Il calcio a Venezia

Un reportage per comprendere il calcio nella città della Laguna

a cura di Luigi Di Maso

Andare a vedere una partita del Venezia F.C. sarà, con molta probabilità, l’esperienza calcistica più assurda e affascinante che potrete regalarvi.

D’altronde Venezia viene disegnata nell’immaginario collettivo la città dell’amore per antonomasia insieme a Parigi, non vedo allora perché non debba valere lo stesso concetto per l’amore verso il calcio.

Che a Venezia l’atmosfera e l’esperienza partita sarà diversa da tutte le altre lo si intuisce già nel breve pezzo di viaggio che intercorre tra la stazione di Venezia Mestre e Venezia Santa Lucia, l’ultimo tratto di percorso inevitabile prima di arrivare in città, la parte in cui il binario è praticamente “sospeso” sulla Laguna.

Appena usciti dalla stazione non è raro incrociare subito tifosi che indossano l’iconica maglia del club.

Così com’è molto semplice incrociare la tifoseria organizzata della squadra ospite. È proprio questo che succede il giorno di Venezia – Udinese; davanti la stazione c’è un gruppetto di tifosi friulani che non perdono l’occasione per scaldare le corde vocali con qualche coro prima di incamminarsi verso lo stadio o prima di dirigersi alla fermata del vaporetto 4.2, destinazione “Sant’Elena”.

Sant’Elena è infatti l’isolotto in cui si trova lo stadio Pierluigi Penzo.

Oltre ai tifosi dell’Udinese, una delle prime cose che noto poco fuori dalla stazione è un cane su una gondola. Sì, un cane su una gondola, perché a Venezia il 90% della viabilità si muove via laguna. Bus e auto ci sono con una minima concentrazione in alcune zone della città.

Una delle prime considerazioni che mi vengono in mente sulla città, probabilmente affrettate, di quelle che vengono fuori più per codificare un luogo e sentirsi a tuo agio in fase di esplorazione, è che a Venezia sembra ci siano solo 2 soluzioni climatiche contrapposte: la nebbiolina che dona un fascino malinconico oppure il sole cocente, di quello che ti brucia la pelle ovunque tu sia.

Motivo per cui intorno alle 11 di mattina la scelta ideale è quella del vaporetto. Otto euro circa per il biglietto, tra i 20 o i 40 minuti di tragitto (a seconda dalla linea scelta) e si arriva in Sant’Elena, anche se rimettere piede sulla terra ferma uno stop prima, alla fermata “Biennale” non è mai un’idea sbagliata, così da poter ammirare la location di una delle esibizioni di moda più famose al mondo a praticamente meno di 10 minuti dallo stadio.

Prima di avvicinarsi al Penzo le scelte sono due e sembrano quasi delineare strade differenti per due tipi di target diversi: c’è il welcome point gestito dal Venezia F.C. da una parte, dall’altra c’è il bar “Vecia Gina” dove fare tappa prima del match.

Il primo punto è allestito su un campetto da calcetto underground allestito con calcio balilla, mini-porte con palloni e intrattenimento per bambini e ragazzini. Un luogo dove si respira l’atmosfera di un calcio rilassato, di stampo domenicale e del tutto ospitale per le famiglie.

Non a caso, una delle cose che si nota particolarmente a Venezia nel giorno della partita è la presenza di famiglie. Sembra quasi un viaggio nel tempo, lontano dalle frustrazioni e dall’isteria che attorniano il tifoso mainstream.

Un luogo in cui i bambini possono divertirsi calciando a rete i mini-palloni della Serie A, rigorosamente vestiti con merchandise del Venezia, mentre i genitori possono avere il piacere di incontrare nell’arco del prepartita al welcome point personaggi come il presidente americano Duncan Niederauer o la leggenda del passato Ramiro Cordoba, oggi nel board del club come direttore sportivo.

Entrambi “passano da qui prima delle partite per fare un saluto ai tifosi”, come mi dice Gianluca Santaniello, Business e Area Director del club, anche lui al welcome point a dare una mano, perché, sorridendo mi spiega che “in questa squadra tutti danno una mano a tutti”.

È anche tutto ciò che rende diversa l’atmosfera del matchday a Venezia. Un clima rilassato che fa intuire una cosa: il club antepone i valori, il rapporto diretto con i tifosi, la bellezza estetica e quindi il brand prima del risultato.

