PROFILI | Sergio Ramos: l'arte della leadership

La “despedida” di Sergio Ramos segna la fine di un’era: ennesima storia d’amore che sembrava non potesse finire mai e che invece le dinamiche e le abitudini del calcio moderno hanno sgretolato ancora una volta.

Sergio Ramos

La frase, ormai banale, “le bandiere non esistono più” è scontata quanto realistica. Concetto che definisce oggi il mondo del calcio e dello sport.

Sergio Ramos lascia il Real Madrid dopo ben 16 stagioni consecutive. In fondo, i 25 milioni spesi dal club per acquistarlo dal Siviglia nel 2005, son stati un investimento a dir poco ottimo. Ramos si leva dal braccio la fascia del Real Madrid ma non appenderà gli scarpini al chiodo. Continuerà la sua carriera lì dove troverà stimoli di varia natura: sportivi, economici e di vita.

L’addio di Sergio Ramos ai Blancos sembrava impossibile, ma il mondo del calcio va veloce e i sentimenti vengono scavalcati (per non dire calpestati): un calciatore va, un calciatore viene.

La conferenza stampa ufficiale del saluto di Sergio Ramos è, per chi si occupa di comunicazione, un qualcosa da vedere e dal quale prendere spunti e appunti. Alla seconda domanda ricevuta l’ex capitano ha voluto subito sottolineare che: “Non è stato assolutamente un discorso economico ma di durata di contratto: io ne volevo due mentre il Club mi ha offerto una sola stagione.”

Come in ogni cosa, la verità non possiamo conoscerla ma, al massimo, intuirla. Certo, la dinamica della trattativa che è emersa è stata alquanto particolare. Dopo varie “chiacchierate”, Ramos avrebbe accettato la proposta di un anno di contratto con riduzione dell’ingaggio da parte del Real Madrid. Peccato che questa proposta a quanto pare aveva un termine di scadenza di cui Ramos (e il fratello agente) dice di non esserne mai stato a conoscenza. Un nodo complicato da sciogliere, tanto che ha portato alla separazione definitiva.

La rueda de prensa è stato un mix tra tristezza, tensione e orgoglio. Ramos ha sempre mostrato fierezza, senso di appartenenza, voglia di combattere e lottare fino alla fine. In alcuni casi arroganza. È stato lui stesso a definire il suo percorso al Real Madrid con un concetto che ne descrive bene il modo di essere e agire: “Se dovessi definire con una sola parola la mia avventura al Real Madrid utilizzerei il termine “purezza”. Dal primo giorno che sono arrivato qui per mano con i miei genitori, ho sempre dato tutto, ho lasciato l’anima in campo ad ogni partita cercando di dare l’esempio. Mi sono mostrato così come sono, con pregi e difetti, ma senza mai tirarmi indietro o fingere di essere un altro. Ho vinto tanto ma mi piacerebbe che i tifosi del Real Madrid mi ricordassero in primis come una persona integra e poi come un campione”.

Schietto, orgoglioso, anche nell’ultima conferenza stampa ha voluto confrontarsi, parlare in maniera diretta e senza peli sulla lingua, chiarendo ogni dubbio o problema anche con i giornalisti che ne hanno narrato e giudicato prestazioni ed atteggiamenti, come giusto che sia, nel bene e nel male. Hanno provato a stuzzicarlo per fargli dire di più sulla rottura definitiva con la Società, lui ha risposto così: “Non so se il Club avrebbe potuto fare di più. Nella vita ci sono cose che accadono e che non possono cambiare, non si può tornare indietro. Io non me ne sarei mai andato, ripeto, non è stata una questione economica ma di durata di contratto. Questo però non significa che ce l’ho con il Presidente che per me rappresenta un secondo padre. Non mi sentirete mai andare contro il club. In ogni famiglia esistono delle discussioni che devono rimanere all’interno. Con il tempo ho imparato a non essere rancoroso, sono maturato e cresciuto. Per questo voglio andarmene ringraziando tutti con il sapore della vittorie che hanno contraddistinto la mia carriera qui.”

Non dobbiamo essere noi a dirlo, Sergio Ramos è un vincente: con il Real Madrid, con la Spagna e nella vita. Parliamo di vita perché, guardando la docu-serie a lui dedicata da Amazon Prime, ci siamo resi conto che Ramos è un uomo alla continua ricerca del successo, del risultato, della vittoria. Maniacale nell’allenamento, spietato in campo. Sergio Ramos ha sempre diviso gli appassionati e tifosi di calcio. Non è quel giocatore che ti rimane indifferente: o lo ami o lo odi.

Spesso attaccato dai media per i suoi interventi violenti, ha sempre risposto a tono. In fondo, chi ha giocato a calcio sa che alcune cose accadono ed esistono. Se dici di lasciare l’anima in campo, la lasci sino in fondo anche entrando duro sull’avversario. Non stiamo giustificando alcun suo intervento, ma raccontando ogni sfumatura del suo modo di essere e di affrontare vita e partita. Se ne dobbiamo analizzare il profilo, anche questo aspetto va analizzato. Uno degli episodi più noti e contestati fu quello nella Supercoppa 2020 contro l’Atletico Madrid quando intimò al compagno di squadra Valverde di “abbattare” Alvaro Morata involato da solo verso la porta dei Blancos. Risultato? Fallo da ultimo uomo, espulsione per l’uruguayano del Real Madrid, partita che rimase sullo 0-0 e vittoria finale di Ramos &co. Una scelta poco etica, ma molto efficace.

