Dietro le quinte del nuovo Catania

Da Vincenzo Grella a Luca Carra, attuali dirigenti, passando per Bob Liuzzo, designer originario della città siciliana che ha disegnato il nuovo logo, fino ad arrivare al proprietario Ross Pelligra. Abbiamo intervistato i protagonisti del nuovo Catania.

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Sant’Agata, “u liotru” e il Catania: se si dovessero riassumere le tre cose più importanti della città siciliana per il popolo rossoazzurro in tanti sceglierebbero questo terzetto.

Dall’amore per la “santa patrona” della città, che si celebra tra il 3 e il 5 febbraio con un’affluenza di più di un milione di persone tra devoti e curiosi, fino alla figura del “liotru”, l’elefante cui è dedicata la Piazza del Duomo della città e simbolo di Catania.

Nella tradizione popolare fu, infatti, l’animale che scacciò dall’area in cui oggi sorge la città siciliana tutte le altre belve pericolose, facendo in modo che potesse essere presidiata dagli abitanti. È così che nasce in segno di riconoscenza, la statua costruita nella piazza centrale di Catania.

Volendo forzare un ordine di devozione, dietro la patrona della città e l’animale simbolo per il popolo rossoazzurro, al terzo posto si può posizionare il calcio, senza il rischio di un’eventuale smentita.



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Una passione che travolge e assume i tratti di una veemenza quasi sudamericana.

Un accostamento assolutamente non forzato, che in realtà torna utile spesso nel racconto della storia del Catania e che ha saputo attrarre negli anni tanti calciatori nel capoluogo siciliano.

Professionisti che hanno trovato a Catania una sorte di antidoto alla nostalgia per il loro paese d’origine.

La storia del calcio a Catania

La storia del Catania Calcio, o per meglio dire oggi del calcio a Catania, trova un passaggio di svolta negli anni ’50 con la prima delle 17 partecipazioni complessive nel campionato di Serie A.

Momenti rimasti leggendari, come l’iconica espressione “Clamoroso al Cibali” del 4 giugno 1961 attribuita (forse erroneamente) a Sandro Ciotti durante un Catania-Inter terminato 2-0 per i siciliani e che determinò (tra mille polemiche per una vittoria prima assegnata a tavolino di uno Juve-Inter poi fatto rigiocare) la vittoria dello scudetto per la Juventus.

Una frase che è entrata di diritto nel gergo calcistico per indicare una partita intrisa di stupore, terminata con un esito inatteso.

È nel 1969 che il calcio a Catania trova in un personaggio iconico il perfetto rappresentante di un romanzo calcistico rimasto indelebile nella mente dei tifosi catanesi e non solo: il Cavaliere Angelo Massimino, a cui tutt’ora è dedicato lo stadio della città.

Massimino ricoprì la carica di presidente in tre periodi diversi della storia del club rossoazzurro, dal 1969 al 1973, dal 1974 al 1987 e dal 1992 al 1996, anno quest’ultimo della sua tragica morte in un incidente stradale sulla Catania-Palermo.

Un totale di 25 anni di presidenza che è ancora oggi il periodo di presidenza più lungo nella storia della società.

Un rapporto, quello di Catania con il calcio, che arriva fino agli anni 2000 e alla magica squadra capace di stupire in Serie A con un legame forte proprio con quei sudamericani, specialmente argentini, che nella città siciliana riuscivano a rivivere quella passione e affezione tipica del loro paese.

Dal "Papu" Gomez al "Pitu" Barrientos, passando per “El Galina” Maxi Lopez e “El Toro” Bergessio, senza dimenticare anche Diego Pablo Simeone che sulla panchina del Catania si è fatto conoscere, prima di guadagnarsi l’approvazione e la stima del calcio europeo.

Una città e uno stadio che non restano impassibili al grande talento, anche quando questo vestiva la maglia avversaria. Come accaduto nella stagione 1983-1984 in un Catania-Udinese finito 0-2 per i friulani durante il quale il Cibali tributò un lungo applauso alla classe di Zico.

E lo stesso brasiliano ricorda quel momento con emozione e ammirazione: <<In quella partita si verificò un episodio che non mi era mai capitato in carriera: dopo il mio gol i tifosi avversari mi tributarono un lungo applauso che per me resta qualcosa di indimenticabile>>.

Una città che ha fame di calcio e di talento. Una città che, dopo anni bui e il fallimento, ha ritrovato l’entusiasmo grazie all’arrivo di una nuova proprietà e alla passione di quasi 12mila abbonati in Serie D.

