La Superlega 2.0 vuole essere un modello sostenibile

Dopo l’arrivo del nuovo CEO Reinhart è sempre più probabile la ripartenza del progetto Superlega con qualche aggiornamento dell’idea originale. Torneo aperto e ruoli chiari di UEFA e Champions League.

Riaprire il dialogo con il mondo del calcio europeo è l’obiettivo principale per riavviare il progetto Superlega.

Queste sono le prime parole di Bernd Reinhart, nuovo CEO di A22 Sports Management, il promotore creato ad hoc per dar vita alla competizione e proprietario della società che gestirà la Superlega.

Come riportato da 2Playbook, a un anno e mezzo dall'annuncio dei dodici club, tra i più importanti del panorama calcistico del Vecchio Continente, di promuovere una competizione parallela alla Champions League, si iniziano a chiarire diverse incognite stabilendo anche i punti fondamentali del dibattito, con vantaggi e svantaggi di un torneo stile Eurolega nel basket.

I tre club rimasti dopo le numerose critiche, Real Madrid, Barcellona e Juventus, sembrerebbero accettare di passare a un modello meritocratico, eliminando l'idea originaria del 75% di iscritti fissi, senza cedere però sulla questione diritti TV e introiti commerciali, oggi controllata e regolata dalla UEFA per quanto riguarda le sue competizioni.

Questo aggiornamento sui temi di una possibile trattativa tra tutte le parti interessate è stato affidato al nuovo CEO.

No al nuovo format della Champions

Il primo vero passo fatto da A22 quest’estate è stato quello di abbandonare l’idea originaria di istituire una competizione chiusa.

Il modello iniziale di competizione e governance, simile a quello dell'Eurolega, in cui dodici club fondatori avrebbero il controllo e l’accesso garantito ogni anno, con il potere di decidere sui cambi di gestione.

Questi club fondatori inviterebbero altre tre squadre, che avrebbero la possibilità di ottenere in base al merito, i criteri non sono noti, uno dei restanti cinque pass per completare due gironi da dieci squadre, con due mini campionati e play-off finali.



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Ora invece si sta pensando ad una Superlega come, "Un concorso aperto basato sulla meritocrazia. Non andiamo contro nessuno, non vogliamo escludere assolutamente nessuno”, ha dichiarato Reinhart.

Intervistato da El País, il CEO di A22 ha assicurato la scorsa settimana che, “Come per molti tifosi, anche a me non piace il nuovo format della Champions League perché si sta andando nella direzione sbagliata".

La Superlega non accetta quindi il nuovo modello approvato all'unanimità dal comitato esecutivo della UEFA. Questo nuovo format della Champions a partire dal 2024 avrà 36 squadre, quattro in più rispetto a come è organizzato oggi il torneo, che si sfideranno in un unico girone.

Un'opzione intermedia, probabilmente già pensando al ciclo 2027-2030, sarebbe quella proposta dall’European Club Association (ECA) nel 2018.



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L’indiscrezione avanzata dal New York Times ha indicato una Champions a 32 squadre in cui 24 avrebbero un posto fisso. In Europa League gareggeranno altre 32 squadre e nella Conference League gareggerebbero 64 squadre. Con l'aumento dei posti in quella che oggi sarebbe la Conference, la Uefa avrebbe 128 club partecipanti ai suoi tornei, rispetto ai 96 di oggi.

L'ente manterrebbe così la promessa fatta a leghe e club di terza fascia di offrire loro una maggiore presenza nelle competizioni europee, mentre le big avrebbero la tanto attesa garanzia di avere una partecipazione sicura nella massima competizione.

Un business da 3,2 miliardi di euro

Il modello della competizione è il problema principale secondo i media di tutto il mondo, ma la vera preoccupazione invece per la UEFA è la gestione aziendale del torneo.

I tre club della Superlega, e gli altri nove che hanno aderito inizialmente al progetto, vorrebbero un controllo maggiore sulla gestione di un business da oltre 3,2 miliardi di euro l'anno, di cui 2,5 miliardi (il 78%) distribuiti tra i club partecipanti dalla UEFA stessa.