Un altro episodio al limite fu il fallo su Momo Salah nella finale di Champions League 2018. Ramos in un contrasto trascinò il suo avversario a terra causandone un infortunio al braccio e l’uscita dal campo. C’è chi dice che fu volontario (la maggior parte di critica e pubblico) e chi il contrario. Lui, alla fine dell’ennesima finale vinta commentò così: Ci manca solo che Firmino dica che era raffreddato per colpa di una goccia del mio sudore cadutagli addossoSul contatto con Salah invece hanno montato un caso ma se si guarda bene l'azione è stato lui ad afferrarmi per primo il braccio, poi io cado dall'altro lato e lui si fa male all'altro braccio ma accusano me di averlo atterrato con una mossa di Judo. Con Salah ho parlato dopo il match via messaggio e stava abbastanza bene, alla fine avrebbe potuto continuare a giocare con un'infiltrazione come ho fatto io in tante occasioni. Evidentemente se qualcosa la fa Sergio Ramos, che gioca nel Real e vince per tanti anni, tutto viene visto in una maniera differente”.

Rude, irriverente, come già detto schietto, in questo caso ironico.

Per descriverne profilo e peso specifico prendiamo in prestito le parole di Giorgio Chiellini, offrendovi un terzo punto di vista: "Possono dire che sia impulsivo, che abbia poco senso tattico, che sia colpevole di 8-10 gol subiti ogni stagione ma ha due caratteristiche che nessun altro ha come lui. La prima è che sa come essere decisivo nelle partite importanti, con interventi al di fuori di ogni logica e provocando infortuni con astuzia diabolica. Quello su Salah fu un colpo da maestro. Lui, il maestro Sergio, ha sempre detto che non fosse sua intenzione provocare un infortunio, ma quando cadi in quella maniera e non lasci la presa, sai che nove volte su dieci rischi di rompere il braccio al tuo avversario. Senza di lui stelle come Varane, Carvajal e Marcelo sembrano ragazzi della Primavera e il Real Madrid si trasforma in una squadra indifesa".

Nella sua carriera tante espulsioni, atteggiamenti sicuramente non esemplari, scontri ed entrate al limite ed oltre. Ramos nel tempo è cresciuto, ma è dovuto passare, per sua colpa, attraverso tanti cartellini rossi e critiche per far crescere le proprie spalle, per formare il suo carattere, capace di rispondere sul campo ed ogni tanto fuori a chi lo ha accusato di non essere un modello da seguire in questi anni. Nella conferenza di addio, ha sottolineato: Quando uno compra Sergio Ramos, acquista un “marchio” con i suoi pregi ed i suoi difetti. Sono sempre stato consapevole dei miei limiti ma al tempo stesso certo di esser una persona coerente come me stesso e con gli altri”.

Andando oltre i difetti caratteriali che ognuno ha, Sergio Ramos è una leggenda. Arrivato da ragazzino a Madrid se ne va da Gran Capitan. La reazione dei social, lo dimostra.

LaLiga, ad esempio, ne celebra sui propri account ufficiali la grandezza, l’immensità del campione che è stato per oltre 17 anni. Uno  dei “marchi di fabbrica” del campionato spagnolo, delle attrazioni più grandi, una delle stelle utili a diffondere il brand all’estero, non solo del club ma dell’intero sistema del calcio spagnolo. Altra celebrazione social è stata inevitabilmente quella dei canali ufficiali della Champions League, conquistata ben 4 volte da Ramos. E poi a seguire la FIFA e tanti altri campioni che ne hanno disegnato la grandezza ed il rispetto conquistato sul campo.

Un rispetto dato anche dalla parte contrapposta al Real Madrid, ovvero dal Barcellona.

Uno scontro continuo, senza esclusioni di colpi, che ha però dato valore alla sua carriera. Un confronto-scontro continuo che ha aiutato a far nascere la sua leggenda, scudiero fiero dei Blancos che ha risposto con un “no rotundo” ad un giornalista che provocatoriamente gli ha chiesto nella conferenza stampa di saluto se potesse prendere mai in considerazione una proposta-offerta del Barcellona.

Un qualcosa davvero di fantascientifico visto che Ramos, nel tempo, non si è risparmiato nemmeno sulla questione Spagna – Catalogna, rimproverando, ad esempio, il compagno di squadra in Nazionale ed avversario in Campionato, Piqué dopo un tweet in favore dell’indipendenza catalana: "Ognuno di noi è libero di dire ciò che pensa, sebbene come capitano devo preoccuparmi dell'atmosfera della Nazionale e Gerard sapeva cosa stava facendo. Questa cosa potrebbe causare un frattura nella squadra una settimana prima delle due cruciali partite di qualificazione ai Mondiali di Russia 2018. Il tweet non è stata la cosa migliore se non vuole essere fischiato".

Parole da leader e Capitano, non da politico. Una carriera che continua, ma un capitolo importante del calcio internazionale che si chiude. Un altro duro colpo per i nostalgici o ultimi romantici. Sergio Ramos è stato questo e molto di più: uomo, campione, leggenda del Real Madrid.

Vanto per i puoi tifosi, nemico per molti altri. Guida e leader da seguire per la Spagna. Si volta pagina e se ne scrive un’altra, nell’attesa che lui rispetti la promessa con la quale ha chiuso la conferenza stampa di addio: “Questo è semplicemente un arrivederci, tornerò!”.


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