D’altronde il Venezia F.C. è passato negli ultimi 6 anni dalla militanza in Serie D, C e B riuscendo in ogni occasione ad attirare lo spazio sotto i riflettori, vuoi per il modello societario, il gioco, l’attenzione all’estetica o per la scelta audace di allenatori come Filippo Inzaghi, Alessio Dionisi e Paolo Zanetti.

Dicevo di due scelte nel prepartita.

Per gli altri, quelli non necessariamente senza bimbi, un bicchiere di Refosco o Merlot da Vecia Gina è quasi un obbligo. A meno di 5 minuti dallo stadio è il posto ideale per respirare le ultime sensazioni e torpori di un match che ha una certa valenza per la rimanenza del Venezia in A. Da Vecia Gina prima della partita quindi, ma senza esagerare che un’ora prima della partita il locale chiude perché:

Abbiamo già dato in 20 anni di partite. A volte ci abbiamo pure rimesso tra vetrine spaccate, tavolini e sedie”.

È una frase che mi colpisce. Mai mi sarei immaginato questa piazza adiacente allo stadio come luogo di tafferugli. Eppure, la facilità di contatto tra le due tifoserie, l’ambiente così ristretto a volte pare si sia rivelato un’arma a doppio taglio. Perlomeno per le vetrine del locale di Gina e di sua figlia.

Il matchday al Penzo

Il Penzo può essere fotografato in un’espressione che lascia poco all’immaginazione: il luogo dove tutto è arancio-nero-verde.

Pensate alle migliaia di passi e alle code stressanti per entrare all’Olimpico, la battaglia per la ricerca del parcheggio ideale al Franchi o al Dall’Ara, il tragitto in metro verso San Siro. Ecco, a Venezia, per andare a seguire una partita del Venezia F.C dovete scordarvi di tutto ciò.

I calciatori arrivano a piedi allo stadio, ora li aspettiamo tanto stanno nell’albergo qui dietro”.

È l’unico stadio d’Italia, e forse d’Europa, in cui non scruterete nessuna macchina o motorini nei dintorni.

Tutto ciò restituisce all’atmosfera del matchday una sensazione provinciale, nell’accezione positiva del termine. La “poesia del calcio”, espressione spesso troppo abusata e riferita a qualsiasi cosa del passato, a Venezia sembra prendere una forma piacevole e sana. Qualcosa che ti cattura e ti proietta in quella che è la dimensione del tifoso e del club:

Comunque vada Forza Venezia, siamo qui per loro” (dove con il “loro”, il tifoso intervistato intende suo figlio che tra l’altro gioca nelle giovanili del club, e il figlio del suo amico).

La dimensione dello stadio, che arriva nei giorni di sold out poco più di 11K spettatori, probabilmente influenza le percezioni, ma in pochi altri stadi d’Italia noterete una presenza così assidua di famiglie, di padri con i propri figli, ovviamente, rigorosamente vestiti con il merchandise del club, che sia la maglia la sciarpa o il berretto nero-arancio-verde;

e su questo il club ha fatto scuola. La maglia del Venezia con Kappa è diventato un caso studio internazionale. Ma ciò che non potevo intuire prima di questa esperienza è l’orgoglio, la naturalezza e accentuata vanità con cui tutti i tifosi amano indossare i simboli del club.

Tra il ritiro dell’accredito stampa e l’ingresso in campo, non prima di aver incrociato tifosi e giornalisti, passa pochissimo tempo. Di fronte all’ingresso ci sono i famosi “ponticini”, perché lo stadio è bagnato dall’acqua della Laguna, e alcune personalità come i parenti dei calciatori arrivano direttamente in barca allo stadio.

Alle 14:10, 50 minuti prima del fischio di inizio di Venezia – Udinese (un’infinità!), lo stadio è decisamente pieno nei vari settori, meno della curva storica del Penzo. Anche questa è una caratteristica che differenzia il matchday del Venezia rispetto alla maggioranza delle altre squadre.

Un po’ per l’ansia dovuta alla posta in palio con l’Udinese, un po’ per la mancanza di spazi e punti di riferimento attorno allo stadio, oltre a quelli descritti poco fa e pochissimi altri, il vero punto di ritrovo a Venezia a ridosso della partita diventa proprio lo stadio e le isolo di ristoro predisposte in ogni settore.