Un dato sbalorditivo che ha battuto il record detenuto dal Palermo e che ha portato i rossoazzurri a superare per numero di abbonamenti sottoscritti la metà dei club di Serie A e diciotto squadre su venti in Serie B.

L’avvento della nuova proprietà

"ll sindaco facente funzioni, Roberto Bonaccorsi - si legge nel comunicato dell'amministrazione comunale - al termine di una attenta comparazione fra i cinque progetti candidati a rappresentare la Città di Catania a un campionato della LND, ha ritenuto di individuare, tra le candidature pervenute, quello proposto dalla società rappresentata dal Dott. Dante Scibilia. Il progetto del Gruppo Pelligra è stato ritenuto quello più adatto a soddisfare le aspettative della Città di Catania, in termini obiettivi, di mezzi economici-patrimoniali e di sviluppo infrastrutturale sportivo".

Con questa nota diramata dal Comune della città di Catania, Ross Pelligra, leader mondiale con la sua azienda nella pianificazione generale e nella progettazione edilizia e urbana, è diventato la scorsa estate a tutti gli effetti il nuovo proprietario del Catania.

Con Pelligra ci sono anche Vincenzo Grella e Mark Bresciano, suoi amici ed ex giocatori di Serie A, oltre che advisor in questa nuova esperienza per l'imprenditore che in quei giorni di luglio in un’intervista a Sky aveva dichiarato: <<ho il Catania nel sangue e voglio il club per questo e perché siamo consapevoli delle potenzialità della città, che è tra l’altro la città d’origine della mia famiglia. Vogliamo un club per la gente di Catania e per le sue generazioni future. Chi ne sarà coinvolto lo farà non soltanto per interesse personale ma anche per la gente. Da uomo d'affari devo badare al profitto, ma la priorità, la nostra 'mission' sarà garantire al club un futuro sostenibile>>. 

L’arrivo di Ross Pelligra, il nuovo proprietario del Catania

L’avvento a Catania di Ross “Rosario” Pelligra ha iniettato nelle vene del tifo catanese quell’entusiasmo euforico e quasi cieco, tipico dell’arrivo di una nuova proprietà.

Pelligra è Presidente della Pelligra Build Pty Ltd, azienda australiana che si occupa di imprenditoria edile da più di sessant'anni ed è sempre stata gestita dalla sua famiglia.



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Oggi vive in Australia ma non ha dimenticato le sue radici considerando che la mamma è nata a Catania e la famiglia si è trasferita in Australia seguendo il nonno, fondatore dell’azienda che oggi Ross guida.

Un imprenditore che, tra le cose, ha già investito nello sport essendo proprietario di diversi club in Australia, tra cui l’Adelaide Giants, squadra di baseball, e Adelaide Lightning, club della pallacanestro femminile.

Tramite il suo gruppo sta provando a rilevare anche le quote dell’Adelaide United, club calcistico che milita in prima divisione, con il quale il Catania potrebbe sviluppare una sinergia nel caso l’affare venga portato a termine.

Una visione imprenditoriale molto chiara quella di Rosario Pelligra che forza molto la mano sul concetto di sostenibilità e di progetto a lungo termine.

<<Tutti i club sportivi perdono soldi e tradizionalmente hanno sempre perso soldi. Il motivo per cui perdono soldi sta nel fatto che sono troppo pesanti in termini di costi, di gestione e non fanno crescere i propri talenti. Noi vogliamo sviluppare e far crescere i nostri giocatori e investire su quello che le squadre di calcio necessitano: strutture di allenamento, strutture mediche, alloggi e infrastrutture>>, ha detto Pelligra nei giorni del suo insediamento.

<<I prossimi cinque anni saranno dolorosi sotto il punto di vista economico-finanziario perché perderemo, o per meglio dire investiremo, un po' di soldi nel tentativo di creare un ritorno sull’investimento. Per me questa è una strategia di 10 o 20 anni. Il piano a lungo termine non è diverso da quello di qualsiasi altra azienda>>.

Idee chiare e decise, che si sviluppano e rafforzano grazie ad una figura conosciuta a livello italiano grazie ai suoi trascorsi in Serie A: Vincenzo Grella, una vita da mediano che adesso si è spostata dietro una scrivania, quella della squadra e della città siciliana.

