Nigeria, il “Brasile d’Africa” che domina in Europa

Il Paese africano è ormai da 30 anni uno de bacini più ricchi di talento al mondo. Una qualità che gli permette di regalare al Vecchio Continente atleti come Victor Osimhen e Ademola Lookman, ma che, parallelamente, convive con una marcata malagestione locale.

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Il 1990 è forse l’anno che più di tutti rappresenta passato e qualità del movimento calcistico italiano, avendo regalato al Paese l’ultimo, iconico, Mondiale organizzato nello Stivale e lo Scudetto di un Napoli trainato dal giocatore forse più forte di tutti i tempi, Diego Armando Maradona.

Parlarne ora, all’inizio del 2023, sembra ormai nostalgico e anacronistico, distante da un’attualità che, in realtà, per certi versi, vi si avvicina. Per la prima volta dopo 33 anni, infatti, i partenopei sembrano davvero in grado di replicare quel successo, ma questa volta non trainati dal talento divino di un argentino, ma dalla superpotenza di un giocatore nigeriano.

Victor Osimhen, natio di Lagos, è infatti il volto più nobile di una Nigeria che si sta lentamente prendendo il calcio europeo, mettendo in mostra nel Vecchio Continente giocatori dal valore tecnico sublime.

Le Super Aquile sono infatti l’unica nazione insieme alla più quotata Francia a vantare ben due atleti in testa alla classifica cannonieri di tornei comunitari, nello specifico di Serie A e Jupiter Pro League.

Nel massimo campionato italiano gli attaccanti più prolifici da agosto sino all’inizio del girone di ritorno sono stati:

  • Victor Osimhen (Nigeria, Napoli): 14 gol;
  • Lautaro Martinez (Argentina, Inter): 11 gol;
  • Ademola Lookman (Nigeria, Atalanta): 11 gol.

Con il Toro interista a fungere quasi da terzo incomodo in questo dominio africano, dato anche dalle 16 reti messe a segno in Belgio da Paul Onuachu, attaccante del Genk e originario di Owerri, città sita nel sud-est della Nigeria.

Numeri che rispecchiano una continua ascesa del talento nigeriano a partire dai Mondiali di USA ’94 fino ad oggi, ma che celano una contraddizione piuttosto marcata con la salute della Federcalcio locale e di tutto il movimento.

Se Abuja è riuscita a diventare una delle capitali del talento calcistico internazionale, esportando giocatori come Jay-Jay Okocha, Obafemi Martins, Taribo West e Nwankwo Kanu oltre a quelli citati, la Nigerian Football Association (NFA), al contrario, è nota per macchiarsi da decenni di una malagestione culminata in una profondissima corruzione e a pagarne le spese è soprattutto la Nazionale.

Quella che dal 1994 viene definita “Brasile d’Africa”, infatti, vive oggi una situazione di crisi, in netto contrasto con il talento messo in mostra dai singoli. Creando così un vero e proprio paradosso. Al contrario di quanto non accada con le altre realtà nazionali dove il talento della rappresentativa e dei suoi atleti di punta cela la qualità del movimento, si può dire che i talenti africani si stan prendendo l’Europa nonostante la Federazione.

L’exploit di USA ‘94

Il Mondiale statunitense del 1994 è uno dei crocevia più importanti per tutto il calcio moderno, avendo reso questo sport, per la prima volta, un intrattenimento. Competizione che, oltre al rigore fallito da Roberto Baggio e alla vittoria del Brasile, ha anche permesso al mondo di conoscere la Nazionale Nigeriana.

Le Super Aquile si presentarono al palcoscenico internazionale con la propria prima, storica, qualificazione alla Coppa del Mondo e lo fecero davvero in grande stile, superando il girone davanti all’Argentina di Maradona e raggiungendo gli ottavi di finale.

Un risultato assolutamente eclatante, eco dell’exploit delle squadre giovanili, capaci, tra 1985 e il 1993, di portare la rappresentativa Under 17 per quattro volte in finale ai Mondiali, vincendola per altro per ben due volte grazie ai vari Kanu e Babayaro.

Momento brillante ed indimenticabile per il Paese che portò a considerare la Nigeria come una delle possibili dominatrici del presente e del futuro del calcio. Deludendo tuttavia tutte le aspettative, nonostante la vittoria della Coppa d’Africa nel 1994 e il “Dream Team” capace di vincere l’oro alle Olimpiadi di Atlanta del 1996.

Da quel momento in poi, infatti, il Paese non ha smesso di sfornare talenti, ma ha registrato una serie di risultati sportivi a dir poco deludenti, complice soprattutto un sistema malato.

I problemi del movimento

Considerando l’indiscussa qualità sportiva dei giocatori locali, le cause principali del declassamento delle ambizioni e dei risultati nigeriani è da riscontrarsi nella gestione discutibile del movimento da parte delle sue istituzioni apicali.

