Il portiere della Juventus, intervento all'ottava edizione del Social Football Summit, ha parlato dell'importanza della salute mentale nel mondo del calcio
Intervento nell’ultimo panel della prima giornata dell’ottava edizione del Social Football Summit, all’interno della cornice dell’Allianz Stadium di Torino, l’estremo difensore della Juventus, Mattia Perin, ha parlato della scottante tematica della salute mentale nel mondo del calcio.
“Sono davvero felice di poter parlare di questa tematica. L’aspetto mentale è fondamentale nella quotidianità e non solo sul campo. Ho cominciato a rivolgermi ad un coach – Nicoletta Romanazzi – durante un periodo negativo della mia vita. Dopo cinque operazioni, a 26 anni, avevo deciso di smettere di giocare. Ho iniziato dopo aver parlato con il mio procuratore e oggi so come trovare l’equilibrio. Tuttavia, nei momenti negativi mi rivolgo a Nicoletta per uscire dalle difficoltà".
"Pur di non pensare agli errori guardavo ore e ore di documentari. Spostare l’attenzione non mi faceva star male. Oggi, dopo aver lavorato su me stesso, cerco subito di concentrarmi e accettare quanto accaduto”.
“Sono il più grande critico e il più grande fan di me stesso. Nel mio percorso ho scavato nelle profondità, mettendomi a nudo, toccando tasti dolenti. So quando faccio bene o male, i commenti esterni sono solo un feedback. Grazie alla coach ho notato che postavo sui miei canali social soltanto dopo prestazioni positive. Oggi sono libero dai condizionamenti, dai giudizi. Ho rivisto tutto il lavoro fatto in un libro di Hegel. Cerco di trasmettere questo anche ai miei figli. Il caso non esiste, è tutto frutto del mio scendere negli abissi”.
“Uno dei problemi della società odierna è la mancanza di dialogo ed empatia. Questo è lo specchio di quanto accade anche nello spogliatoio. Nel calcio c’è stato un grandissimo passo indietro sul lato umano. Non c’è più la condivisione del lato umano, non c’è dialogo. Questo a prescindere dallo sport, le generazioni futuro devono metter mani per uscirne”.
“La Juventus mette a disposizione un grande psicologo, Beppe Vercelli. Questo accade anche per il settore giovanili. Io ho avuto tanti ex compagni, soprattutto nel mondo giovanile, che hanno subito delle botte fortissime dalle delusioni ed è una cosa che può portare ad avere problemi depressivi. Se fin da giovani si forniscono gli strumenti necessari, si può andare incontro alla risoluzione del problema. Tutti nasciamo con un talento, la nostra paura deve essere il trovare quale”.
“Ad un giovane atleta consiglio di essere affamato di conoscenza e cultura. Appassionatevi a quante più cose possibili. Muovetevi, non restate fermi. Lavoriamo per arrivare all’obiettivo, e se non si arriva va bene uguale. La meta è la ciliegina, ma il percorso è fondamentale”.