Calciatori e pittori: quando il talento si esprime in modi diversi

Nel primo articolo ho cercato nel dizionario la definizione di arte e si parla di talento inventivo.
Di calciatori talentuosi ne abbiamo visti tanti, soprattutto per chi come me è degli anni ’70, italiana e per di più romana. Ogni decennio ha visto nascere fuoriclasse e sono sicura che se chiedessi, nell’ultimo trentennio, di fare una lista di “talenti” uscirebbe più di una top ten.

Ma se vi chiedessi di darmi una top five di artisti in base al loro talento? Lì per lì ci sarebbe un momento di silenzio, ma poi sono certa che come me, riflettendo sul calcio, troveremmo nei cassetti della memoria scolastica, o non, artisti talentuosi che ci hanno colpito, nel corso della nostra vita.

Se dovessi darvi la mia personale top five di calciatori, (che di sicuro non è quella delle stelle iconiche del calcio anche perché sarebbe lunghissima sia dal punto di vista calcistico che artistico), sicuramente partirei da…
Bruno Conti, forse perché ero piccola e di Roma, ma come Luis Figo, mi sembrava un ballerino, era fantasioso e grazie al suo fisico minuto dribblava i suoi avversari.
Il “Bruno Conti” della pittura sarebbe per me decisamente Gerrit Dou (artista olandese) allievo di Rembrandt, che sviluppò uno stile artistico unico, che lo rese famoso per le sue miniature e le sue dettagliate rappresentazioni di oggetti. Il suo stile preciso e particolareggiato gli ha fatto guadagnare il titolo di “maestro dell’arte fine”: le sue opere sono ricche di dettagli con una resa impeccabile delle texture e delle superfici. Con una pennellata sottile e precisa creava dipinti che sembravano più fotografie che opere d’arte.

Gerrit Dou 1646 A girl chopping onions (Royal Collection Trust, UK)

In seconda posizione metterei Ruud Gullit, che ovviamente ricordo più per la sua capigliatura che non per le sue gesta. Il suo soprannome “Simba” lo precedeva, però lo ricordo possente e fantasioso.

La pennellata possente è nell’arte decisamente quella espressionista con l‘uso di colori vibranti, forme contorte o prospettive insolite. Colori audaci, con combinazioni cromatiche fuori dall‘ordinario, pennellate vigorose e incisive conferiscono alle opere espressioniste un dinamismo unico.
Tra gli artisti più conosciuti dal grande pubblico troviamo Gauguin, Kandinsky o Edvard Munch (per chi di voi fosse a Roma ora e fino al 2 giugno c’è una bella mostra).
Recentemente anche Antonio Ligabue è stato considerato più espressionista che Naif e concordo con questa nuova attribuzione.
L’opera “La lotta dei galli” di Antonio Ligabue mi ricorda molto una lotta sotto porta durante un calcio d’angolo.

Antonio Ligabue 1955 “Lotta di Galli” Olio su faesite (collezione privata)

In terza posizione per me c’è “Spillo”. Per i più giovani Alessandro Altobelli, uno degli attaccanti del mio “primo” mondiale 1982 (almeno che io ricordi). Lui per me era un pennellino piccolo piccolo, anzi forse una penna a china. Non possente, anzi fisicamente esile, ma riusciva ad infilarsi ovunque in ogni modo, arrivava davanti alla porta e segnava

La sua tattica lo portava ad incunearsi nelle difese avversarie, pungendole, e da qui il suo soprannome che lo ha poi accompagnato per tutta la sua lunga carriera!
Il mio “spillo nell’arte”, come una penna a china o uno spillo, in realtà sono due: Francisco Goya e Albrecht Dürer.

Molti artisti famosi hanno utilizzato la china (inchiostro nero) nel corso della storia, sia per disegni preparatori che come mezzo principale.
La china è stata un mezzo fondamentale anche per illustrazione, fumetto, calligrafia, incisione e arte sperimentale, ed è tuttora amata per il suo forte contrasto e la capacità di creare dettagli finissimi.
Ovviamente posso citarne molti altri: Leonardo, Michelangelo, Picasso, Hokusai, M. C. Escher (celebre per i suoi disegni a china con prospettive impossibili), Jean Cocteau, Hugo Pratt (creatore di Corto Maltese), lo stesso Rembrandt usava la china per schizzi rapidi e dettagliati.
Anche oggi c’è un artista contemporaneo che amo tantissimo e che lavora con la bic come facevano i grandi artisti con la china: si chiama Giuseppe Stampone e se non lo conoscete ve lo consiglio… poi guarda caso parla di calcio!

