Edoardo Bove al Senato il prossimo 17 novembre per presentare la "Legge Bove" sul primo soccorso, un anno dopo l'arresto cardiaco al Franchi
(Photo by Marco Luzzani/Getty Images)
Mancano pochi giorni al primo anniversario di quel 1° dicembre 2024 che ha segnato indelebilmente il calcio italiano. L'immagine di Edoardo Bove, il giovane centrocampista della Fiorentina, crollato privo di sensi sul prato dello stadio Artemio Franchi durante la partita contro l'Inter, è ancora vivida nella memoria collettiva. Un arresto cardiaco improvviso, il massaggio cardiaco praticato immediatamente dai medici delle due squadre, il defibrillatore applicato in campo e poi in ambulanza, la corsa verso l'ospedale di Careggi: attimi di terrore che hanno sospeso la gara, avvolto gli spalti in un silenzio surreale e mobilitato l'intero Paese in un'onda di paura, seguita da un cauto sollievo quando le prime notizie hanno confermato la ripresa del giocatore. Bove, 22enne romano in prestito dalla Roma, si era accasciato al 17' del primo tempo, dopo aver segnalato un capogiro alla panchina. Oggi, quel trauma personale si trasforma in un impegno concreto per prevenire altre tragedie.
Lunedì 17 novembre, Bove approderà in uno dei templi della democrazia italiana: il Senato della Repubblica. Qui, alle 17.30 nella Sala Caduti di Nassirya a Piazza Madama, sarà presentato ufficialmente il disegno di legge battezzato "Legge Bove" sul primo soccorso. Il centrocampista viola farà da testimonial e volto simbolo dell'iniziativa, condividendo il palco con il ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli, la senatrice Simona Malpezzi e figure di spicco del settore come Mirko Damasco, presidente dell'associazione Salvagente Italia – di cui Bove è diventato testimonial attivo –, e Andrea Scapigliati, referente dell'Italian Resuscitation Council (IRC). Il provvedimento, primo firmatario il senatore Marco Lombardo (Pd) e cosponsorizzato da Carlo Calenda (Azione), mira a democratizzare le conoscenze salvavita, rendendo accessibili a tutti le competenze che, in quei fatidici minuti iniziali di un'emergenza, possono segnare la differenza tra sopravvivenza e tragedia.
Al cuore del disegno di legge c'è un obiettivo ambizioso ma imprescindibile: strutturare un sistema nazionale di prevenzione che parta dai contesti quotidiani – scuole, società sportive dilettantistiche e professionistiche, aziende e luoghi pubblici – per evitare che la "catena della sopravvivenza" si interrompa nei momenti cruciali. In Italia, come certificato da fonti istituzionali come il Ministero della Salute e l'Istituto Superiore di Sanità, ogni anno circa 50-70mila persone perdono la vita per arresti cardiaci improvvisi o ritardi negli interventi di primo soccorso, con una stima media di 65mila decessi legati a emergenze non gestite tempestivamente (dati elaborati dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie e dal sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera SiSMG). Numeri allarmanti che vanno oltre il mondo dello sport: basti pensare che l'80% delle morti cardiache improvvise avviene fuori dagli ospedali, spesso in contesti quotidiani dove un defibrillatore automatico esterno (DAE) e una rianimazione cardiopolmonare (RCP) basica potrebbero raddoppiare le chance di sopravvivenza.
La "Legge Bove" interviene su più fronti per colmare queste lacune. Innanzitutto, impone una formazione minima obbligatoria – almeno 4-6 ore annue – per allenatori, dirigenti sportivi, insegnanti e operatori aziendali, focalizzata su RCP, uso dei DAE e riconoscimento dei malori improvvisi. Prevede inoltre la diffusione capillare di defibrillatori in tutti gli impianti sportivi, scuole e uffici, con incentivi fiscali per l'acquisto e manutenzione, e campagne educative mirate alle nuove generazioni per instillare una "cultura dell'emergenza" fin dai banchi di scuola. Non si tratta di un omaggio simbolico al calciatore, ma di una risposta sistemica ispirata alla sua storia: Bove, che ha evitato il peggio grazie all'intervento rapido del dottor Luca Pengue e del team medico viola (con il supporto dell'Inter), sa bene che non tutti hanno lo "scudo" di uno stadio di Serie A, con personale qualificato a portata di mano.
Da quel giorno al Franchi, la vita di Edoardo Bove è stata un susseguirsi di sfide e rinascite. Trasportato in terapia intensiva e sedato farmacologicamente, il giocatore ha escluso danni neurologici o cardiaci acuti già nelle prime ore, riprendendo conoscenza e respirando autonomamente grazie al defibrillatore che ha "riavviato" il suo cuore durante il tragitto in ambulanza – un intervento durato appena 13 minuti dal campo a Careggi, come raccontato dal presidente della Fratellanza Militare Lorenzo Ghini. L'operazione chirurgica successiva, la riabilitazione estenuante e i controlli periodici hanno segnato mesi di lontananza dal campo e il futuro calcistico di Edo è ancora tutto da definire. Ma il vero cambiamento è avvenuto fuori dal rettangolo verde. Bove ha canalizzato il suo dramma in un impegno civile instancabile: ha iniziato a sensibilizzare sul primo soccorso, enfatizzando l'importanza dei DAE – "Senza, la rianimazione non ha successo", ha dichiarato in audizioni alla Camera durante la Giornata mondiale della RCP ad ottobre 2025.
Ha raccontato apertamente la sua paura ("Mi sono chiesto: perché a me?"), ma anche la gratitudine verso i soccorritori e i compagni, come Danilo Cataldi che gli ha liberato le vie aeree. Come presidente onorario di Salvagente Italia, ha promosso corsi per studenti – ammettendo con onestà: "Da ragazzo facevo i corsi per saltare un'ora di matematica, mi sbagliavo: oggi so che salvano vite" – e ha spinto per l'applicazione rigorosa della legge 120/2001, che già impone DAE in luoghi pubblici ma spesso resta lettera morta.
Questa "Legge Bove" non è solo una norma: è il simbolo di come lo sport possa ispirare cambiamenti sociali. In un Paese che ha pianto Davide Astori e piange ancora le vittime silenziose delle emergenze quotidiane, l'impegno di un 23enne romano dimostra che dal campo si può arrivare al Parlamento, riducendo quel "margine di fatalità" che nessuno dovrebbe subire. L'appuntamento del 17 novembre potrebbe essere l'inizio di una rivoluzione salvavita, con Bove a ricordarci: la palla è nelle nostre mani.
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