Vincenzo Grella, dal centrocampo alla scrivania

Uno dei personaggi fondamentali del nuovo Catania è certamente l’Amministratore Delegato Vincenzo Grella, l’australiano che abbiamo imparato a conoscere con le maglie di diversi club di Serie A addosso.

È stato proprio lui uno degli artefici dell’arrivo di Rosario “Ross” Pelligra in terra siciliana e ci racconta come nasce l’idea di investire sul Catania e su Catania.



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<<Il mio rapporto con Rosario Pelligra nasce tramite un amico in comune, Mark Bresciano, che ha avuto modo negli anni passati di fare delle operazioni immobiliari insieme a Pelligra in Australia.

Man mano siamo entrati più in confidenza e prima della pandemia Rosario aveva fatto qualche viaggio in Italia per cercare nuove opportunità per la sua azienda. In queste occasioni gli è stato proposto l’acquisto di qualche squadra che lui ha preso in considerazione insieme ai suoi advisor.

Bresciano faceva sempre un passaggio con me per avere più informazioni dei vari club perché vista la mia presenza in Italia davo dei miei giudizi, anche se superficiali visto che bisognerebbe entrare nei dettagli per darne di più professionali.

Mi era stato chiesto solo questo ma col passare del tempo il rapporto con Rosario si è intensificato.

Ad aprile dello scorso anno Mark aveva invitato me e Rosario a vedere una partita insieme ed era il momento in cui City Football Group stava per acquisire il Palermo.

Da lì, e da una battuta fatta da Bresciano, nasce l’idea di approfondire la situazione di Catania perché secondo lui in Sicilia Palermo e Catania sono club importanti e di grande potenziale.

Abbiamo cominciato a raccogliere informazioni su un investimento che per Ross Pelligra è sin da subito apparso come interessante e poi ci siamo trovati a Catania per fare un sopralluogo e capire meglio le condizioni.

Le sensazioni sono state da subito molto positive e abbiamo deciso di portare a termine questa operazione insieme>>.

Vincenzo Grella vive in Italia da ormai più di vent’anni e ha vissuto sul campo i primi anni 2000 del calcio italiano al top in Europa e il percorso che poi l’ha portato dietro grandi potenze come Premier League e LaLiga: oggi cosa vuole portare Pelligra dall’Australia?

<<L’aspetto più importante su cui vuole concentrarsi il Presidente - dice Grella - è di far capire che l'investimento sulle infrastrutture è fondamentale per avere una società sportiva efficiente, gestibile e sostenibile sotto il profilo economico.

Senza infrastrutture adatte i conti sono difficili da far tornare. Non impossibile ma molto difficile. Io penso che lui sia un imprenditore che crede molto nell'investimento, non solo sulle infrastrutture ma anche sugli individui e le professionalità giuste che possano permettere un’amministrazione del club sana ed efficiente>>.

Il concetto di “sostenibilità” è uno di quelli che torna spesso nei discorsi programmatici del proprietario Ross Pelligra.

<<In Italia oggi viviamo una situazione difficile. L’efficienza di una società sportiva è forse un concetto che deve essere necessariamente richiamato e non faccio riferimento solo al Catania ma a tutto il calcio italiano>>.

Sotto il profilo della sostenibilità si gioca probabilmente la partita per accorciare il gap tra il nostro calcio e i top campionati a livello europeo, come suggerito anche dall’analisi del Presidente del Catania.

<<Per parlare di sostenibilità bisognerebbe prima parlare di investimenti. Non c'è mai la certezza che questi investimenti portino il risultato, ma è invece certo che quando hai bravi professionisti che hanno una certa esperienza e un buon know secondo me diventa tutto più gestibile e si possono controllare meglio le spese fatte per ottenere il risultato>>.

Sono 24 gli anni trascorsi in Italia, con Empoli che ha rappresentato il punto di partenza della tua carriera nel nostro Paese. Proprio l’Empoli, come progetto e idea di calcio, può rappresentare un esempio per il Catania?

<<Quello dei toscani è un modello molto interessante, oltre che un modello che conosco bene. Parliamo di un gruppo di lavoro che ottiene risultati importanti da tanti anni, ancora prima che arrivassi io a giocare in Toscana.

Il Presidente Corsi è molto attento e svolge il suo lavoro con una certa passione. I frutti che lui ottiene sono il risultato di un lavoro svolto insieme ad un ottimo management che ha saputo lanciare talenti come Baldanzi, Viti, Asllani e tanti altri.

