Il Chiellini di tutti i giorni, il Chiellini dirigente, la Juventus di oggi, del futuro e il nuovo ciclo di Luciano Spalletti. L'attuale Director of Football Strategy bianconero si è raccontato al Social Football Summit
Giorgio Chiellini a SFS 25
Il Chiellini di tutti i giorni, il Chiellini dirigente, la Juventus di oggi, del futuro e il nuovo ciclo di Luciano Spalletti. L'ex capitano della Nazionale e attuale Director of Football Strategy bianconero si è raccontato a trecentosessanta gradi al Social Football Summit all'Allianz Stadium di Torino.
“Non sono un’amante dei titoli, ma della pratica. Quello che sento è ciò che è stata e ciò che è stata la Juventus. Sono diviso da un cancello della parte campo. Vinovo è il nostro futuro. La formazione è importantissima. Quello che sento è di poter aiutare le persone a migliorare. Il mio primo giorno alla Juve è stato un San Giovanni del 2004. Arrivai e trovai una Torino in festa. Sono qui da vent’anni, dal 2005. Ho avuto due anni di distacco e oggi sono tornato in altra veste”.
“La cosa più difficile è il tempo. Cerco di essere tutti i giorni al campo, arrivando un’ora prima dell’allenamento. Cerco di coprire in toto questa parte, quest’anno da solo, con rapporti internazionali con FIFA e UEFA. La parte istituzionale non ruba molto tempo al progetto. Sono molto dentro alla parte cooperate aziendale. Ci sono delle opportunità di cogliere per creare un’innovazione, che può portarci nella verticalità dello sport. Uno degli obiettivi è rendere sempre fruibile lo studio. Aiuto il club anche in altro. Mi interessa la parte business e finanza”.
“Sono tornato un anno fa, l’esperienza di campo mi aiuta nel mio lavoro. Ho due bambini di otto e dieci anni, le lascio a scuola e vado in ufficio. La normalità nella mia giornata non c’è. Sono fuori due-tre giorni a settimane circa. Alcune volte torno a casa tardi. È impegnativo, ma lo faccio con piacere”.
“Senza i giocatori non funziona niente. Cerco di far capire loro qual è la strada giusta da percorrere. Ora è il momento del sostegno. È un gruppo sano, di grandi valori, che sta costruendo la propria fiducia. L’obiettivo della squadra è tornare alla normalità di vincere. Deve diventare un piacere normale. Per questo serve tempo e quotidianità, con la percezione di alcuni valori. Credo che i ragazzi abbiano le qualità umane. Si è fatto per tanti anni. La vittoria per fa parte della storia di questa famiglia. Noi siamo custodi di certi valori, fortunati di farne parte. Essere uno dei pochi ad essere rimasto anche dopo è un onere e un onore”. Ha poi aggiunto: “Non sono mai stato uno che fa sfuriate nello spogliatoio, ma sono una persona molto diretta. L’onestà intellettuale e le motivazioni di un dialogo devono far accettare la realtà. Con rispetto e discussioni si appianano le divergenze. Da giocatore è più facile. Non conta aver vinto tanto, ma conta la persona, quello che dici e quello che porti. Cerco di sbagliare il meno possibile e non parlo per sentito dire; non mi piace far domande”.
“Non è vero che non ci sono più i ragazzi di una volta. Alla mia epoca c’era molta più ignoranza in materia di professionismo. Oggi ci sono più strumenti per giocare meglio e giocare di più. C’è la parte del vissuto del calcio, della conoscenza degli avversari. La parte più importante è l’adattabilità al cambiamento. Il mondo cambia e devi capire in che direzione sta andando. Mi piace circondarmi da persone diverse da me. Se intorno hai persone che la pensano come te non ti fa migliorare. Mi mancano delle skills a livello manageriale, ma ho voglia di imparare nel più breve tempo possibile. Il mondo del lavoro e quello dello sport si incrociano".
“La notte dormo poco, ma bene. Il dispiacere e le scelte fanno parte della responsabilità. Sono stato parte delle scelte condivise. Mi prendo la responsabilità, ma sono una persona che ama il confronto di idee. Sono convinto e consapevole che i prossimi mesi saranno difficili. Dopo un decennio d’oro ci sta avere questi tre anni, ma se la società riuscirà ad uscirne allora arriverà la luce. Tutto passa dalle prossime due partite per costruire”.
“Spalletti abbraccia tutti. Ha bisogno di trasferire il suo amore alle persone. Ha tanta empatia e umanità. Ha proprio questo approccio, a prescindere dalla gerarchia all’interno di un’organizzazione. Non ci siamo mai incrociati. La prima volta che l’ho incontrato è stato a Los Angeles durante una tournée con la nazionale. Mi ha portato nella stanza con i difensori e mi ha fatto spiegare. Al termine mi ha chiesto se potesse chiamarmi. L’ho incontrato con la federazione, ma prima è stato sempre da avversario. Il rapporto è nato anomalo”.
“Ci manca il direttore sportivo, ma arriverà. C’è la volontà di rinnovare Yildiz, ma con calma. Con equilibrio e serenità si fa tutto”.