Anche la parte di food e beverage, come tutto ciò che riguarda l’ecosistema nero-arancio-verde, è a misura d’uomo e stona con la versione caotica del centro di Venezia, da Piazza San Marco alle strade e i vicoli verso la stazione.

Col passare dei minuti entrano i tifosi che man mano si uniscono a formare il tripudio e il tributo ai colori del club: il nero-verde e l’arancio ereditato dalla fusione col Mestre. Colori presenti in ogni forma, addirittura anche le targhette delle toilette usate per distinguere il bagno destinato agli uomini da quello per le donne, riportano i colori del club.

Tutto il possibile, in maniera quasi ossessiva all’interno dell’impianto, è brandizzato e colorato con questi 3 colori.

Dalla tribuna centrale si nota però un altro elemento caratteristico: sulla sinistra lo stadio confina con un “porticciolo”, il Diporto Velico Veneziano, sulla destra invece spunta il campanile della Chiesa Parrocchiale di Sant’Elena Imperatrice.

Un gioco di suggestioni molto emozionante per uno stadio che ricorda l’architettura e l’atmosfera di un impianto inglese di Championship, fusa all’unicità di cui solo un posto come Venezia può dotarsi.

Manca ancora qualche minuto all’inizio della partita, ma pochi istanti dopo l’ingresso al Penzo capisci subito che essere lì in una domenica primaverile è un bel regalo da farsi.

Lo Stadio, l’atmosfera.

Prima di salire in tribuna stampa insieme ad un mio caro collega, decido di dedicare qualche altro istante alla visione della curva che ha ormai raggiunto la sua massima capienza.

Donne, uomini, bambini, di ogni età nella curva del Venezia F.C.

Dalle prime fila spuntano i bandieroni che faranno da ornamento alla scenografia per tutta la durata della partita. Quasi tutte le bandiere raffigurano il leone della Serenissima Repubblica di Venezia o più semplicemente la bandiera del Veneto.

Spesso confondibili tra loro dato che la bandiera ufficiale della Regione è ispirata quasi totalmente a quella della Repubblica marinara più famosa al mondo tra il XII e il XVI secolo. Il motivo delle numerose varianti col leone alato che a volte impugna un libro, a volte una spada, è dovuto alla volontà originaria del Doge di non dotare la Laguna di un vessillo standard. Una libertà inaugurata ai tempi della Serenissima che si è tramutata nei decenni successivi fino ad arrivare nella curva del Penzo.

Le bandiere allo stadio del Venezia che rappresentano la città di Venezia, non sono un elemento mai banale; rappresentano l’unica eccezione alla predominanza dell’arancio-nero-verde. I colori qui sono il giallo e il rosso.

In tribuna stampa lo steward ci tiene al rispetto dei posti assegnati perché per ogni giornalista è previsto un pack lunch (brandizzato pure quello) offerto dal club e da alcuni sponsor. Ammetto, non ho girato tutti gli stadi di Italia, ma credo non esista nessuna società calcistica che predisponga il pranzo per tutti i giornalisti in tribuna.

Una delle città più conosciute al mondo e per forza di cose caotiche, rivela un club tra i più accoglienti e “lenti”. Un approccio a misura d’uomo in totale rottura con l’atteggiamento ipercinetico della società e dell’industria contemporanea.

Accogliere è il verbo a cui penso quando noto tantissime bandiere aizzate ai vertici della tribuna opposta. Sono bandiere di diverse nazioni, ognuna, come mi ha spiegato Sebastian Moïse, Global Partnerships Manager del club, rappresenta la nazionalità dei giocatori in rosa.

Venezia è un porto. Per natura un punto temporaneo di approdo, eppure nessuno deve sentirsi lontano da casa sua quando è qui, lo stesso vale per i calciatori. Quest’anno tra le cose, la rosa del Venezia rappresenta un vero melting pot.

Il Venezia F.C. in rosa ha Gianluca Busio. L’italo americano arrivato la scorsa estate in laguna, ha battuto il record di più giovane calciatore a realizzare un gol e un assist nella stessa partita in MLS, detenuto in precedenza da Landon Donovan, giocatore di culto degli anni 2000 quando si pensa al calcio americano e alla sua capacità di fuoriuscire dai confini statunitensi.

O addirittura Francis Tanner Tessmann che porta il club e chi lo segue sui social in una dimensione di calciatore moderno attraverso alcuni dei suoi interessi come il mondo cripto ed NFT in cui Tanner “investe”, come ha comunicato lui stesso su Twitter. Da quando è in laguna, lo statunitense ha realizzato diversi takeover e partecipazioni a podcast come nel caso di B/R Football (“A day off in Venice”) o nel caso di The Only Podcast That Matters™.