Al quarto posto metto sicuramente il “Pinturicchio” Alessandro Del Piero, soprannominato così dal suo patron l’avv. Agnelli.

Lo definiva così per la sua estetica di gioco, per la sua capacità di dipingere il calcio come un artista rinascimentale.
Famoso per il “tiro a giro” nell’area di rigore, il cosiddetto “gol alla Del Piero”, sapeva sorprendere i portieri con conclusioni precise e imparabili.
E Pinturicchio? o Pintoricchio, perché “piccolo e di poco aspetto”, è stato spesso considerato un pittore di serie B rispetto al grande Perugino.
Ma nel tempo è stato rivalutato: era un pittore svelto, dinamico ed estroso, proprio come Del Piero. Fantasioso inventore di paesaggi, sottile ritrattista, illustratore ricco di poesia.
Lavoratore instancabile ad affresco, che trattava con schizzi veloci e luminosi, particolari minuti come quelli di una grande pagina miniata.
Tecnica, quella della miniatura, nella quale il pittore esordisce giovanissimo nella effervescente Perugia degli anni Settanta del Quattrocento.
Tra le sue opere più famose: La cappella Baglioni a Spello… ve la consiglio.

 

Dettaglio della Cappella Pinturicchio (1500)

In quinta posizione (ho scoperto che anche nella classifica mondiale dei calciatori del XX secolo, è in quinta posizione) Michel Platini, anzi per meglio dire Francesco Michel Platini, in onore a suo nonno piemontese, emigrato in Francia.

Si dice avesse preso il meglio delle due patrie: l’estrosità italiana e la razionalità francese.
Per tutta la vita fu italiano in Francia e francese in Italia.
Veloce, sfuggente, ma preciso, con una visione di gioco che lo avrebbe reso nel tempo un regista offensivo ineguagliabile.
Era piccolo, e sicuramente era conscio del fatto che non sarebbe mai diventato un gigante.
Consapevole del suo fisico, le sue peculiarità erano quelle di giocare d’astuzia, amministrando il centrocampo e arrivare a meta in modo preciso.
I calci di punizione di Michel Platini sono entrati nella storia per la precisione assoluta.
Leggero come il vento, preciso come una fucilata e penetrante come un proiettile, così in campo Le Roi (il Re), ha rivoluzionato il calcio francese e ha scritto quello italiano degli anni '80.
Il Re della pittura per me è senza ombra di dubbio Hieronymus Bosch, guardare le sue opere è come vedere giocare 1000 partite di calcio tutte insieme o 1000 opere l’una dentro l’altra.
Se avete l’opportunità di andare a Madrid non potete non andare a vedere l’opera “Il Giardino delle delizie” conservata al Museo del Prado.
Le sue opere rappresentano una perfetta combinazione tra tradizioni locali e inventiva personale.
Per un artista del suo tempo, non amava viaggiare, si dice che abbia vissuto quasi la totalità della sua esistenza nella sua piccola cittadina natale.
La caratteristica principale dell’artista fu quella delle tematiche che esprimeva all’interno delle sue opere: condanna dei peccati, disprezzo verso la corruzione e quei vizi che rendono l’uomo un peccatore.
La sua arte ha ispirato le più importanti correnti tra l’Ottocento e il ‘900, come il Simbolismo, l’Espressionismo tedesco o il Surrealismo.

Hieronymus Bosch “Il Giardino delle Delizie” (Museo del Prado) – 1480/1490

Quello che mi ha sempre sorpreso nell’arte e in realtà anche nel calcio, è vedere come in epoche diverse, in paesi spesso geograficamente lontani, il talento riuscisse ad esprimersi e ad assomigliarsi.

Soprattutto prima dell’avvento di internet, che oggi ci permette di conoscere, vedere, artisti, talenti, paesi senza neanche muoverci da casa.
E come Bosch o altri artisti che con secoli di distanza hanno avuto la capacità di ispirare nuove correnti, nuovi talenti, l’estrosità, la fantasia, la genialità creativa calcistica non ha confini geografici, non ha limiti, non conosce differenze di razza, di classe ed entrambi ne sono la prova.

Foto di copertina: Giuseppe Stampone, DOUBLE FACE, 2019 Ball point pen on wooden panel 30×40 cm

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