Chi è Pablo Longoria, il giovane presidente dell'Olympique Marsiglia

Tra i presidenti più giovani del palcoscenico calcistico europeo con un passato anche in Italia tra Atalanta, Sassuolo e Juventus.

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Il calcio non è una scienza esatta. È imprevedibile, dinamico e in continuo divenire. Si plasma ai tempi che corrono, alla comunicazione, alla tecnologia. Si adatta al cambiamento, spodestando i dogmi che lo comandano.

Se si pensa a questo sport, si notano dei rinnovamenti profondissimi, dalla sua nascita ad oggi. L’apertura verso gli stranieri prima e alle donne poi, la Sentenza Bosman, la Var.

Modifiche spiazzanti che poi col tempo sono diventate normalità e routine. Una costante e fisiologica ricerca di andare avanti, mantenendo un contatto col passato, ma guardando al futuro.

Questa forma mentis sta ora toccando anche un aspetto prima indiscusso e che riguarda la figura dei Presidenti delle Società di pallone.

Da sempre, esattamente come in politica, ci siamo abituati a vedere e ad immaginare i vertici dei club con i capelli color cenere, sempre di una certa età.

Perché per rivestire certi ruoli “ci vuole esperienza” e la saggezza donata dal tempo. Per non contaminare decisioni ed iniziative con l’imprevedibilità e la leggerezza, valori tipici della giovinezza.

Il perpetuo cambiamento affrontato da questo sport, però, può continuare solamente capendo le necessità delle nuove generazioni e la loro inclinazione a vedere vita ed opportunità attraverso un’ottica differente, staccata dai dogmi e totalmente futura.

Questo ha portato società storiche come l’Inter e il Marsiglia ad eleggere come propri presidenti due figure estremamente giovani: Steven Zhang (1991) per la Beneamata, Pablo Longoria (1986) per i provenzali.

Lo spagnolo di Oviedo è la dimostrazione lampante di come l’esperienza, in questo settore, non sia necessariamente figlia di un’età avanzata e di come si possa essere all’altezza di comandare un club iconico per il calcio francese come l’Olympique de Marseille.

Una società vantante una Champions League e 9 campionati nazionali e che ora sta vivendo una vera e propria rinascita.

Gli Olympiens occupano attualmente la seconda posizione in classifica in campionato, a 15 punti di distanza dai rivali del PSG e hanno appena raggiunto le semifinali di Conference League, eliminando il PAOK trascinati dal proprio giocatore simbolo, Dimitri Payet.

Negli ultimi anni l'OM ha raggiunto discreti risultati a livello europeo e si sono posizionati con costanza alle spalle della corazzata PSG in campionato.

Tante difficoltà, risultati deludenti e amarezza per una delle piazze più calde di Francia.

Dopo anni, però, l’OM si sta quindi riprendendo la scena grazie soprattutto al proprio presidente.

Un professionista giovane, ma vantante un ventaglio ampissimo di esperienze nel mondo del pallone, definito da L’Equipe, capisaldo della comunicazione transalpina, come manager “dall’incontenibile passione”.

Pablo Fernandez Longoria ha assunto la presidenza dei biancoazzurri a 33 anni, a seguito di un mosaico di ruoli ricoperti tra Spagna, Inghilterra e Italia.

Trascorsi in veste di Scout in realtà come Newcastle, Recreativo de Huelva e Valencia gli hanno permesso di apprendere caratteristiche e dinamiche di Premier League e LaLiga, due competizioni molto diverse, ma accomunate dal dominare il recente passato ed il presente del calcio europeo. Imparando quindi dai migliori.

Per poi approdare in Italia e infine in Francia. Con gli strumenti, la volontà e la consapevolezza per poter dar vita ad un progetto capace di mitigare culture e talenti differenti, come da lui dichiarato in un’intervista a Tuttosport.

“Abbiamo un’idea precisa: mixare la forza dei francesi con il carattere latino”.

Una progettualità adottabile solamente da chi può vantare di conoscere tante sfumature del pallone.

Negli anni ha raccolto skills e competenza da tutte le società per le quali ha lavorato. Imparandone la lingua locale diventando un poliglotta, cogliendo la mentalità e l’approccio al calcio di tre nazioni differenti.

Caratteristiche che delineano il profiling di un dirigente molto giovane, ma vantante un background ricchissimo, che lo portano ad essere esattamente dove merita di stare.

Il ruolo apicale ora ricoperto al Marsiglia è frutto di un’esperienza sul campo che lo portano ad essere a tutti gli effetti un esperto del gioco.

Dal prato alla scrivania, dai giovani talenti alla direzione del club. Una visione calcistica a 360°, figlia del lavoro e della dedizione e non dell’età. Per permettere ad una società storica di ripartire, superando difficoltà che ancora l’affliggono, guardando ad un futuro roseo grazie al proprio leader.

L’esperienza in Italia

Nel Bel Paese vanta la militanza all’Atalanta, al Sassuolo e alla Juventus, probabilmente il suo apice professionale prima della carica attuale.

Approda a Torino in veste di osservatore, succedendo a Javier Ribalta, dopo l’addio di questi per spostarsi in Premier alla corte di quello che era il Manchester United di José Mourinho.

El chico della play” arriva con i fasti e la considerazione di un baby prodigio, capace già a 32 anni di lavorare in una corte così vincente e prestigiosa.

Assunzione che fu perfettamente coerente con la politica della Juventus di rifornirsi dei prospetti più interessanti. Un attestato di stima non indifferente per il proseguo della sua carriera.

Notato da Beppe Marotta durante la sua esperienza col Sassuolo di Squinzi, viene infatti assunto come capo degli osservatori per il settore estero, con particolare attenzione verso il Sudamerica.

Questo gli permette di mettersi particolarmente in luce, portando all’acquisto di Rodrigo Bentancur dal Boca Juniors, coinvolto nell’affare Tevez. Un giovane calciatore che ha vissuto una parabola tendente al negativo con la Vecchia Signora, ma che si sta riprendendo la scena con il Tottenham di Antonio Conte.

E, insieme al centrocampista uruguagio prospetta l’arrivo alla Continassa di Dani Alves, strappato al Barcellona grazie ad una clausola contrattuale scoperta proprio da Longoria.

L'arrivo al Marsiglia

Arriva in Provenza nel 2020, carico di aspettative ed esperienza internazionale per ridare linfa e visibilità europea all’OM, l’unica società francese in grado di conquistare la Champions League, nell’ormai lontano 1992-1993.

La prima stagione riveste la carica di direttore sportivo, portando la squadra a classificarsi quinta in campionato, risultato sicuramente non apprezzato nei pressi del Velodrome e valevole la qualificazione in Europa League. Non un inizio brillante, soprattutto considerando il -23 dalla vetta.

La svolta però si registra quest’anno. Lo spagnolo diventa il vertice del club, in veste di presidente e i risultati non stanno stentando ad arrivare, con gli Olympiens primi competitor di Parigi e con il sogno concreto di poter vincere la Conference League.

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