Dal 2027 i diritti d’immagine dei calciatori saranno tassati come reddito da lavoro: gli esperti accusano la Cancelliera Reeves di colpire sproporzionatamente la Premier League
La Cancelliera britannica Rachel Reeves è finita nel mirino delle critiche per aver puntato i riflettori in modo eccessivo sul mondo del calcio, con l'obiettivo di incassare ulteriori entrate fiscali attraverso una revisione dei guadagni legati ai diritti d'immagine. Il bilancio presentato dal governo laburista prevede infatti l'introduzione di una norma specifica a partire dal 2027, che equiparerà "tutti i pagamenti per diritti d'immagine connessi a un rapporto di lavoro" a reddito da impiego, soggetto quindi alle aliquote ordinarie del salario. Questa mossa rappresenta l'ennesima iniziativa delle amministrazioni successive a cercare di estrarre risorse aggiuntive dal primo sport nazionale del Regno Unito e dal ristretto gruppo di atleti che ne trainano la popolarità e gli introiti. Sebbene il documento di bilancio non citi esplicitamente il calcio, il riferimento ai diritti d'immagine appare come un chiaro segnale indirizzato al settore, come ha osservato Pete Hackleton, specialista in fiscalità sportiva ed entertainment dello studio Saffery. "Non c'è bisogno di nominare il calcio: è evidente che il bersaglio è lì", ha commentato Hackleton. "È sconcertante l'attenzione che le autorità fiscali riversano su un'élite di circa 500 talenti giovani e milionari, quando l'economia britannica pullula di ricchezze ben più diffuse in altri comparti".
La Premier League, d'altronde, resta uno dei pilastri del successo economico del Paese negli ultimi due decenni e mezzo, con un impatto fiscale notevole: secondo stime del governo e analisi indipendenti, nel solo 2019/2020 ha generato circa 7,6 miliardi di sterline per l'economia britannica, tra imposte sui salari, IVA sui biglietti e introiti dalle trasmissioni televisive. E i dati più recenti di Deloitte confermano questa vitalità: nella stagione 2023/2024, i club della Premier hanno incassato 6,3 miliardi di sterline in ricavi totali, in crescita del 4% rispetto all'anno precedente. Eppure, gli esperti ritengono che i volumi in ballo per i diritti d'immagine siano modesti: "Non sono usati dalla maggioranza dei club della Premier, e questa stretta potrebbe rivelarsi più un gesto simbolico che una fonte concreta di entrate", ha proseguito Hackleton.
Le società dedicate alla gestione dei diritti d'immagine dei calciatori sono da decenni al centro di dibattiti fiscali. Risale a 25 anni fa un caso emblematico che coinvolse l'Arsenal e due sue stelle, Dennis Bergkamp e David Platt: l'HMRC (l'agenzia delle entrate britannica) le bollò come una mera "cortina di fumo" per eludere le tasse. I giocatori vinsero la causa, dimostrando che tali entità offrivano servizi che eccedevano i puri doveri contrattuali individuali legati al campo. Da quel momento, le autorità hanno in gran parte avallato questi schemi, pur con crescenti controlli. Oggi, però, resta da chiarire come il nuovo disegno di legge intenda smantellarli.
Queste società possono generare cifre astronomiche: solo nell'ultimo esercizio fiscale, Bukayo Saka, fuoriclasse dell'Arsenal e della nazionale inglese, ha riportato introiti per 4,6 milioni di sterline dai suoi diritti d'immagine. Tom Wilson, esperto di sport presso lo studio HaysMac, prevede ripercussioni ampie: "Una tale riforma potrebbe stravolgere le strutture retributive, soprattutto ai vertici degli sport di squadra". Hackleton, dal canto suo, si dice curioso: "Dovremo attendere la stesura precisa della legge per capire come includerà i pagamenti per servizi commerciali veicolati tramite apposite società nell'imposta sul lavoro".
Anche l'avvocato specializzato in diritto sportivo Andrew Nixon, partner dello studio Sheridans, esprime cautela: "Aspetto con interesse i dettagli della proposta, che potrebbe avere effetti dirompenti. La formulazione che parla di 'tutti i pagamenti per diritti d'immagine legati al lavoro tassabili come reddito da impiego' sembra però offrire spazi interpretativi non trascurabili". In un contesto in cui la Premier League continua a essere un motore economico – con stime che indicano un'evasione cumulativa di circa 250 milioni di sterline attraverso questi meccanismi negli ultimi anni, secondo analisi di esperti citate dalla BBC – il dibattito si annuncia acceso, con il rischio di alterare equilibri delicati in un'industria che attrae miliardi globali.