La sana passione del Presidente Corsi è la chiave perché lui crede veramente nei suoi giovani. Questo è un modello basato su alcuni concetti che vogliamo portare anche a Catania anche se parliamo di una piazza con altre esigenze, con altre pressioni e con una storia completamente diversa.

Noi dobbiamo rispettare questa storia e dobbiamo conoscerla bene per poi cercare di migliorare dove forse è stato fatto qualche errore in passato>>.



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Oggi Vincenzo Grella è uno dei punti riferimento del nuovo Catania ma è proprio dalla sua esperienza da calciatore che parte la curiosità di sapere la sua impressione sulla città etnea e sui tifosi.

Nella sua carriera in Italia sei stato due volte a Catania da avversario: la prima volta nel 2006 in un Catania-Parma vinto dai siciliani per 2-0 e la seconda nel 2008 Catania-Torino 0-2: che impressione avevi dal campo dei tifosi del Catania e del Massimino?

<<Quando si veniva a giocare a Catania, ma anche in tante altre piazze del sud, il tifo era molto caldo. Da avversario era difficile perché era come se i giocatori siciliani avessero 2 cm in più e una spinta che li portava a dare tutto. In questa piazza c'è passione, c'è vero tifo, c'è senso di appartenenza e per me era sempre bello giocare queste partite anche per le caratteristiche che avevo (ride, ndr)>>.

Dalla chiacchierata fatta con il presidente del Catania, ho avuto la sensazione che ci sia la volontà di costruire qualcosa di importante con progettualità e intelligenza, senza fare, come sottolinea anche l’ex centrocampista australiano, “il passo più lungo della gamba per non correre il rischio di fare un passo sbagliato”.

Una vita da mediano come cantava Ligabue, per una carriera in cui Grella è riuscito a collezionare 6 assist in Serie A, e uno di questi con la maglia del Torino contro l’eterno rivale del Catania, il Palermo.

Oggi che assist pensi di aver fatto Vincenzo Grella alla città di Catania portando in Sicilia l’imprenditore Ross Pelligra?

Scommetto che per te non è stato troppo difficile contare i miei assist. A parte le battute credo solo di aver dato al proprietario l'opportunità di vedere che in Italia puoi fare sport e puoi avere un una città che per 90 minuti si ferma per il calcio.

Una città come Catania che fa percepire l'emozione che vivono le persone e sono proprio le emozioni che sono ricordate nella storia. Facendo calcio in un certo modo si può creare una società sostenibile e costruire un valore aggiunto per tutta la città.

Io penso che noi dobbiamo dare a Catania e non ricevere da Catania, avendo senso di responsabilità perché Catania non è del Gruppo Pelligra o di Vincenzo Grella, ma Catania è dei catanesi.

Noi siamo solo dei custodi, delle persone che oggi si assumono la responsabilità di portare questa città e questo club dove meritano di stare.

Mi piace usare la parola “custodi” perché credo riassuma a pieno la volontà di voler fare calcio in una certa maniera, portando avanti la nostra idea. Vogliamo creare un movimento sostenibile e dare gioia alla gente che purtroppo negli ultimi 5-6 anni ha sofferto tanto per la loro squadra.

Questa sofferenza, per come si vive il calcio a queste latitudini, condiziona anche la loro vita di tutti i giorni. Noi vogliamo cercare di farli stare bene per 90 minuti e vivere una settimana di entusiasmo e sensazione positive.

Per essere “custodi” di questa fede e di questa passione bisogna trovare dirigenti seri che non sono necessariamente di Catania ma ci tengono a Catania, perché io non sono di Catania ma ci tengo a Catania e sono disposto a fare grandi sacrifici per far sì che questo progetto vada bene>>.

In quel Torino-Palermo, partita da cui siamo partiti per arrivare al concetto di “custodi del Catania” e che fu giocata allo stadio Olimpico della vittà piemontese, erano presenti circa 18.000 spettatori sugli spalti.

Un numero “esiguo” se paragonato alle presenze che i tifosi rossoazzurri stanno garantendo al Massimino in questa stagione di Serie D grazie ad una base di circa 12.000 abbonati.

Una risposta da parte degli appassionati che non si è fatta attendere in termini di numeri e presenze, una risposta che è stata passionale e focosa. La stessa risposta la si è avuta da sponsor e tessuto imprenditoriale locale?