Nella sessione di calciomercato di gennaio è arrivato il più iconico degli svincolati: il portoghese Nani, direttamente dall’ultima esperienza in MLS.

La partita contro l’Udinese invece non si sviluppa nel migliore dei modi. Un rigore segnato da Gerard Deulofeu una decina di minuti prima dell’intervallo, il pareggio di Henry quasi al 90’ che sa di punto guadagnato, e poi il gol un secondo prima del triplice fischio di Rodrigo Becão che azzittisce la quasi totalità dei 10.459 spettatori all’interno del Penzo (per dovere di cronaca e per curiosità, un numero di spettatori che ha generato un incasso di 188.377,47 euro).

Poco più di 30 minuti dopo il fischio finale del match, tutta la rosa del Venezia si ritrova fuori dallo stadio ad attendere il vaporetto.

Vige il silenzio quasi meditativo. Alcuni giocatori come Michael Svoboda sono radunati insieme alla famiglia. Un silenzio interrotto dalle grida di qualche piccolo tifoso che prova a risollevare il morale dei suoi idoli e chiedere una foto, addirittura una maglia come recita lo striscione di un bambino scritto in inglese.

I più audaci riescono a strappare un selfie a Matteo Aramu che raggiunge il gruppetto di tifosi affacciandosi ad uno dei ponticini. A nemmeno due metri di distanza mi ritrovo il difensore Cristian Molinaro che fa da vigile e da guida agli altri compagni di squadra perché su ogni vaporetto possono salire solo 10 persone alla volta.

Anche per attimi come questi l’esperienza partita a Venezia è unica. Ribalta tutte le consuetudini al quale il calcio moderno ci ha abituato, e forse, anche per i calciatori, giocare e vivere nei pressi di Venezia cambia qualcosa in loro.

Sulla parte architettonica e strutturale del Penzo.

Nei cento giorni che hanno seguito la vittoria della finale playoff contro il Cittadella, a giugno 2021, si è svolta la prima fase del progetto biennale di restyling condotta dall’architetto Renzo Rolani.

Una serie di interventi costata al club tra i 2 e i 3 milioni di euro, prevista nella concessione esclusiva del Penzo al Venezia rinnovata ad aprile 2021 per una durata di nove anni, fino al 2030. Al club, infatti, è stata affidata la gestione dello stadio, in cambio dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Il primo passo ha incluso l’ampliamento delle curve e del settore distinti, che dal 2016 sono stati rinominati tribuna Solesin (la parte dove sono aizzate le bandiere), in memoria della studentessa rimasta uccisa negli attentati del 2015 a Parigi.

Stadio Pier Luigi Penzo

Inaugurazione:
1913
Proprietario:
Comune di Venezia
Capienza:
11.150 spettatori
Ristrutturazioni:
1925, 1939, 1966, 1980, 1991, 2017, 2021.
Beneficiari:
Venezia (1913-1987, 1991-oggi), Venezia Rugby (fino al 1958).

Arancio-nero-verde: il brand Venezia F.C.

Riconoscenza e voglia di riconoscersi sono altre espressioni che mi hanno fatto venire in mente le ore trascorse a Venezia con il Venezia F.C.

La riconoscenza la trovo in una targa che mi fa notare Sebastiano durante la visita al Penzo due settimane prima della partita, in occasione delle giornate del FAI.

La targa di marmo tiene incisi due elementi: il leone simbolo di pace e una serie di nomi.

I nomi sono quelli dei calciatori venuti a mancare (Mazzola escluso) nella tragedia di Superga e che solo qualche anno prima erano tesserati dal Venezia F.C.

Uomini con cui il club lagunare aveva vinto la prima e unica Coppa Italia nella stagione 1940-1941. Tra i calciatori che si erano distinti appunto Aldo Ballarin, Ezio Loik, Walter Petron e Valentino Mazzola, passati al Torino dopo aver alzato il trofeo in Laguna.

La voglia di riconoscersi come community sparsa nel mondo, e farsi riconoscere per lo stile, si ritrova in tutte le attività di branding realizzate dal club negli ultimi anni.

