Cosa vuol dire essere una società di servizi per il calcio

Abbiamo intervistato Alessandro Orlandi, fondatore di Studio Assist e Partners che dal 2010 lavora con atleti, società sportive e aziende.

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Da quando il calcio ha ultimato la propria evoluzione da semplice sport di massa a industria di intrattenimento, gli attori in gioco hanno visto aumentare e diventare sempre più complesse le attività extracalcistiche.

Contratti più articolati, rapporti con i brand da gestire, comunicazione personale e diverse attività che gli atleti professionisti devono svolgere quando i riflettori sono spenti. In questo contesto si sono inserite le varie agenzie e società di servizi per il mondo del calcio che hanno accompagnato i professionisti del rettangolo verde nelle attività extracalcistiche.

Una di queste società con una storia più che decennale è Studio Assist e Partner, realtà che abbiamo avuto il piacere di incontrare per organizzare un’intervista con Alessandro Orlandi, fondatore e CEO.

Ciao Alessandro, rompiamo il ghiaccio così: la tua realtà è nata nel 2010 quando il mondo del calcio dal punto di vista della comunicazione, e in parte del calciomercato e degli agenti, era particolarmente diverso. Per questo ti chiedo quale era la tua visione 11 anni fa?

Quali sono le innovazioni che hai apportato in Studio Assist e che sono dovute ai cambiamenti del contesto di questi anni?

"Dal 2010 ad oggi è cambiato davvero molto lo scenario del calciomercato e degli addetti ai lavori coinvolti.

Sin da subito, il nostro modello di riferimento fu quello delle Sports Company anglosassoni e americane, dove il concetto di cura a 360° dell’atleta era già una solida realtà. La volontà di creare un team poliedrico di professionisti sotto lo stesso tetto chiaramente comprendeva come parte fondamentale del progetto, l’area comunicazione. Fino ad arrivare al prolungamento Social & Digital, pochi anni dopo. Ad oggi il nostro team interno, che definisco con affetto la nostra piccola “Media House”, è composta da 5 persone, che creano contenuti personalizzati per i nostri atleti, iniziative di coinvolgimento per la community e activation per i brand con cui lavoriamo".

A proposito di grandi cambiamenti, dopo l’esperienza di Studio Assist nel calcio femminile iniziata nel 2015, avete deciso di creare Assist Women, una nuova struttura completamente dedicata al femminile. Lavorate con molte calciatrici tra le più rilevanti nel panorama del calcio italiano.

Che direzione assumerà il movimento? Pensi davvero che innesti come il Fondo Salva Calcio, lo status di professioniste dal 2022, possano essere strumenti concreti per la crescita definitiva?

"Il nostro percorso nel calcio femminile inizia già nel 2015, prima del trend mediatico post Mondiale del 2019.

Anche in questo caso, ci siamo ispirati a ciò che succedeva all'estero già da tanti anni: professionismo sportivo, visibilità mediatica e attenzione dei brand verso le calciatrici. Abbiamo voluto muoverci in anticipo, con una strategia qualitativa chiara e con perseveranza, in risposta alle mille diffidenze di tanti addetti ai lavori nostrani.

Assist Women, la nuova struttura completamente dedicata al football in rosa, nasce dall’unione di più professionisti di alto livello in ambito sportivo, per dare un reale valore aggiunto alle atlete, oltre che ai club, agli sponsor e al movimento stesso. Al professionismo del 2022 non manca ormai molto e sicuramente il sostegno istituzionale nei primi anni sarà fondamentale, per dare il giusto slancio al nuovo corso del movimento femminile".

Riprendendo proprio il discorso del professionismo, come cambia l’assistenza che deve essere offerta ad un’atleta di calcio femminile? Al contrario, quali sono stati i momenti più difficili, le contraddizioni diciamo, dal punto di vista dell’assistenza, dovuto allo status di non professioniste delle atlete che avete in gestione?

"Il modello di assistenza è sempre a 360°, nel quale diamo parecchia attenzione al marketing personale, alla cura e alla valorizzazione dell’immagine dell’atleta. Strutturiamo dei servizi che possano essere utili alle calciatrici e propedeutici all'arrivo del professionismo sportivo, con un occhio sempre attento all'internazionalizzazione dei profili di valore italiani. Assist Women è un’azienda di servizi per lo sport e non un’agenzia di procuratori, quindi lo status attuale o futuro delle ragazze, non turba o modifica il nostro operato".

Sugli atteggiamenti invece mi viene da chiederti, quali sono le differenze di attitudine tra calciatori e calciatrici?

"Perché giustamente e per fortuna sappiamo che ci sono. Chiaramente gli input economici, e non solo, sono inferiori nel calcio femminile, anche se oramai è considerato una realtà attrattiva da parecchi addetti ai lavori.

Anche per questo motivo probabilmente il tasso di fedeltà/integrità da parte delle calciatrici è molto più elevato rispetto ai colleghi del maschile, a parte alcuni casi isolati e di dubbio gusto. Sicuramente la serenità operativa di poter contare sulla fiducia costante dell’atleta, ci permette di costruire e lavorare su progetti più lungimiranti e ambiziosi".