<<Quando abbiamo fatto i primi incontri con i potenziali sponsor abbiamo parlato della serietà del gruppo, dei progetti e delle idee. Quando sei all’inizio le belle parole possono anche farsi portare via dal vento (anche perché nei mesi precedenti Catania era stata inondata di belle parole da tanti potenziali acquirenti, ndr).

Noi abbiamo cercato di costruire una nostra credibilità anche se avevamo poco tempo e non nascondo che qualche dubbio c’è stato e c'è. Il valore che noi diamo al club è stato molto alto sin dall’inizio perché già dai tempi delle chiacchierate in Australia vedevamo questo grande potenziale e abbiamo sempre pensato che questo può diventare un grande club.

Questa nostra idea però doveva sposarsi con la nostra capacità di convincere piano piano, e con i nostri modi di fare e interagire, il tessuto economico locale e territoriale per convincerli della serietà di questa proprietà e di questo progetto.

Non ci siamo presentati come i professori arrivati a spiegare ai catanesi come devono fare calcio ma vogliamo provare a farlo con grande rispetto delle persone e soprattutto ascoltando, riflettendo e prendendoci la responsabilità delle nostre decisioni. Come ho detto prima siamo “custodi” e come tali dobbiamo comportarci, portando avanti le nostre idee e interagendo con la città>>.

Lo sviluppo del Catania passa dal campo ma anche dalle idee che il management sarà in grado di portare fuori dal rettangolo verde.

In un calcio che è sempre più entertainment l’approccio della proprietà Pelligra può rappresentare un input fondamentale per sviluppare anche una serie di attività legate alla crescita di canali commerciali e comunicativi che l’esperienza australiana può potenziare.

Un contesto da valorizzare realizzando magari una media house dedicata al Catania che possa anche raccontare il legame col territorio e con i catanesi sparsi nel mondo.

Oltre che mantenere viva una storia calcistica che, anche se in qualche modo sepolta giuridicamente dal fallimento di una matricola, resta viva nelle menti e nei ricordi dei tifosi rossoazzurri e dei calciofili.

<<Le idee di sviluppo - dice Grella - per il club sono tante e la volontà della proprietà è di costruire una società forte che può competere al top livello del calcio italiano.

Per fare questo senza dubbio c’è la necessità di lavorare su più fronti e Rosario Pelligra porta tante delle sue idee come grande imprenditore per avere una struttura moderna e una società che riesce a far sentire partecipi a questo progetto tutti i catanesi sparsi nel mondo.

Per avere questa ambizione abbiamo bisogno di un team di lavoro importante che sia in grado di mantenere il contatto con la Catania in giro per il mondo e far sentire i tifosi parte della nostra famiglia anche quando vivono dall'altra parte lontano dalla città.

Questo è un progetto che la società ha voglia di intraprendere e metteremo le persone giuste che possano sviluppare questo programma perché il nostro club vuole essere sempre all'avanguardia>>.

Visione, progettualità, passi ponderati e idee. Una serie di input e valutazioni che provengono dalla proprietà di cui l’ex centrocampista australiano si fa garante e protagonista in prima linea.

Progetti, programmi ma anche sogni: qual è il sogno di Vincenzo Grella dopo essere diventato Presidente del Catania dopo una carriera vissuta in mezzo al campo?

<<Sapevo che il mio futuro sarebbe stato ancora nel calcio ma devo ancora abituarmi bene all’idea di stare dietro la scrivania perché avrei ancora voglia di correre insieme ai miei ragazzi. Il calcio è la mia vita e non esiste momento in cui io mi sia stancato di dedicare le mie giornate a questo sport.

Il mio obiettivo come dirigente è di portare questo club più alto possibile e il mio sogno è di portarlo a competere nelle coppe europee se proprio devo spingermi oltre.

I sogni non hanno limiti e quindi quando si parla di sogni si può pensare che l’ottava metropoli d'Italia possa anche ambire a un obiettivo del genere con programmazione, serietà, passione e con la parola che mi piace e che usa sempre Rosario Pelligra, il coraggio.

Il coraggio è una parola che Rosario usa in quasi tutte le frasi e lui è uno che ha un coraggio contagioso. Se saremo in grado di fare le cose con programmazione e intelligenza, e con la serietà e proprio il coraggio che contraddistinguono questa proprietà arriveremo a realizzare i nostri sogni>>.

Il nuovo logo del calcio a Catania, intervista a Bob Liuzzo

Dopo il fallimento della squadra della città, arrivato dopo 75 anni di storia, nella città siciliana è nato un nuovo club: il Catania SSD. 