Mentre scrivo, il Venezia F.C. ha lanciato la Rain Collection 2021-2022 per le domeniche di pioggia sugli spalti. Una collezione composta da quattro oggetti: cappello da pescatore, ombrello, impermeabile e sciarpa. Alcuni tra questi pezzi di merchandise si riconoscono per la dicitura “I Lagunari” e l’indirizzo dello Stadio Pierluigi Penzo, ovviamente, tutto rigorosamente arancio-nero-verde.

Pochi giorni prima invece, il club ha comunicato i risultati ottenuti al cinquantesimo anniversario della fondazione Save Venice. Fondata in risposta alle inondazioni del 1966, l’organizzazione che è partner del club è riuscita a raccogliere più di 2 milioni di dollari durante la serata di gala. Come scrive proprio il Venezia F.C. su LinkedIn, sono stati diversi gli ospiti d’onore, tra questi il presidente del cda della fondazione Lauren Santo Domingo vestito con Oscar de la Renta, brand che ha generosamente sponsorizzato l'evento insieme a Bulgari e Select Aperitivo. Il dj invece era il francese Olivier Meiji ha indossato per l'occasione la quarta maglia 21/22 del Venezia FC. Tutto ciò è avvenuto a New York.

La storia recente dice tutto questo. Il Venezia F.C. è più di una squadra di calcio, un brand che ama associarsi alle grandi firme della moda e dell’estetica ma cha una sua purpose precisa (aiutare la Laguna) e la unisce agli obiettivi di valorizzazione del marchio all’estero, in particolare in America.

La strategia di branding del Venezia verte su due simboli comunicativi ben definiti: la maglia e la fotografia.

Il kit del club in questa stagione ha fatto di tutto per non passare inosservata; la maglia ha creato scompiglio nelle regole rigide imposte da Lega Serie A che non prevede la presenze doppia del logo della squadra sulla maglia. La scelta commerciale ed estetica ha portato alla rottura del rapporto precedentemente in essere con Nike. Ma soprattutto, la maglia del Venezia per la stagione 2021-2022 è diventato un caso studio in tutto il mondo, “piattaforma” per nuove collaborazioni come nel caso della terza maglia e in collaborazione con la ONG “We are here Venice”, e modello di ispirazione per il design dei brasiliani del Nova Venécia.

Quanto alla comunicazione sulle piattaforme, è soprattutto la fotografia a rivelare l’anima del linguaggio del Venezia F.C.

Durante questa stagione abbiamo imparato a conoscere gli account grazie un commento dei match di Serie A fuori dall’ordinario. Un tono di voce più distaccato dalla cronaca morbosa dei mille altri profili di club, che si lascia andare in elogi al gioco degli avversari come capitò contro l’Inter (o tweet polemici come contro l’Atalanta).

È però su Instagram e sulle piattaforme proprietarie come il sito ufficiale che viene liberata al meglio l’attitudine visuale del Venezia.

Quel tono elegante e minimalista. un modello fotografico che ricorda quello delle fanzine e dei primi reportage sul calcio inglese degli anni ’80, senza risultare nostalgico o pesante, oltre a strizzare l’occhio alla pulizia della fotografia Still Life grazie ai giochi di luci e ombre e alla centralità del soggetto protagonista.

Attitude che è culminata nel programma Venezia FC Artists-in-Residency (VFC AiR), il quale sta avendo quest’anno come protagonista il ventunenne street photographer veneziano Eric Scaggiante. Nella stagione precedente invece, quella culminata con la vittoria dei playoff di Serie BKT, l’attività ha dato vita ad un album fotografico che ha raccolto i nove mesi trascorsi a Venezia dal fotografo newyorkese Ethan White.

L’idea di calcio del Venezia raccontata da Ted Philipakos

Non c’è molto da discutere su quanto la città sia unica e sia il più delle volte il “cuore dell’attività” di branding del club.

“Venezia è al centro del nostro marchio. Abbiamo la fortuna di poter prendere ispirazione e rappresentare una delle città più belle e culturalmente importanti del mondo”.

A dirlo è Ted Philipakos, l’attuale Chief Marketing Officer del Venezia .FC.

Gli arancio-nero-verdi in realtà mi attraggono molto per la loro attività di comunicazione social, totalmente in antitesi con tutto ciò in cui credono e predicano gli altri club.

