucia. Per ora, il Lione resiste, ma il conto alla rovescia è partito. E il calcio francese, con esso.

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