Insieme ad una nuova struttura e matricola è sorta l’esigenza di associare la rinascita ad un nuovo simbolo che fosse capace di connettere la città, i suoi abitanti e la squadra, per non disperdere uno dei pilastri della cultura locale, il Calcio Catania, diventato negli anni parte dell’identità territoriale.

Per capire al meglio e conoscere nei dettagli la rinascita del Catania non solo sotto il punto di vista sportivo ma anche sotto quello dell’immagine, della comunicazione e del brand, abbiamo intervistato l’ideatore del nuovo logo del Catania SSD.

Stiamo parlando di Giuseppe “BOB” Liuzzo, graphic designer con esperienza anche negli Stati Uniti, docente di Branding nel corso internazionale e coordinatore del corso di Graphic Design presso lo IED di Milano.

Altra caratteristica importante, Bob è nato a Catania. Lui che Catania non l’ha mai dimenticata e che per città del vulcano ha realizzato diversi progetti, tra cui “Catania Project” nel 2015.

<<Un progetto – ci spiega BOB – che non ha a che vedere col calcio. Il mio legame con Catania è sempre rimasto molto forte e ormai da anni portavo avanti questo progetto chiamato “Catania Project” che punta ad essere il simbolo indipendente della città di Catania. Si tratta di un simbolo territoriale che può diventare bandiera o quant'altro e quindi ho molto lavorato negli anni per l'identità di Catania>>.

Un lavoro che lo ha portato poi a collaborare con la nuova proprietà per realizzare il nuovo logo della nascitura società che porta però ovviamente con sé una storia che non si può cancellare nonostante il fallimento.

Il punto principale era quello di mantenere il desiderio di avere l’elefante e le strisce rossazzurre, un punto di partenza di fondamentale importanza soprattutto per mantenere un legame con il passato, ma allo stesso tempo per progettare il futuro del nuovo club.



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Una squadra che è ripartita dalle serie minori ma che, come sottolineato dall’AD Vincenzo Grella vuole raggiungere, il più presto possibile, palcoscenici più ambiziosi.

L’elefante color nero, come la roccia vulcanica, simbolo della città di Catania è stato progettato in modo tale che la proboscide ricordi la lettera C del nome Catania.

Non è corretto, però, parlare di elefante ma bensì di “liotru”. Un simbolo che è inserito nella parte superiore dello “scudo” caratterizzato dal nome della squadra e dalle tradizionali strisce con i colori della città.

<<Durante l'estate il fallimento, con Angelo Scaltriti (responsabile ufficio stampa del Catania) veicolati anche da una terza figura che ci ha messo in contatto abbiamo lavorato a questo progetto per dare al Catania un nuovo simbolo che però rispettasse e riprendesse alcune caratteristiche importanti del precedente. L'elefante, o per meglio dire “U Liotru” è girato e forma questa lettera “C”, con un'ispirazione al vecchio logo ma con la volontà di farlo diventare qualcosa di nuovo>>.

È difficile discernere il professionista dal tifoso, ma è necessario quando sei coinvolto in un progetto come questo. Proprio al professionista BOB Liuzzo chiedo quanto, nella sua esperienza, il rebranding sia visto come una minaccia dal tifoso che non vuole dimenticare i simboli che lo hanno legato sin dall’inizio alla squadra di calcio.

Con una frase possiamo sintetizzare che “il rebranding non piace al tifoso”.

Lo abbiamo visto con Juventus e Inter negli ultimi anni, con un distaccamento dai vecchi stemmi vissuto in prima battuta con un sentiment negativo.

Parlando del Catania, e scusandomi per la “brutalità” della domanda fatta al tifoso del Catania, quanto il fallimento ha facilitato in qualche modo l'accettazione del tifoso verso il nuovo logo o c'è sempre chi dice “ma un giorno forse è meglio tornare a quello vecchio”?

<<Ci sono varie scuole di pensiero – dice BOB Liuzzo. - Devo dire che avevo un po’ di timore che questo progetto non venisse accettato dalla città ma non è successo principalmente per due motivi: perché io come progettista ho un legame con Catania molto forte e anche con chi supportava la squadra e, in secondo luogo, è ovvio che in questo momento ci siano tutti quelli quella filosofia del “Catania non si tocca, rivogliamo il vecchio” ma c'era un fallimento e c'erano anni in cui c'era fame di calcio a Catania. Tutte le persone a me vicine, e me compreso, sono rimaste stupite di come è stato ben accettato.

