Amarcord ad alto impatto emotivo. Quel pomeriggio al Meazza brillò una sola stella per un tris da manuale all'alba di una stagione molto particolare
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26 settembre 1998. La Serie A vive i suoi primi vagiti del post Mondiale francese, vinto dai padroni di casa trascinati da Zidane con l'Italia eliminati proprio dai padroni di casa ai quarti di finale con la ghiotta chance di Roberto Baggio che grida vendetta. Il massimo torneo del Belpaese è ancora il migliore al mondo. Fior di campioni che trascinano le famigerate sette sorelle del pallone italico.
Tra queste big del nostro campionato ci sono senza ombra di dubbio Milan e Fiorentina. I rossoneri si aggiudicheranno lo scudetto al culmine della regular season, nonostante una partenza a singhiozzo con l'ex Udinese Zaccheroni al timone. I viola, invece, sono una realtà ben consolidata e zeppa di grandi firme in formazione. La stella più luccicante è sempre Gabriel Omar Batistuta. Il genio, ma soprattutto sregolatezza, è Edmundo. Il brasiliano, mago con la sfera tra i piedi, sul piano caratteriale in tutta onestà è un disastro. Ad un certo punto dell'annata, ad esempio, decide in totale libertà di tornarsene in Brasile per un impegno inderogabile. Quale? Il Carnevale al Sambodromo, che domande.
A fine settembre nella operosa Milano fa ancora relativamente caldo. I rossoneri schierano un certo Jens Lehmann in porta. Il guardiano tedesco, autore successivamente di una carriera più che dignitosa, al cospetto dei toscani si rende protagonista di papere subito prese al balzo dalla mitica Gialappa's Band in Mai dire Gol.
Il 3-4-3 di chiaro stampo zaccheroniano vede in difesa Costacurta, N'Gotty e capitan Maldini. Sugli esterni Helveg e Ba. In mediana Ambrosini e Albertini. Tridente offensivo formato da Weah, Ganz e bomber Bierhoff. Risponde la Fiorentina dell'intramontabile Giovanni Trapattoni con un 4-3-1-2, ma attenzione. In quel periodo i viola, consuetudine quasi totalmente abbandonata già all'epoca, si disponevano in campo con il cosiddetto libero. I più giovani con ogni probabilità ignorano tale ruolo. Parliamo in parole povere di una pedina ulteriore del reparto arretrato che stazionava dinanzi allo stopper marcatore e fungeva da regista aggiuntivo "libero" appunto di impostare l'azione della squadra partendo dalle retrovie, con licenza talvolta di fiondarsi nella fetta di terreno avversaria per tentare conclusioni a rete. Lo Scirea di turno era Padalino, mentre il tedesco Heinrich era il roccioso centrale a copertura affiancato da Repka e Falcone. A centrocampo ecco Torricelli e Amoroso, che in fase di possesso si allargano sulle corsie, con il mediano Cois a far da raccordo. Sulla trequarti l'artista lusitano Rui Costa a sostegno di Luis "Lulù" Oliveira e Batistuta.
La contesa si sblocca grazie ad una ingenuità di Costacurta che in pratica regala il pallone a Batistuta che non si lascia pregare e da cecchino infallibile carica il destro trafiggendo un Lehmann indolente. In apertura di secondo tempo ancora Batistuta, lanciato da Rui Costa, infila il portiere della Germania sempre distratto. Sul tris viola c'è puntuale la mano funesta dell'estremo difensore rossonero che prende il pallone con le mani sul retropassaggio in area di Costacurta. Punizione a due immediata per gli ospiti e bolide della punta argentina che buca la rete. Il Diavolo si consola con il gol del definitivo 1-3 siglato su penalty da Oliver Bierhoff. Ai titoli di coda della stagione 1998-1999, mesi più tardi, il Milan di Berlusconi brinderà allo scudetto dopo il successo a Perugia. D'altro canto la Fiorentina, orfana sul più bello dello stesso Batistuta per un grave infortunio, cederà il passo frantumando il sogno tricolore accarezzato per diverso tempo.
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