Il club di promozione pugliese che comunica come i professionisti: il caso della United Sly

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C’è una squadra che quest’anno partecipa al campionato di promozione pugliese, dopo aver realizzato un triplo salto consecutivo dalla terza categoria, mettendosi in luce con 62 vittorie, 9 pareggi e una sola sconfitta, collezionando la bellezza di 288 goal fatti e 42 subiti.

Il bello è che l’aspetto sportivo è forse il fattore “meno eclatante” di questa società fondata solo nel 2016.

Stiamo parlando della United Sly, squadra barese che si fonda su una struttura organizzativa granitica, staff tecnico di alto valore e metriche social da squadra professionistica, senza considerare un parterre di sponsor che validano il progetto.

Per intenderci, lo sponsor tecnico della United Sly è Adidas.

Abbiamo scelto questo modello molto suggestivo e poco convenzionale per il campionato in cui gioca, intervistando il presidente Danilo Quarto.

Storia della società 

Presidente buonasera, vuole spiegarci innanzitutto la scelta del nome? Perché la sua squadra si chiama United Sly F.C.? C’è forse un riferimento al cinema anni ‘80?

Per questa scelta, mi sono lasciato ispirare dal modello renano-sportivo della RedBull, la quale è stata la prima azienda a chiamare le sue squadre di calcio col nome del prodotto, seppur in modo velatamente creativo in ogni paese, però il legame tra le loro cinque squadre e la bevanda che mette le ali è ineluttabile.

(l’azienda di cui parla il presidente Quarto è la Sly Service Security Group, l’agenzia di sicurezza dei Vip e dei grandi eventi, ndr) .

Perché ha scelto proprio Bari e la trafila dei “polverosi” campi del dilettantismo per la sua realtà societaria?

All’età di 17 anni giocavo in serie D, all’Avezzano, ma a causa di un grave infortunio ai tendini, ho dovuto lasciare il calcio anzitempo. Da allora ho iniziato il mio percorso come imprenditore nel settore della sicurezza privata. Da 14 anni ormai, vivo a Milano per seguire le mie aziende.

Nell’estate 2016, in una conversazione a pranzo con mio padre, che di professione fa l’allenatore di calcio, decidemmo di fondare un sodalizio calcistico barese, partendo da zero. Seguendo lo stesso percorso fatto con le mie aziende, decidemmo di chiamarla Sly Bari, anche se questa nomenclatura non era consentita dal regolamento. Fu allora che, sulla scorta della mia passione per la Premier League e per il Manchester United, abbiamo optato per il nome Sly United. Ci siamo allacciati gli scarpini e siamo scesi in campo.

Strategia Social ma anche Sociale per la Sly United

Nel panorama attuale, la squadre di calcio professionistiche si stanno spingendo sempre più verso l’intrattenimento per i tifosi e la creazione di contenuti, con la creazione di media center interni al club. State lavorando anche a questo progetto?

Hai colto nel segno con questa domanda. Abbiamo una mole di contenuti tale, che, in ossequio alla nostra vocazione innovatrice una Sly Media House (nome provvisorio), ci starebbe davvero bene.

Presidente, abbiamo parlato delle piattaforme social nelle quali siete presenti, vogliamo parlare di qualche numero?

Certo, i numeri sono importanti. Partiamo dalla fine in questo caso. Domenica 8 abbiamo esordito in campionato contro il Rutigliano e il video Facebook con la sintesi della partita pubblicato dal nostro media partner, ha raggiunto 100.000 persone sul social blu. Rimanendo in ambito video, sempre per dare lustro ai ragazzi che ci curano la video-strategy, le visualizzazioni aggregate sul nostro canale Youtube sono di un milione, al mese sono 50.000.

Su Facebook invece, abbiamo una fanbase di 25.000 utenti, la più alta fra le squadre del nostro campionato, anche rispetto alle compagini di serie D. Ogni contenuto raggiunge in media 60.000 impressions e la maggior parte di queste grandezze vengono raggiunte in organico.

Su Instagram invece abbiamo una fanbase di 5000 persone, e siamo molto attivi lato stories, il vero contenuto che ci interessa fornire alle persone, perché permette loro di andare nel dietro le quinte della squadra quando si allena e raccontare loro le storie dei nostri tesserati.

