L’AL Nassr ha dichiarato: CR7 non sarà ambassador del Mondiale2030

Il nuovo club di Cristiano Ronaldo viste le numerose voci, precisa la posizione del calciatore riguardo alla possibilità di diventare ambasciatore per la candidatura dell’Arabia Saudita per il Mondiale 2030.

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Dall'arrivo di CR7 all'AL Nassr sono cambiate numerose cose.

Dopo la firma del contratto più oneroso mai firmato da un calciatore nella storia del calcio, si è ipotizzato che la firma del portoghese non fosse legata esclusivamente sulla sua forza mediatica e sulle prestazioni in campo.

Molti media hanno ipotizzato che nel faraonico stipendio di CR7, oltre alle sue prestazioni sul campo con il club, ci sarebbe l’appoggio ufficiale come ambasciatore per l'Arabia Saudita nella candidatura della FIFA World Cup 2030.



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Lo scorso 10 gennaio il club ha deciso di prendere una posizione ufficiale sull'argomento, smentendo qualsiasi coinvolgimento della nuova stella del calcio arabo in una possibile candidatura del paese a ospitare il torneo in alleanza con l'Egitto e la Grecia.

“L’AL Nassr tiene a precisare che, contrariamente a quanto riporta la cronaca, il contratto di Cristiano Ronaldo con il club non implica impegni per alcuna candidatura ai Mondiali. Il suo obiettivo principale è l’AL Nassr e lavorare con i suoi compagni di squadra per aiutare il club a raggiungere il successo".

Le accuse di Amnesty International

Nonostante non abbia ancora esordito con la nuova maglia, Cristiano Ronaldo ha già subito pressioni esterne in Arabia Saudita.

Il portoghese infatti è stato accusato di non rispettare la lotta in difesa dei diritti umani.



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L’accusa è arrivata da Amnesty International, la più grande ONG focalizzata sull'argomento, che ha preso posizione chiedendo al calciatore di utilizzare il suo stipendio per progetti e attività legate alla difesa di questi diritti e per sensibilizzare tutto il Medio Oriente sull’argomento.

Sui social media dell'ONG, la ricercatrice per il Medio Oriente di Amnesty International Dana Ahmed, ha voluto attirare l'attenzione dei media sul fenomeno sportwashig in Arabia Saudita, incrementando le numerose critiche che il paese ha ricevuto per aver utilizzato lo sport come mezzo per “coprire” le sue violazioni dei diritti umani.



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