A trentanove anni di distanza dall'ultima sfida torna un Derby ammantato di Passione, Rivalità e Tragedia
Una fase dell'ultimo Ascoli-Sambenedettese (Credit https://www.cronachepicene.it)
Trentasei chilometri, trentanove anni, ore 14.30. Per descrivere al meglio il ritorno del classicissimo Derby delle Marche tra Ascoli e Sambenedettese, uno dei derby italiani dove la rivalità è più forte, più sentita e più ruvida dobbiamo, giocoforza, partire da questi numeri.
E lo facciamo per descrivere un derby, quello tra Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto, che non è mai stato giocato in Serie A e che ha visto la maggior parte delle sfide disputate, come oggi in terza serie, in Serie C.
Scopriamo insieme qualche curiosità gustosa che oltre a rappresentare uno spaccato della cultura sportiva italiana rappresenta una immersione nel calcio della provincia profonda.
Partiamo dal primo dato, il dato decisivo. Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto distano tra di loro meno di 40 km, 36,2 per la precisione. Una distanza “accorciata” dal genio di Costantino Rozzi che negli Anni Ottanta dello scorso secolo partecipò con il proprio Gruppo Industriale alla realizzazione dell'infrastruttura.
Trentasei chilometri che dividono due civiltà due eredi degli antichi Piceni, i popoli dell'entroterra dai marinai. Sono invece 32 i derby fin qui disputati con una statistica a favore della Samb, 14 vittorie contro le 9 dell'Ascoli mentre sono 9 i pareggi. Derby che nell'arco di una settimana diventeranno 34 visto che per uno strano scherzo del destino si gioca quello di Campionato domenica 26 ottobre e quello di Coppa Italia mercoledì 29 ottobre.
Passiamo agli altri numeri. Il Derby delle Marche non si gioca da trentanove anni, dal match del 1° giugno 1986, l'anno dei Mondiali di Maradona. La sfida giocata al Del Duca tra l'Ascoli di Boskov e la Sambenedettese di Giampiero Vitali finisce 0-0. Il risultato aiuta l'Ascoli a salire in Serie A e alla Samb ad evitare la Serie C. Un match che peraltro sollevò mille polemiche per un presunto “biscotto” utile ad entrambe le formazioni per raggiungere i rispettivi obiettivi. Il match di andata, 5 gennaio 1986, era finito 1-1 reti di Barbuti e Fattori.
Entrambe i match furono giocati nel classico orario delle 14.30, quello tanto amato dai puristi del Calcio Vecchie Maniere, quello del match del 26 ottobre 2025.
L'epopea del Derby delle Marche fonda la sua leggenda su tre pilastri tramandati nel tempo e negli anni. Il primo purtroppo è una tragedia umana e sportiva, la tragedia di San Valentino. E' il 14 febbraio 1965, si gioca al vecchio Stadio Ballarin di San Benedetto del Tronto, e il giovane Roberto Strulli, 26 anni è il promettente portiere del Del Duca Ascoli.
Sul finire del primo tempo, in una concitata azione nell'area di rigore ascolana, Strulli si avventa su un pallone respinto dalla propria difesa precedenza, scontrandosi in modo assolutamente fortuito con l'attaccante della Sambenedettese, Alfiero Caposciutti.
L'impatto è tremendo, la mandibola di Strulli colpisce violentemente il ginocchio del bomber della Samb provocando la frattura della mandibola e la conseguente perforazione della base della scatola cranica.
Nonostante i soccorsi e il trasporto immediato all'ospedale di San Benedetto del Tronto, Strulli non riprende conoscenza e muore il mattino dopo, 15 febbraio 1965, dopo ore di coma lasciando la moglie incinta di sette mesi. Fu il primo calciatore professionista a morire in campo in Italia a seguito di uno scontro di gioco. Una tragica fatalità.
Tragedia e fatalità che tre anni dopo interromperanno la carriera di un certo Carlo Mazzone. L'uomo che ha inventato la frase che descrive il Derby delle Marche, “Chi ha giocato Ascoli-Sambenedettese, non ha paura di niente”. Nel derby del 1967-1968 vinto 1-0 dall'Ascoli, Mazzone, al tempo Capitano dei Bianconeri, si frattura la tibia ma nella trance agonistica resta in campo. Un errore fatale, l'osso non si salderà come dovuto. Mazzone giocherà l'anno successivo ancora 4 partite ma le conseguenze dell'infortunio lo obbligheranno ad appendere gli scarpini al chiodo.
Nello stesso match perde la vita Andrea Ritricina, tifoso molto popolare e molto amato, una sorta di Capo Ultras ante litteram, stroncato da un infarto a bordocampo.
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