Nel paradigma attuale di mercato, i calciatori sono delle vere e proprie media company, in grado grazie ai loro contenuti sui social, di raggiungere diverse persone in un attimo. Come regolate internamente l’uso dei social da parte dei membri della squadra, visto e considerato che avete una rosa di 28 giocatori?

Sì, siamo consapevoli dell’esposizione mediatica alla quale un club di calcio è sottoposto anche attraverso i propri tesserati. In società abbiamo istituito un codice etico interno al quale gli atleti devono attenersi dentro e fuori dal campo e sui social. Alla United Sly F.C. anche se facciamo per il momento la Promozione, si respira aria di professionismo.

Attorno alla Sly United vediamo gravitare diversi sponsor a validare la bontà dell’iniziativa e a occupare i diversi spazi offerti loro, tra i posizionamenti sulle divise da gioco e tempo libero, sino al signage in campo e sala stampa. Vogliamo parlare della sorprendente strategia di sponsorship che state mettendo in atto?

Abbiamo costruito con la Sly una storia vincente, e ogni azienda che si rispetti, sia essa piccola o media, locale o regionale, ha interesse nel mettere il proprio budget media in un progetto vincente. Noi siamo grati ai nostri partner. Ma il consenso da loro ricevuto non si ferma solo alla visibilità off-line nei posizionamenti che hai descritto tu nella domanda, ma anche nella costante presenza online che noi gli riserviamo. Con una fanbase di 30.000 utenti, aggregando la nostra presenza tra Facebook, Instagram e Youtube, dedichiamo loro i nostri contenuti social, a partire dalle stories, alle esultanze dei gol, e alla nostra strategia video-marketing pre e post gara.

Parliamo invece del vostro sponsor tecnico. Avete iniziato quest’anno un percorso con Adidas Football. Presidente, può illustrarci l’evoluzione che c’è stata in questa particolare leva di sponsorizzazione alla quale i tifosi di calcio sono molto attenti?

Abbiamo avuto un rapporto biennale con Robe di Kappa. Giunti al terzo anno con loro, abbiamo deciso di interrompere il rapporto per portare ad un nuovo livello il materiale tecnico del club.

Siamo stati contattati dai tre top brand del mercato e alla fine, la scelta è stata fatta per legarci a un leader di mercato come Adidas, così da essere l’unica squadra in regione ad essere sponsorizzata dal brand delle tre strisce. La nostra sinergia con Adidas andrà avanti sino al 2022, anno di un’ipotetica Serie D che ci auguriamo di vincere, per raggiungere il professionismo.

Nominare uno stadio dopo il nome di uno sponsor è pratica consueta ormai, anche in serie D. Dobbiamo aspettarci delle modifiche al naming dello Sly Stadium da un momento all’altro?

È una leva di diversificazione che stiamo valutando, ma preferiremmo azionarla in virtù di uno stadio di proprietà.

L’organizzazione aziendale della Sly United

Lei presidente, dà molta importanza all’organizzazione aziendale di un’impresa sportiva. Vuol dirci brevemente cosa vuol dire per lei curare questo aspetto?

Come crediamo negli investimenti nelle infrastrutture, così crediamo molto nelle persone.

Per rendere sostenibile questo progetto per me era fondamentale strutturarlo con le persone giuste. La cosa che abbiamo fatto quest’anno come prima cosa, è stata quella di dotarci di un direttore tecnico che abbiamo individuato nella figura di Claudio De Luca, allenatore UEFA A PRO, di 38 anni. Un fiore all’occhiello a livello nazionale, mio ex-compagno di squadra ai tempi del Castellana.

Ci siamo dotati, inoltre, di 1 match analyst, preparatore atletico come Pasquale Ambruosi, con esperienza in B e C. E infine un allenatore dei portieri.

A livello di scrivanie, abbiamo un’area marketing formata da quattro persone, tre addetti stampa, e due segretari organizzativi, uno sportivo e uno generale. Anche nel mercato dei dirigenti non ci siamo fatti mancare niente.

Alessio Fasano

 

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