Nelle parole dell'Amministratore Delegato rossoblù è contenuta la visione strategica di una società vincente, destinata a imporre un nuovo modello nel calcio italiano. Ma non paragonatela all'Atalanta
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L'ultimo panel che vi raccontiamo in esclusiva sulle nostre colonne, è quello che ha coinvolto quest'oggi - in tarda mattina ta - l'Amministratore Delegato (AD) del Bologna Claudio Fenucci. Il manager è stato intervistato in Galleria San Ludovico dai colleghi di Radio TV Serie A con RDS Nicolò Ramella e Chiara Giuffrida, quest'ultima speaker e presentatrice anche durante la presentazione dei calendario di Serie A per la stagione 2025-'26.
Inevitabile la domanda sul successo in Coppa Italia, vinta 1 a 0 in finalissima contro il Milan. “Siamo soddisfatti. Dieci anni fa eravamo in serie B. Poi, l'approdo consolidato in Serie A. La famiglia Saputo è facoltosa e analitica, rivoltasi al mercato italiano con particolare attenzione e cura dei dettagli”, ha detto Fenucci. Una crescita rapida, quella del Bologna, ma graduale. Una mentalità vincente, business oriented ma non solo. Il punto di inizio? “Siniša Mihajlović, da quel momento è stato intrapreso un cammino vincente. L'obiettivo, ora, è mantenere la qualità gestionale alta e investire secondo una visione strategica che ci porti in continuo confronto con tutti i nostri competitor”.
Tornando sempre sulla vittoria della Coppa Italia, il manager ha espresso la sua idea di calcio, che “è la vera industria delle emozioni individuali e collettive. Un fenomeno di grande rilevanza sociale, che troppo spesso a livello nazionale è raccontato nella maniera sbagliata. Questo trofeo racchiude la storia, la determinazione e la voglia di una società incredibile. Bologna si è riscoperta una città amante del calcio, come si è visto anche in occasione della finale di Coppa Italia disputata a Roma e l'esodo di tutti i tifosi presenti allo stadio".
Ma se dovessimo parlare, invece, del brand Bologna? Un marchio di notorietà internazionale, con una riconoscibilità del prodotto che i trofei e i posizionamenti in campionato stanno gradualmente catalizzando. Queste - in sintesi - le parole di Fenucci, che ha però voluto porre l'accento sull'importanza di disporre di un gruppo di giocatori fantastici e umanamente molto legati. Cioè? "La parola d'ordine per descrivere l'ambiente è sinergia. Il gruppo è cresciuto considerevolmente, ma anche singolarmente ci sono stati sviluppi consistenti. Il Bologna è una bellissima famiglia sportiva, in cui si rispettano i ruoli ma in cui c'è anche un senso di comunità interno che diventa valore sportivo. Anche in storie tristi, come in quelle di Sinisa, si percepisce un feeling di appartenenza sportiva rossoblù. Da fuori, spesso, trasmettiamo una immagine istituzionale, ma internamente c'è tanta connessione".
Ramella, a un certo punto, azzarda il paragone tra il “modello Atalanta” e quello rossoblù. L'AD sorride: “L'unico brand che in questi anni è riuscita a cambiare il proprio posizionamento nella serie A è stata l'Atalanta. Si tratta di un modello non replicabile, ma di valorizzazione incredibile dei giovani talenti e del fatturato. Come si fa? Qualità delle scelte, investimenti giusti e persone adatte. In questo, la famiglia Percassi è sinonimo di garanzia assoluta. A nostra volta, Joey Saputo proviene da una famiglia di italiani emigrati in Canada. Anche se l'MLS e il contesto nordamericano di cui è figlio sono radicalmente diversi rispetto al nostro sistema, il Presidente gode di una visione azionista che ci ha sempre supportato e aiutato in qualsiasi situazione".
Ma quindi possiamo dire che la nuova outsider tra i grandi è il Bologna? "Non so se può esserci un modello Bologna, alternativo a quella Atalanta. Ma conosciamo bene tutte le difficoltà che ci sono. Non esiste un modello univoco o replicabile rispetto a un altro. Senza alcuna presunzione, il nostro è un prodotto singolare e tipicamente rossoblù". Dichiarazioni espresse con un tono di voce semplice, non arrogante. Ma che rivelano una grandissima fiducia nei propri mezzi e l'intuizione di avere imboccato la strada giusta.
In conclusione del panel, la domanda che un po' tutti si aspettavano. Ma il progetto del nuovo stadio Dall'Ara? Fenucci non risponde in maniera definitiva. O meglio, si sbilancia parzialmente: “Il calcio è una industria dinamica, con sfide di livello nazionale e internazionale. Una di queste concerne gli OTT, che hanno ormai superato la televisione satellitare o modelli freemium. E tutti gli addetti ai lavori hanno dovuto adattarsi a questa evoluzioni. Tali cambiamenti interessano ovviamente anche Saputo, che è il nostro azionista principale.
In questo discorso rientrano ad esempio anche la lotta alla pirateria e la questione dello stadio. Ma sono problematiche inerenti il sistema burocratico nostrano e il 'paese Italia'. Abbiamo un problema di competizione rispetto agli altri paesi, non solo a livello economico ma anche culturale. Lo stadio è il luogo in cui si costruisce la passione, e noi naturalmente siamo in prima linea se si tratta di muoversi. Naturalmente, però, è necessaria anche la collaborazione da parte delle istituzioni pubbliche". Una visione che quindi chiama in causa problematiche maggiori, extracalcistiche, auspicando una collaborazione che sia di natura politica e amministrativa.
Ma - stadio a parte - gli investimenti compiuti in questi anni restano comunque consistenti. "Abbiamo investito sulla città, così come nelle modalità di approccio ai calciatori, che i bolognesi rispettano professionalmente e umanamente. Ci siamo poi concentrati sul centro sportivo, perché ogni giocatore che arriva a Bologna deve pretendere, e deve vedere, la nostra visione e il nostro rigore espresso sotto molteplici punti di vista".