Il black out delle 15:00 in Premier League potrebbe sparire entro il 2029

Benefici economici, lotta alla pirateria ed espansione verso un pubblico globale, così la Premier punta rivoluzionare la lega più seguita in Europa e nel mondo

Il calcio inglese, tradizionalista ma sempre pronto a innovarsi, potrebbe presto dire addio a una delle sue regole più emblematiche: il blackout delle 15:00 del sabato. Questa norma, in vigore dal 1992, vieta la trasmissione in diretta delle partite in quella fascia oraria, con l’obiettivo di proteggere gli stadi pieni e sostenere i club minori. Ma con l’evoluzione dei mercati e l'avanzamento tecnologico, la regola appare ormai anacronistica.

Perché esiste il blackout delle 15:00?

Dal suo esordio, il blackout è stato concepito per incentivare i tifosi a frequentare gli stadi invece di seguire le partite da casa. Tuttavia, con l’avvento dello streaming e la crescente globalizzazione del calcio, il valore economico delle trasmissioni ha raggiunto livelli senza precedenti.

Attualmente, il contratto di diritti TV della Premier League con Sky Sports e TNT Sports ha un valore complessivo di 6,7 miliardi di sterline per il quadriennio 2025/26-2028/29. Dati alla mano, nel 1992 il primo accordo con Sky valeva appena 304 milioni di sterline. Questo evidenzia la trasformazione del calcio inglese in un prodotto mediatico di portata globale.

Cosa cambierà?

Con il nuovo ciclo di diritti TV, la Premier League trasmetterà 270 partite a stagione, contro le attuali 200, ma le partite delle 15:00 del sabato resteranno escluse dal pacchetto, almeno fino alla fine del contratto. Secondo alcune proiezioni, eliminare il blackout potrebbe aumentare il valore dei diritti mediatici fino al 20%, un incremento che attirerebbe player globali, come Netflix, Amazon Prime Video o Apple TV.

Un ulteriore elemento a favore di questa mossa è rappresentato dalla lotta alla pirateria, un problema endemico che ha colpito anche in terra anglosassone. Rendendo disponibili tutte le partite, la lega potrebbe così ridurre tale perdita economica e riportare i tifosi sui canali ufficiali.

Ripercussioni economiche

Non tutti trarrebbero vantaggi dalla fine del blackout. L’EFL (English Football League), che rappresenta i club delle leghe minori, ha stimato che la rimozione del blackout potrebbe costare fino a 37 milioni di sterline annui in mancati ricavi da biglietti, benché gli esperimenti di spostamento delle partite fuori dalla finestra delle 15:00 fin qui condotti non abbiano avuto un impatto significativo sulle presenze negli stadi.

Per i club della Premier League, invece, l’eliminazione del blackout potrebbe tradursi in un aumento significativo dei ricavi, grazie alla possibilità di vendere diritti addizionali sia a broadcaster tradizionali sia a piattaforme di streaming. 

Il calcio femminile

Anche il calcio femminile è stato coinvolto nella discussione. La Football Association (FA) aveva proposto di esentare le partite femminili dal blackout, ma si è scontrata con la resistenza di Premier League ed EFL. Questa decisione ha limitato il potenziale di visibilità della Women’s Super League (WSL), nonostante il suo contratto televisivo con Sky e BBC abbia comportato incrementi record - in termini di audience delle partite - rispetto al ciclo precedente.

Verso un futuro senza blackout

Se la Premier League deciderà di abolire il blackout delle 15:00, il panorama calcistico inglese cambierà radicalmente. La lega potrebbe persino decidere di lanciare un proprio servizio di streaming, offrendo tutte le partite in modalità direct-to-consumer (DTC). Questo modello non solo aumenterebbe i ricavi, ma permetterebbe di raggiungere milioni di tifosi a livello globale.

Conclusioni

L’eliminazione del blackout delle 15:00 potrebbe segnare la fine di una tradizione, ma anche l’inizio di una nuova era per il calcio inglese. Tra benefici economici, lotta alla pirateria e l’espansione verso un pubblico globale, questa decisione rappresenta un bivio cruciale. Tuttavia, resta la sfida di bilanciare le esigenze dei grandi club con quelle dei piccoli, mantenendo intatta l’identità del calcio inglese.

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