Thierry Henry ha sospeso i suoi account social per protesta

Il francese spera che la sua decisione di allontanarsi dai social media ispirerà gli altri a combattere contro il razzismo e il bullismo online.

L'ex stella di Arsenal e Barcelona lo ha annunciato ieri tramite un post su Instagram. Già dalla mattinata di oggi, quindi, tutti gli account ufficiali del francese sono stati disabilitati. Un messaggio forte che ha voluto sottolineare anche in un intervento alla CNN.

"I social media hanno molti benefici, ma alcuni utenti li utilizzano in modo errato. Non è un ambiente sicuro. Ho voluto prendere una posizione per dire che è uno strumento importante che purtroppo alcune persone trasformano in un'arma perché possono nascondersi dietro un account falso. Spero che il mio gesto possa ispirare le persone a fare la stessa cosa se si sentono allo stesso modo".

Un caso simile accadde già nell'aprile 2019, quando i calciatori professionisti inglesi e gallesi boicottarono i social media per 24 ore dopo l’ennesimo episodio di razzismo nei confronti di un giocatore di colore della Premier League, in quel caso Ashley Young quando ancora l'inglese vestiva la casacca dello United.

La portata del gesto di Henry, e del messaggio che vuole lanciare, è certamente maggiore sia per il livello dell'atleta che per il fatto di non aver stabilito un termine per il boicottaggio.

"Hi guys, from tomorrow morning i will be removing myself from social media until the people in power are able to regulate their platform with the same vigour and ferocity that they currently do when you infringe copyright. The sheer volume of racism, bullying and resulting mental torture to individulas is too toxic to ignore. There HAS to be some accountability. It is far too easy to create an account, use it to bully and harass without consequence and still remain anonymus. Until this changes, i will be disabling my account across all social platforms. I'm hoping this happens soon".

Questo il messaggio di Titì Henry che, senza mezzi termini, va all'attacco di chi dovrebbe censurare certi episodi troppo frequenti "con lo stesso vigore e ferocia che mettono in atto quando si viola il copyright". Una palese provocazione e accusa di non preoccuparsi di regolamentare il tone of voice delle discussioni allo stesso modo di quanto viene fatto per interessi che sono puramente commerciali.

Henry, che oggi ha 43 anni e di recente ha lasciato la panchina del Montreal FC, dice che ha preso ispirazione da personaggi come Muhammad Ali, che nella sua vita è sempre stato schierato e schietto su questioni sociali, come per esempio la guerra del Vietnam.

"Muhammad Ali non voleva andare in guerra, non ha aspettato di vedere se tutti erano con lui, è quello che sentiva", ha detto Henry. "Ovviamente io non sono neanche lontanamente paragonabile ad un personaggio come Ali ma quello che mi sono detto è stato: 'Thierry, è così che ti senti, fallo'. E questo è quello che farò per dimostrare che non sono contento di come stanno andando le cose sui social media".

Lo scorso settembre il francese, in un'intervista per la MLS, aveva parlato di come il razzismo è stato un problema per tutta la sua carriera e ha ricordato degli abusi ricevuti da giocatore. "Oggi, da allenatore, noto che qualcosa allo stadio è cambiato (parlando di quando i tifosi erano ancora presenti), ma ora il problema si è spostato sui social media dove la gente può nascondersi senza assumersi alcuna responsabilità", ha concluso l'ex Arsenal. 

Come Thierry Henry, recentemente anche l'attaccante nigeriano del Crotone, Simy, ha denunciato tramite Instagram i tanti messaggi di razzismo che riceve ogni giorno postandone nelle storie per denunciare una piaga sociale di cui non si può far finta di nulla.

Nella scorsa giornata, anche la Serie A si è impegnata in questo senso con la campagna "Keep Out Racism" che ha coinvolto i calciatori di tutte le squadre per lanciare un messaggio nei confronti di un problema che sembra quasi diventato parte integrante della società. 

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