La maggior parte delle persone, vuoi per la fame di calcio vuoi per la voglia di cambiamento perché Catania è una metropoli che è pronta al cambiamento, l'hanno accolto in una maniera positiva.

Poi c'è uno zoccolo duro, che non bisogna ignorare, ovviamente legato al passato ma ci sono tante nuove visioni che supportano il nuovo simbolo del Catania.



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Infine, parlo per me e non per la società, questo non vuol dire che il vecchio marchio va abbandonato perché comunque si porta dietro una storia che poi è la storia del Catania. Nella mia idea va ripreso e valorizzato, ma forse un vecchio marchio per essere tale deve averne uno nuovo>>.

Una regola della vessillologia, la scienza che si occupa della ricerca, dello studio e della catalogazione di vessilli e bandiere dice “Be Distinctive or Be Related“, quale delle due strade si è scelta per il nuovo simbolo del calcio a Catania?

<<Rispetto a questo o cambi tutto o in qualche modo cerchi di creare un’associazione col precedente. Noi abbiamo cercato di mantenere degli elementi che potessero farci essere <<related>> perché è una forma di scudo tipico del calcio provando ad immaginarci un rapporto padre-figlio.

Il papà vuole che il figlio sia come lui ma poi approva che sia meglio, o meglio differente, da lui. Questo logo si è difeso da solo e lo hanno difeso i tifosi>>, conclude Liuzzo.

Dal Parma al Catania: Luca Carra, l'uomo delle rinascite

Un'altro dei volti del nuovo Catania è Luca Carra, laureato in Filosofia e con un Master conseguito in Management d'Impresa a Bologna.

Carra è stato nominato lo scorso luglio Direttore Generale del Catania SSD dopo essere stato tra i protagonisti fino al marzo 2021 della rinascita del Parma dalla Serie D alla Serie A.

Come avete gestito la transizione dalla vecchia società a quella della rinascita e quali sono state le principali difficoltà per rispondere alle esigenze di una piazza che ha fame di calcio?
 
<<Per quanto riguarda la transizione è stato tutto apparentemente abbastanza semplice per noi: essendo ripartiti da zero, di fatto non abbiamo avuto nessuna interazione con la società precedente.

Questo ovviamente ha comportato poi le difficoltà di dover avviare il lavoro senza nulla tra le mani per creare una startup che in tempi strettissimi (la nostra fase operativa poteva iniziare soltanto dai primi di agosto) potesse rispondere alle complicazioni che inevitabilmente ci sono state nel fare la squadra, nel trovare gli uffici e nel cominciare a creare una struttura in continua costruzione.
 
Grazie alle risorse che facevano parte della vecchia società siamo riusciti ad ottimizzare la conoscenza e l'inserimento nel territorio, assumendo persone che già lavoravano in società e che conoscono bene la realtà del Catania e la città.

Né io né Vincenzo Grella siamo di Catania e per noi era la prima volta in città: avere comunque un appoggio su persone professionali e inserite nel territorio sicuramente ha agevolato il nostro inserimento>>.
 
A proposito di territorialità, la risposta della piazza è stata importantissima e anche sotto il punto di vista della comunicazione delle iniziative avete avuto la capacità di cavalcare questo entusiasmo.
 
<<La risposta è stata indubbiamente eccezionale e un po’ si era capito già dai primi approcci che il Presidente Pelligra aveva avuto sin dal suo arrivo a Catania. Alla prima presentazione allo stadio c'era un entusiasmo palpabile.

Noi vogliamo cercare di fare qualcosa per la società di calcio ma anche per Catania stessa quindi tutte le iniziative che stiamo portando avanti, e che porteremo avanti in futuro, vanno più nell'ottica di restituire qualcosa alla città di Catania.
 
Tutta la disponibilità e l’entusiasmo che noi abbiamo ricevuto nei primi mesi di questa stagione ci piacerebbe poterli ripagare restituendo qualcosa a Catania e in questo senso vanno le attività del progetto “Il Catania per Catania” o le visite nelle scuole per farci conoscere e per permetterci di capire ancora di più quali sono le realtà e le necessità della città
>>.

L’avventura a Catania arriva per Luca Carra dopo un percorso che lo ha visto protagonista della rinascita del Parma dalla Serie D alla Serie A prima raggiunta e poi persa.