Per la Superlega il controllo economico-finanziario deve passare di mano, “I club si assumono tutti i rischi e gli investimenti e mentre gestiscono autonomamente quasi tutti i campionati nazionali, la gestione delle competizioni europee invece spetta esclusivamente alla UEFA. Perché?", si chiede Reinhart.



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Proprio per questo l’ente guidato da Ceferin sta lavorando per creare una joint venture con l'ECA, in modo che i club avessero più peso e una partecipazione diretta alle decisioni e al business audiovisivo e commerciale dei tornei continentali.

Infatti, i club hanno già partecipato all'elezione di Relevent come distributore dei diritti TV della Champions League negli Stati Uniti, che sono stati ceduti alla CBS per 250 milioni di euro all'anno per il ciclo 2024-2030 (+66% rispetto al precedente accordo).

A dicembre il giudizio della Corte di Giustizia europea

Dopo le varie azioni intraprese tra i club promotori, che hanno denunciato UEFA e FIFA alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, per un presunto abuso di potere non consentendo la creazione di una competizione alternativa.

Il prossimo 15 dicembre ci sarà il parere, non vincolante, delle istituzioni europee ipotizzando la sentenza definitiva del tribunale, prevista per il primo trimestre del 2023.

Questa battaglia tra Superlega e UEFA è sia legale che politica, con l’ente calcistico che mantiene una posizione di forza con il sostegno pubblico delle amministrazioni europee e nazionali, irremovibili nel loro "no" alla nuova competizione.

I promotori della Superlega

Il presidente che si sta battendo di più per il progetto è sicuramente Florentino Pérez.

Tuttavia, a poco a poco, si sono cominciati a conoscere i nomi dei dirigenti che lavorano nell'ombra. Insieme al nuovo CEO ci sono i fondatori di A22, Anas Laghrari e John Hanh, due dirigenti molto vicini a Pérez.

Il primo è partner di Key Capital, partner finanziario del Real Madrid. Hanh invece è stato il dirigente principale in Spagna di Providence, il fondo che partecipa all'attività commerciale dei Blancos con un investimento di 250 milioni di euro fino al 2027.

Il finanziamento del progetto

Quando è nato il progetto i club promotori si erano assicurati di avere un prestito da JP Morgan di 4 miliardi di euro per far partire la competizione.

"Non esiste! Ripartiremo in una certa misura da zero, un prestito di tali dimensioni non è sostenibile”, ha confermato il nuovo CEO a El País.

Tuttavia, una sentenza favorevole consentirebbe alla Superlega di andare avanti nella raccolta di fondi e di trovare i finanziamenti necessari per dare la spinta di partenza alla competizione.

L'obiettivo resta comunque quello di reperire 4 miliardi di euro di partenza solo dalla vendita dei diritti TV e, come nel progetto originale, di tassare i club fondatori raccogliendo circa 3,5 miliardi di euro.

La ripartenza solo dopo le sanzioni

Nelle successive 24 ore dal lancio del progetto nel 2021, si sono persi subito nove club.

Il motivo sta nel controllo e nella reazione che i club fondatori del progetto hanno incassato dalle rispettive leghe e federazioni.

In Spagna, i club che si uniranno al progetto riceveranno una multa di 100 milioni di euro ciascuno da parte de LaLiga e RFEF.





Nel Regno Unito, invece, la Premier League ha multato i suoi sei club.

Il campionato inglese ha sanzionato con circa 25,2 milioni di euro: Manchester City, Manchester United, Arsenal, Liverpool e Tottenham. Inoltre, nel caso di recidività i club sono esposti a un'altra multa di 29 milioni di euro e alla detrazione di 30 punti in campionato.

Proprio per questo la nuova Superlega vuole muoversi evitando questi conflitti interni tra club e le rispettive leghe e federazioni.



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