Allarghiamo la chiacchierata anche a Maria Claudia Celadin, professionista che si occupa della parte di gestione social di Studio Assist e Partner e il progetto Assist Women, quindi del supporto alla comunicazione delle atlete.

Claudia, qual è il vostro metodo per seguire le atlete dal punto di vista social e quanto queste piattaforme possono essere centrali per accelerare il processo di crescita del calcio femminile?

So che al di là della classica gestione dei profili, avete una filosofia più incentrata sul mentoring e l’assistenza di settimana in settimana.

"Parto con la cosa più ovvia e scontata: le piattaforme social sono fondamentali per la crescita di questo sport. Di questo e di tutte le discipline che hanno un grande potenziale sportivo e soprattutto umano, che per i ‘soliti’ motivi socioculturali che ben conosciamo, non hanno mai goduto di grande visibilità da parte dei classici media.

Non credo sia un caso che lo step ‘definitivo’ di evoluzione del calcio femminile sia stato fatto nel momento di exploit di queste piattaforme, oltre chiaramente ad altri fattori.

Le calciatrici vogliono raccontarsi e narrare il loro percorso; sui social network hanno trovato tutto quello spazio che nessuno gli aveva mai concesso prima. E più lo utilizzano, più si rendono conto che i tifosi, le giovani calciatrici, le donne e in generale le persone, hanno piacere di ascoltarle.

Solo dopo la tv, per fortuna, l’ha notato e sta mettendo del suo in questa fase di crescita.

Per quanto riguarda il nostro lavoro, si sviluppa parallelamente su due binari:

quello ‘online’ in cui cerchi di essere a disposizione praticamente h24, ogni volta che hanno un dubbio, un’idea o un’emozione che vogliono comunicare. Nel momento in cui cercano un consiglio noi ci siamo, sempre.

Curiamo nel dettaglio anche il modo in cui comunicare, con i relativi tecnicismi annessi (gli orari migliori, i formati, gli hashtag ecc.).

Non ci sono ricette miracolose per avere migliaia di follower da un giorno all’altro, okay e qui potremmo aprire una lunghissima parentesi ma la teniamo per una prossima volta. Senza dubbio ci sono una serie di buone pratiche da applicare, assolutamente coerenti al proprio modo di essere per creare e consolidare un’identità digitale credibile e riconoscibile.

Settimanalmente poi, per esempio, segnaliamo gli eventi, le tendenze e le iniziative social in modo che anche chi è un pochino più restia rispetto a questo mondo, pian pianino ne capisca le potenzialità e gli aspetti positivi per poterli fare suoi.

Come ti dicevo, questo è uno degli aspetti principali del nostro lavoro.

Quello ‘offline’ invece è più incentrato sul marketing, stiamo accumulando ed elaborando una serie di dati su brand, aziende e sponsor per poter dare alle nostre atlete più opportunità possibili.

Chiaramente il momento è complesso, il mercato deve ritrovare la fiducia nel futuro ma sappiamo bene che dopo ogni crisi arriva una ripartenza, oltre al fatto che per il nostro settore sono previsti step importantissimi come il professionismo e gli Europei del 2022 che accenseranno ulteriori riflettori, noi stiamo lavorando per farci trovare pronti".

Ottimo, torno a te Alessandro. L’anno scorso di questo periodo eravamo ancora in pieno lockdown, come avete affrontato quel periodo con atleti e atlete?

"La parola d’ordine era: perseveranza.

Abbiamo ritarato il nostro modo di lavorare, in versione più digitale e purtroppo meno umana, ma sicuramente più assidua e continuativa rispetto agli incontri live. Abbiamo creato durante il lockdown parecchi video di sensibilizzazione, speranza e informazione al pubblico, coinvolgendo tutti i nostri atleti dal più giovane al più esperto, con una strategia mediatica chiara. Oltre a questo, abbiamo creato 2 talk show digitali, dedicati al calcio maschile (SOCCER TALKS) e al femminile (WOMEN’S TALK in collaborazione con L Football), dove abbiamo coinvolto atleti e addetti ai lavori, in dibattiti sull’attualità e sul futuro, cercando di informare e intrattenere le persone a casa".

Questo era un mezzo passo nel passato, ora vorrei chiudere invece provando a fare un salto nel futuro. Come vedi l’industria del calcio del futuro? Ci sarà bisogno di offrire nuovi servizi e assistenza? Mentre te lo chiedo mi viene da pensare alla gestione di eventi extracalcistici o alla dimensione fuori dal campo dei calciatori. Un ecosistema in cui si stanno inserendo realtà che non nascono propriamente da un know-how calcistico ma più incentrato sull'intrattenimento, vedi ROC NATION di Jay Z e i tanti atleti che ora ne fanno parte.

"Se non vogliamo sbagliarci, occorre prendere spunto dal modus operandi dei grandi gruppi all'estero, che da 30 anni lavorano con la logica del servizio a 360°. Il calcio era e rimane intrattenimento, ben vengano gli spunti offerti dalle aziende già attive nel mondo dell'entertainment, che possono portare idee nuove al sistema calcio e al management degli atleti".

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