A prescindere dalla categoria che analogie ha potuto trovare rispetto a Parma e che cosa vorrebbe portare a Catania rispetto alla sua esperienza al Parma?
 
<<La principale analogia riguarda il dover ripartire da zero: a Parma facevamo le riunioni nei bar, durante i primi mesi. La principale affinità riguarda l'entusiasmo che la piazza ha manifestato: anche a Parma ci fu una risposta veramente eccezionale.
 
Forse, oserei dire, in quel caso era più naturale e prevedibile in quanto la proprietà di allora era composta da 7 imprenditori importanti della città e quindi c'era anche maggiore vicinanza col territorio.
 
Qui a Catania, invece, questo entusiasmo non era così scontato essendo di fatto il presidente Pelligra, nonostante le sue origini, un imprenditore che arriva dall’Australia e quindi tecnicamente distante dalla realtà ambientale catanese.
 
Oltre l’entusiasmo dei tifosi, una delle similarità principali è stata la risposta in termini di disponibilità che abbiamo avuto da tutti: stakeholder, istituzioni e sponsor.
 
Se si riesce a lavorare in sinergia con i tifosi e con tutto il tessuto economico che rappresenta la città, come successo a Parma, si è in grado di raggiungere risultati importanti
>>.
 
Ma qual è, nella testa di Luca Carra, l’ambizione del progetto Catania considerate anche le parole del proprietario Pelligra che ha detto di voler gettare le basi di un progetto che a lungo termine deve portare i suoi frutti.
 
<<Sappiamo tutti che Rosario Pelligra ci tiene a far tornare il Catania su grandi palcoscenici. È chiaro quindi che noi dobbiamo anzitutto progettare e garantire il lavoro per arrivare, non so dire quando perché le tempistiche sono imprevedibili, in Serie A.
 
La cosa ulteriormente importante è che vogliamo arrivarci per rimanere, per diventare una realtà di Serie A e non per fare una presenza estemporanea.
 
La strada per raggiungere questo obiettivo deve prevedere la crescita della struttura societaria, oltre alla valorizzazione del settore giovanile e del territorio
>>.
 
Senza dimenticare l’aspetto infrastrutturale che a Parma ha rappresentato uno dei mantra del lavoro di Luca Carra.
 
<<A Parma il centro sportivo era di proprietà del Parma ed eravamo riusciti a riprenderlo praticamente fin da subito. Questo ci aveva permesso di avere una disponibilità quasi immediata di strutture e di campi superiore a quella che abbiamo oggi per le varie problematiche che esistono: il fallimento del Calcio Catania non ci ha consentito di disporre di Torre del Grifo ed anche altri campi interessanti non sono disponibili al momento.

Stiamo lavorando in questo senso, per poter usufruire di strutture adeguate alle nostre ambizioni e dotare la società di tutto il meglio che ci possa essere da un punto di vista infrastrutturale, non solo per la prima squadra ma anche e soprattutto per il settore giovanile>>, conclude Carra.

Parole quelle del Direttore Generale che confermano la direzione intrapresa dal management che fa capo alla proprietà Pelligra e ribadiscono i punti di attenzione su cui puntano con forza gli investitori stranieri, fondi o imprenditori privati che siano, che arrivano in Italia per investire.

Anche nelle parole dei dirigenti del Catania intervistati in questo approfondimento traspare in maniera evidente la volontà di costruire un modello di business che possa essere sostenibile nel lungo periodo.

Sul concetto di sostenibilità si sono più volte recentemente espressi i protagonisti del nostro calcio, su tutti il direttore dell'Inter Giuseppe Marotta in merito alle strategie dei nerazzurri su input (e necessità) di Suning.

Se da un lato il concetto di sostenibilità nel lungo periodo su cui puntano investitori stranieri è un mantra comune rispetto ai dirigenti italiani, una profonda differenza di vedute e visione è invece riscontrabile nella volontà di investire su settore giovanile e infrastrutture capaci di generare un ritorno nell'investimento anche nel medio periodo.

Una riflessione che il nostro calcio dovrebbe forse fare per rispondere al gap economico creatosi rispetto ai top campionati europei e un passo indietro, ammettendo di essere un campionato di seconda fascia, che ci porti a ripartire con forza per coltivare il talento puntando sullo sviluppo e la crescita di strutture adeguate.

Un percorso quello da intraprendere, sfruttando anche l'arrivo di idee e capitali stranieri, che forse rappresenta l'unica soluzione per tornare ai livelli del grande calcio europeo. 



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