Anche il Regno Unito deve fare i conti con il pezzotto

Non solo l’Italia sta fronteggiando il fenomeno della diffusione illegaledelle gare: la Premier League cerca di capire come contrastarlo

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Non è solo l’Italia a fare i conti con la pirateria degli eventi sportivi. Sui campi di Serie A, in questo weekend d’esordio, è stato protagonista l’hashtag legato alla campagna diffusa dalla Lega del massimo campionato italiano contro la pirateria.

#Stopiracy è lo slogan scelto, per combattere la diffusione illegale della trasmissione delle partite. Ma come detto non è solamente il nostro paese a dover fare i conti con il fenomeno di trasmissione pirata degli eventi sportivi: anche nel Regno Unito la problematica sta diventando piuttosto diffusa.



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Secondo una nuova ricerca, la reale portata del problema dello streaming illegale nel calcio britannico è molto più grande di quanto stimato in precedenza e solleva seri interrogativi sulla dipendenza dello sport dai proventi dei diritti dei media.

Del resto, la Premier League è il torneo che guadagna (e di conseguenza spende) di più in Europa proprio grazie alla commercializzazione dei diritti di trasmissione delle sfide del massimo campionato inglese.



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Un sondaggio condotto dalla società di ricerca globale YouGov Sport ha rilevato che 5,1 milioni di adulti in Inghilterra, Scozia e Galles hanno ammesso di aver guardato lo sport attraverso un sito web di streaming illegale, un'applicazione pirata o un set-top box modificato nei primi sei mesi del 2023.

In un contesto dove i diritti tv pesano ancor più che in Italia, il calcio britannico sta fortemente iniziando a ragionare su come porre un limite ai danni che possono derivare dalla pirateria.



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