La NFA, infatti, non è famosa per la propria trasparenza e lungimiranza, protagonista di scelte a dir poco dannose. Dopo l’eliminazione ai gironi dei Mondiali di Sudafrica 2010, per esempio, il presidente dell’epoca Goodluck Jonathan decise di sospendere la Nazionale e di estrometterla dalle competizioni internazionali per due anni, a dimostrazione di una serenità totalmente assente nella gestione del calcio.

La scocca di un effetto domino negativo culminato nel cambiamento di sei dirigenti in meno di dieci anni e in un’instabilità palpabile figlia di un'aspra crisi di leadership e di lotte intestine per la presidenza. Accompagnando il tutto con l’interruzione totale di investimenti nel settore giovanile, prima il fiore all’occhiello del Paese, e un'apparente indifferenza nei confronti del campionato nazionale per club.

Un allontanamento graduale dalla sfera prettamente sportiva e dalle sue necessità, per abbracciare interessi politici, più prolifici economicamente.

Terrorismo e corruzione

La situazione vigente in Nigeria oscilla tra il problematico ed il drammatico. La popolazione locale è infatti costretta a convivere con una pluralità di nuclei terroristici, Boko Haram e i Vendicatori del Delta del Niger su tutti, e, contemporaneamente, anche con un sistema profondamente corrotto.

La corruzione è infatti una piaga da sempre presente nel Paese, al punto da portare il Senato nigeriano a definire la Nigerian Football Association "l'agenzia governativa più corrotta che esista".

Parole estremamente emblematiche, ma al tempo stesso realistiche considerando che fino al 2006, analizzando la questione dal punto di vista prettamente calcistico, in Nigeria era legale corrompere gli arbitri e che 26 membri della nazionale nigeriana Under 20 sono stati dichiarati maggiorenni in seguito a test sul midollo osseo, dimostrando la falsità delle informazioni precedentemente trasmesse con documenti ufficiali.

Problematiche talmente profonde e grottesche da risultare quasi impossibili agli occhi di un appassionato occidentale e che assumono ancor più rilevanza e gravità considerando l’incredibile importanza del calcio in Nigeria.

Secondo dati raccolti nel 2017, infatti, l'87% degli uomini e il 79% delle donne seguono assiduamente un gioco capace di ottenere una parità di genere per quanto riguarda lo share e l’attrattiva, ma incapace di scrollarsi di dosso tutto il marcio che lo appesantisce da 30 anni.

L’accordo con la Roma e l’idea di brand

Nonostante l’indiscussa colpevolezza della NFA nel suo tarpare le ali ad una realtà che avrebbe tantissimo da dare a lustro del Paese, la Federcalcio ha comunque optato per delle attivazioni strategiche col fine di rinsavire il movimento e dargli visibilità internazionale.

Nel 2019, per esempio, è stata firmata una partnership con l’AS Roma di James Pallotta col fine di, si legge sul sito ufficiale del club, “collaborare dentro e fuori dal campo, con l’obiettivo a lungo termine di far disputare al club giallorosso un’amichevole in Nigeria”.

Aggiungendo poi che “L’accordo prevede che le due parti condividano le proprie esperienze nel mondo del calcio, del business e dei media. La Roma offrirà supporto tecnico e operativo alla Federazione, oltre a una serie di consulenze sui metodi di allenamento delle squadre giovanili, sulla crescita dei calciatori, sull’amministrazione nel mondo del calcio e sui digital media.

La N.F.A., parallelamente, contribuirà nelle iniziative dell’AS Roma in Nigeria per coinvolgere sempre di più gli amanti del calcio nel Paese”.

Operazione che sembra ricalcare la ratio di quella pianificata dall’Arabia Saudita con LaLiga spagnola e che cela un tentativo di apertura verso una crescita a scapito delle problematiche.



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Collateralmente a tutto questo e esondando il contesto sportivo, negli ultimi anni la Nigeria sta provando ad acquisire visibilità dando vita a divise da gioco, figlie della collaborazione tecnica con la Nike, in grado di ampliare il concetto di sporting goods e di rendere la divisa utilizzata dalla Nazionale ai Mondiali di Russia 2018 un capo ormai iconico e dal successo clamoroso.

Il kit, dalle linee di design stravaganti e moderne ma ad ispirazione della maglia indossata dalla grande Nigeria del 1994, ha innescato un entusiasmo internazionale senza precedenti.

Le vendite hanno infatti registrato ben presto un sold out, totalizzando 3 milioni di pre-ordini e superando addirittura i numeri di vendita di un club come il Manchester United, fermatosi a 2,8 milioni.

A dimostrazione lampante e palese di come il movimento nigeriano continui ad attrarre il grande pubblico. Campioni esportati in Europa e divise eccentriche ma cool rendono la nazione africana una delle mete calcistiche più in vista, evidenziando come la Nigeria sia, al tempo stesso, vittima e carnefice di sé stessa.



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