LaLiga firma un record da 6,135 miliardi € per i diritti TV domestici 2027-2032 (+9%), avvicinando la Premier e distanziando Serie A/Bundesliga
(Foto di Gualter Fatia/Getty Images)
In un colpo solo, LaLiga spagnola si conferma il rivale più agguerrito della Premier League inglese, siglando intese da capogiro sui diritti televisivi nazionali che superano i 5 miliardi di sterline. L'annuncio proietta il massimo campionato iberico in una dimensione di crescita impensabile, con un ciclo 2027-2032 che segna un balzo del 9% rispetto agli accordi vigenti. Sommati ai contratti internazionali, questi introiti sfiorano i 1,95 miliardi di euro a stagione, un tesoretto che proietta LaLiga ben oltre il 50% in più rispetto ai ricavi di Bundesliga tedesca e Serie A italiana – quest'ultima ancorata a un pacchetto da 4,5 miliardi di euro fino al 2028, pari a 900 milioni annui. Eppure, resta solo la metà del bottino della Premier, leader indiscussa del mercato globale.
Questo exploit arriva in un panorama europeo segnato da un declino generalizzato dei valori mediatici per i tornei minori, dove solo le élite resistono. Il motore del rinnovamento? Un potenziamento strategico da parte di DAZN, il colosso dello streaming sportivo, che ha gonfiato i suoi investimenti per accaparrarsi una fetta paritaria delle partite clou, inclusi i sacri El Clásico tra Barcellona e Real Madrid. Al fianco del gigante nazionale, proprietario di O2, spicca Telefónica: il loro sodalizio ha generato un accordo da 5,25 miliardi di euro per i diritti residenziali della Liga EA Sports, con un valore totale domestico che tocca i 6,135 miliardi di euro – inclusi pacchetti per hospitality, LaLiga Hypermotion (la serie cadetta) e contenuti free-to-air. DAZN e Movistar Plus+ (di Telefónica) si spartiranno equamente i match: cinque a testa per giornata, circa 190 a testa per stagione, con un incremento del 6% sui soli diritti residenziali top-flight.
"La continua crescita e i record raggiunti da LaLiga sono particolarmente significativi", ha detto Javier Tebas, presidente della lega, in un comunicato ufficiale. "In un contesto nazionale e internazionale complesso, assicurarsi oltre 6,135 miliardi di euro in diritti domestici e una crescita complessiva del 9% – pari a più di 500 milioni rispetto al ciclo precedente – è un'ottima notizia per la sostenibilità finanziaria dei nostri club e per il futuro del calcio professionistico spagnolo". Tebas, avvocato e artefice della centralizzazione dei diritti TV dal 2013, ha sempre puntato su un modello equo e trasparente, che ha trasformato LaLiga in un colosso da oltre 1 miliardo annuo solo in Spagna.
Non solo per i club: l'upgrade è manna dal cielo per CVC Capital Partners, il fondo che nel 2021 ha iniettato 1,75 miliardi di sterline in cambio dell'8% dei ricavi commerciali e mediatici di LaLiga per mezzo secolo. Questo flusso extra rafforza il ritorno sull'investimento, in un'operazione che ha già iniettato liquidità vitale per la ripresa post-pandemia. L'incremento, però, non è magia pura: poggia su rincari sostanziali delle tariffe per bar, ristoranti e altri pubblici esercizi (il settore HORECA), oltre a un'espansione dei diritti per LaLiga 2, che contribuiscono al +9% complessivo. Il solo contributo di DAZN e Telefónica? Un solido +6% sui core rights.
Nota informativa:
— LALIGA (@LaLiga) December 23, 2019
Javier Tebas es proclamado oficialmente Presidente de LaLiga para los próximos cuatro años.
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Mentre i riflettori si accendono sui TV rights, LaLiga deve digerire l'amaro in bocca per il flop del piano "Miami Dream". L'idea di disputare una gara di regular season – Barcellona contro Villarreal, in calendario per il 20 dicembre – negli Stati Uniti era un'arma a doppio taglio per gonfiare i ricavi globali, stimati in 5-6 milioni di euro a testa per i due club. Eppure, il progetto è saltato all'improvviso, con LaLiga e il promotore Relevent che hanno gettato la spugna citando "tempo insufficiente per i preparativi" e un'ostilità diffusa da giocatori e società. Nonostante il via libera della UEFA – che, pur esprimendo opposizione iniziale, ha ritenuto le norme FIFA non ostative al match – le proteste hanno travolto tutto. Calciatori di tutte le squadre (eccetto Villarreal e Barça) hanno boicottato simbolicamente le ultime giornate, ritardando l'inizio delle partite di 15 secondi in campo, in un coro di dissenso orchestrato dall'Associazione Calciatori Spagnoli (AFE) e dalla Federazione (RFEF). Tifosi e club minori hanno urlato al "tradimento" della tradizione, temendo un precedente che snaturi l'essenza del torneo. "Si rammarica profondamente che questo progetto, un'opportunità storica per l'internazionalizzazione del calcio spagnolo, non possa andare avanti", ha chiosato LaLiga in un nota ufficiale, ribadendo l'impegno per mercati chiave come gli USA senza violare regole. Non è la prima botta: un tentativo simile era fallito anni fa per veti federali. Ora, con l'ok unanime dei club (tranne il no isolato del Real Madrid al TV deal), LaLiga guarda avanti, ma il capitolo Miami resta un monito: la globalizzazione ha i suoi prezzi, e non sempre in euro. In questo scacchiere, LaLiga non solo resiste alla marea calante dei diritti europei – guardate alla Ligue 1, ridotta a briciole da 80,5 milioni annui dopo il crollo del suo broadcaster – ma accelera, pronta a rosicchiare quote alla Premier. Per i nostri colori? Un campanello d'allarme: la Serie A deve correre, o rischierà di perdersi nel gruppetto di mezzo.