Il deludente pareggio con il Milan, e la concomitanza della pausa per gli impegni delle Nazionali, riapre il dibattito sulla saldezza di Igor Tudor sulla panchina della Vecchia Signora
Igor Tudor (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)
«Il pareggio alla fine ci sta come risultato, per ora va bene così». Parole e musica di Igor Tudor, dal 23 marzo 2025 allenatore della Juventus. Una frase detta a caldo al termine di Juventus-Milan, ma una frase che, quasi in modo plastico, descrive il momento della Vecchia Signora.
Un momento che è figlio legittimo della scelta di separarsi da Max Allegri, di puntare su Thiago Motta e di esonerarlo per ingaggiare Tudor prima come traghettatore e poi come tecnico stabile.
Un momento che, se da un lato certifica l'effettivo valore attuale dei Bianconeri, “vorrei ma non posso”, da un altro lato certifica due dati, emersi con forza anche tra i sostenitori sui social.
Il primo è che la Juventus per il concetto di “accontentarsi” è bandito dal DNA, il secondo è che la sensazione di un ennesimo progetto destinato ad arenarsi si fa strada.
Due limiti strutturali, sostanziali uniti ai limiti oggettivi della rosa messa a disposizione del tecnico croato. Una rosa molto forte e folta in attacco (e pertanto pronta per giocare con due punte), solida in difesa dove il recupero di Bremer, al netto dei match con Inter e Borussia Dortmund, è stato decisivo, povera a centrocampo dove la staffetta tra Locatelli e Koopmeiners è naufragata.
A questi vanno aggiunti i limiti del tecnico. Tudor è un tecnico abile, molto abile, nell'aggiustare le situazioni compromesse ma fino ad oggi ha mostrato qualche limite nel costruire un progetto da zero. Non è casuale che in bacheca ci sia solo una Coppa di Croazia, peraltro vinta nel lontano 2013, e tanti passaggi di club.
Tutti fattori che fanno propendere per il fatto che a fine stagione, o anche in corso d'opera se la situazione dovesse precipitare, si arriverebbe ai saluti. Saluti che, va detto con grande chiarezza, avranno un costo affatto banale. Tudor, infatti, è legato alla Juventus fino al 30 giugno 2027 con un ingaggio di 3 milioni di euro netti all'anno.
Una cifra che lo mette al sesto posto nella graduatoria degli ingaggi degli allenatori di Serie A, ben lontano dagli 8 di Conte e Allegri, ma anche dai 5 di Gasperini e Pioli.
Ma in caso di esonero, sia esso a fine stagione o in corso d'opera quali sarebbero i nomi in corsa. Il sogno, il numero uno era, è e sarà quello di Antonio Conte.
La scorsa estate tutto faceva propendere per il ritorno del tecnico leccese in Bianconero ma poi Aurelio De Laurentiis ha saputo trovare gli argomenti giusti per trattenerlo a Napoli.
In estate la situazione potrebbe cambiare, ma ad oggi è poco più che una suggestione. L'alternativa, di lusso, è quella di Luciano Spalletti libero da impegni e voglioso di tuffarsi di nuovo in una avventura di campo.
Da non scartare, ma più sullo sfondo, le opzioni Roberto Mancini e Raffaele Palladino.
Ma quanto costerebbe alla Juventus l'esonero di Tudor, al momento assolutamente non all'ordine del giorno, e l'ingaggio di un tecnico top.
In caso di esonero a fine stagione la Juventus, salvo transazioni, dovrebbe accollarsi 6 milioni di euro per 12 mesi fino al 30 giugno 2027 più l'ingaggio, non inferiore ai 5 milioni netti 10 lordi nel caso di Mancini e di 4 milioni, 8 lordi, nel caso di Spalletti, meno, molto meno, sull'opzione Palladino che avrebbe un costo di circa 2 milioni netti, 4 lordi a stagione.
Tutti fattori che devono passare, giocoforza, per la qualificazione alla prossima Champions League. Impresa che, stando alla classifica e alla condizione attuale, della Juventus è affatto scontata.
Ma la stagione è lunga, tempo e modo per migliorare ce n'è in abbondanza importante è saper cogliere i segnali negativi e correggerli per tempo. A Comolli, Modesto e allo stessoTudor l'onere e l'onore di farlo il prima possibile.
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