Il Venezia fa un uso tutto suo di ogni piattaforma. Su Instagram c’è un ossessione particolare testimoniabile dal fatto che l’account ad ogni pubblicazione sussegue 3 post a distanza di pochi secondi per non rovinare l’armonia visuale creata dall’alternanza di grafiche e foto. Andate sul profilo IG del Venezia F.C. e verificate con i vostri occhi, probabilmente non ci avete fatto caso.

“Abbiamo un'idea molto chiara per il nostro marchio e non siamo condizionati da quello che stanno facendo gli altri club”.

Soffermatevi a pensare ad un altro elemento molto importante nel mondo dell’industria del calcio e le sue logiche di business. Tutte le squadre di calcio professionistiche potrebbero attrarre pubblico in tutto il mondo grazie all’universalità di linguaggio insita in uno sport come il calcio, e grazie alla possibilità offerta dai social di non avere barriere logistiche. Eppure, nessuna squadra riuscirà mai a soddisfare la richiesta di tutti i tifosi sparsi nel mondo di poter assistere ad una partita dal vivo. Il Real Madrid stimava, prima del lockdown del 2020, la capacità di ospitare solo l’1% dei propri tifosi nel mondo al Bernabeu durante il ciclo di vita di questi ultimi. Motivo che mi ha spinto a chiedere a Ted come si commercializzasse il brand di una squadra con uno stadio da 11K seggiolini come il Penzo:

“Nell'era moderna, le squadre di calcio non sono limitate dalla capacità dello stadio. Giochiamo solo due partite casalinghe al mese e il nostro marchio va oltre l'esperienza della giornata”.

Ho un’idea abbastanza marcata su alcune scelte del Venezia dal punto di vista del calciomercato. L’occhio agli ultimi acquisti è dettato sicuramente da esigenze tattiche, ma messe alla bilancia e contrappesate quasi al pari della spendibilità comunicativa e commerciale di alcuni giocatori. Ted però smentisce la mia provocazione in maniera piuttosto categorica:

“In realtà, questo non è assolutamente corretto. La parte sportiva seleziona i giocatori interamente in base al merito sportivo”.

(Evviva il contraddittorio, penso).

Quali sono i progetti a cui tenete di più legati allo stadio, e quali le collaborazioni focalizzate sul Penzo e la città? Ad esempio, noi ci siamo messi in contatto in occasione delle giornate del FAI organizzate al Penzo durante la sosta Nazionali.

“Le nostre attività non sono solo contenute all’interno dello stadio. Ad esempio, la nostra terza maglia finanzia una donazione come We Are Here Venice (un'organizzazione no-profit focalizzata sulla sostenibilità a Venezia), la nostra quarta maglia finanzia una donazione come Save Venice (un'organizzazione no-profit focalizzata sulla conservazione del patrimonio veneziano) e abbiamo rapporti con molte altre organizzazioni comunitarie e istituzioni culturali della città. Siamo particolarmente orgogliosi del nostro impegno per la città”.

Ciò che dice Ted, infatti, si rispecchia nelle “partnership culturali” del club. Dal FAI – Fondo Ambiente Italiano già citato, che è stato il punto di contatto e incontro che ha dato vita a questo reportage, a quella con MUVE (la fondazione dei musei civici veneziani), fino alle Gallerie Accademia o la Città di Jesolo.

Quella col FAI è una collaborazione che rispecchia bene il legame tra calcio e patrimonio culturale. Il club che indossa la maglia della "città più bella al mondo" è un'occasione per promuovere la Laguna, il calcio italiano e quindi il territorio.

Anche il direttore generale del FAI Davide Usai, che ho avuto il piacere di contattare in merito a questo reportage, conferma quando appena scritto:

“L’Italia è conosciuta in tutto il mondo per il suo patrimonio d’arte e natura ma anche per il calcio, concetti diversi ma radicati nella nostra cultura. L’attività con il Venezia F.C nasce quindi con l’obiettivo comune di sensibilizzare il grande pubblico, attraverso il palcoscenico del Calcio, all'educazione, amore, e conoscenza del nostro patrimonio e paesaggio”.

Venezia e il Venezia F.C. sono realtà uniche per via dell’alto livello di differenziazione da altri club e progetti legati al calcio.

Il destino commerciale del Venezia dipende poco dalla categoria di appartenenza. L’attività di branding del club è unica quasi quanto la sua Laguna e l’intera città di Venezia.

Andare a vedere una partita del Venezia F.C. sarà, con molta probabilità, l’esperienza calcistica più assurda e affascinante che potrete regalarvi.

Per approfondire