Maglia numero 27 in onore di Villeneuve, Roberto Pruzzo come idolo e un inconfondibile fiuto del gol
Photo by Claudio Villa/Getty Images
"Un numero 10 poco ortodosso", come si autodefinisce Cristiano Doni a Fulvio Zara - questa mattina - sulle pagine della Gazzetta dello Sport. Centododici gol con l'Atalanta, miglior realizzatore nella storia del club. Nell'intervista rilasciata, Doni ripercorre i momenti salienti della sua vita: l'infanzia, gli anni a Bergamo, la chiamata in Nazionale, lo scandalo scommesse e la parentesi extracalcistica. Maglia numero 27 in onore di Villeneuve, Roberto Pruzzo come idolo e un inconfondibile fiuto del gol. A Segio Buso - dice - deve tutto per aver visto in lui delle qualità innate.
Nato a Roma nell'aprile del 1973, si forma nelle serie minori e nelle giovanili del Modena dopo essere stato bocciato dalle Primavere di Bologna e Verona. Il debutto ufficiale avviene con il Brescia, e nel 1998 si trasferisce a Bergamo dove resterà fino al 2012 prima dello scandalo calcioscommesse che gli costarono una squalifica di tre anni e mezzo poi ridotti e un processo penale, con l'accusa di associazione a delinquere, caduto in prescrizione.
A 28 anni, poi, la chiamata in nazionale: "Mi volle il Trap, era la fine del 2001. (…) Venivo da una stagione pazzesca, chiusa con 16 gol in campionato, ma anche da un infortunio. Che mito, il Trap. Ti faceva sentire un campione", sottolinea Doni nell'intervista. La spedizione mondiale purtroppo si concluse con la partita contro la Corea del Sud e con un arbitraggio discutibile di Byron Moreno. Doni disputò comunque un buon Mondiale fornendo tra l'altro l’assist per la rete di Vieri nella sconfitta per 2-1 contro la Croazia ai gironi.
"Il più forte con cui ho giocato? Morfeo". Non ci pensa un attimo Doni, parlando dell'ex compagno come un fenomeno in grado di esprimere un calcio incredibile. E alla domanda riguardo possibili rimpianti, Doni non ha dubbi: "mi volevano Roma e Juventus, ma sono voluto rimanere a Bergamo". La sua Bergamo, per la quale ha sputato sangue anche durante il periodo buio del calcioscommesse.
"Mi hanno messo una etichetta, ma non era la mia. Sono diventato il capro espiatorio, oggi so cosa significa finire nella macchina del fango". "Ma oggi", continua l'ex trquartista orobico, "a Bergamo la gente mi vuole bene". Le partite che gli costarono la squalifica furono Crotone Atalanta e Atalanta Piacenza, con la prima delle due che vide lo stesso Doni segnare all'incrocio dei pali. Cinque giorni di prigione e caos mediatico: un vortice senza fine, con la nascita del figlio più piccolo a fare da ancora e restituire tranquillità emotiva durante un periodo nero.
Ma oggi cosa fa Cristiano Doni? Quale è stata la sua parabola fuori dal rettangolo verde? "Oggi faccio l'imprenditore", dice. "Ho un ristorante e altri locali a Maiorca, mentre a Bergamo ho aperto un centro sportivo - il '27padel" - dove vengono un sacco di calciatori". La fede atalantina è rimasta inviariata, gli chiede Zara. "Sì, seguo tutto, ma con la giusta distanza".
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