Augusto Carpeggiani: "I social possono rappresentare una preziosa risorsa in presenza di una gestione oculata e di un accurato sistema di controllo"

Augusto Carpeggiani

Abbiamo incontrato a Bologna Augusto Carpeggiani, Procuratore Sportivo e Partner di Italian Managers Group, società che affonda le proprie radici nella storia professionale di uno dei primi e più importanti procuratori del calcio italiano: Bruno Carpeggiani, padre di Augusto.

Eusebio Di Francesco, Lorenzo Minotti, Antonio Di Natale, Massimo Carrera, Marco Marchionni, James Rodriguez, in passato.

Acerbi, Lazzari, Schiattarella, Venuti, Martella, Acosty oggi. Sono solo alcuni dei calciatori rappresentati da Italian Managers Group.

Ma oltre alla attività professionale di consulenza sportiva c’è di più!

Abbiamo parlato di calcio e digital e delle opportunità di marketing che i players del calcio possono cogliere attraverso i social network.

Ormai i social network entrano nella vita di tutti noi, il calcio non è escluso da questo fenomeno. Secondo lei rappresentano una risorsa oppure alla lunga rischiano di diventare un problema?
Il legame tra calcio e social network è indissolubile, e non esiterei a definirlo un campo minato. Da un lato sussistono innegabili vantaggi, quali la garanzia di ottenere una visibilità maggiore, un’interazione più immediata e diretta con i tifosi, l’esclusività di alcuni contenuti, la possibilità di aprire una finestra sul lato umano degli atleti o di veicolare i sani valori di questo sport. Dall’altro, tuttavia, ci si ritrova a fare i conti con una serie di rischi. L’eccessiva esposizione mediatica, specialmente in momenti della stagione in cui il rendimento del collettivo o del singolo non è in linea con le aspettative della gente, può generare malintesi, fraintendimenti, conflitti, per non parlare della violazione della propria privacy. Un nostro calciatore, non presente sui social, è stato dapprima vittima di un furto di identità, mentre di recente gli sono state attribuite dichiarazioni non veritiere da una pagina ironica, senza che il diretto interessato abbia avuto modo di replicare e tutelarsi in prima persona. I social possono rappresentare una preziosa risorsa in presenza di una gestione oculata e di un accurato sistema di controllo.

Si parla molto di corretto utilizzo dei Social Network, esiste una linea da seguire al riguardo? I giocatori sono personaggi pubblici. Come devono rapportarsi con questo strumento?
Tra i principali effetti della digitalizzazione va senz’altro annoverata la riduzione della distanza tra il calciatore ed il pubblico, rendendo di fatto obbligatoria la rigida osservanza di alcune regole non scritte e tutte basate sul rispetto: rispetto dei propri interlocutori, del club di appartenenza, della sacralità dello spogliatoio, dell’intero sistema calcistico. Attenersi a questa sorta di normative virtuali, tenendo sempre a mente che ogni atleta è in grado di esercitare una certa influenza sui fan, può semplificare notevolmente la gestione dello strumento in questione.

Il procuratore oggi assolve ad un ruolo fondamentale: supporta la crescita dei calciatori dentro e fuori dal campo. Lei ritiene importante anche curare la gestione dei social e quindi formare i giocatori attraverso il supporto di professionisti ed esperti di un social media management? 
La presenza di un professionista del settore è quasi indispensabile ma credo che al giorno d’oggi per un procuratore sia fondamentale padroneggiare in prima persona il linguaggio telematico, conoscere approfonditamente la materia ed essere in grado di fornire supporto e consigli ai propri assistiti, quando richiesto. Il web non perdona, persino un mezzo passo falso non passa inosservato e può essere pagato a caro prezzo, per cui è bene essere preparati ed aggiornati.

In ritardo rispetto agli altri Paesi, in Italia stiamo assistendo ad una trasformazione digital del rapporto tra calciatori/squadre e tifosi. Esiste un gap da colmare tra le grandi e le piccole anche in questo ambito?
Esiste, e il divario è ancora abissale. Il bacino d’utenza della piazza è un parametro a cui non si sfugge, al pari della categoria in cui si milita. Il trend recente, tuttavia, sembra suggerire una riduzione del gap. Cito l’esempio del Pordenone, con cui ho avuto modo di entrare in stretto contatto, e devo ammettere che sotto questo profilo sono decisamente all’avanguardia, più di altre società maggiormente blasonate.

I social hanno invaso anche il calciomercato: in che modo hanno cambiato usi e abitudini dei procuratori: prestano più attenzione a quello che scrivono, sono attenti a non lasciare tracce e indizi sul web o si servono di questi canali per orientare voci e indiscrezioni? 
L’utilizzo dei social, oltre ad essere un aspetto preponderante dell’evoluzione del nostro lavoro, rispecchia il modo di lavorare ed i tratti distintivi di ogni singolo agente. Chi è particolarmente meticoloso non potrà fare a meno di monitorare costantemente il web, chi preferisce evitare le luci dei riflettori tenderà a mantenere le distanze dai media, chi vuol essere al passo con i tempi aumenterà progressivamente la propria presenza su internet. Dipende sempre dal personale modus operandi.

Inevitabilmente i social riescono ad amplificare qualsiasi messaggio e contenuto. Quindi gli account social dei calciatori diventano appetibili per promuovere prodotti e servizi. Secondo lei per i giocatori è possibile strutturare una strategia di personal branding per veicolare messaggi promozionali? Questo eventualmente è in contrasto con i contratti e le policy in essere con i club? (I diritti di immagine sono lasciati o meno ai calciatori?)
In Italia solo il Napoli detiene l’esclusiva sui diritti d’immagine dei propri tesserati, per cui non posso che rispondere affermativamente alla domanda. Le suddette strategie sono possibili e ne prevedo un rilevante sviluppo negli anni a venire.

Noi diamo un valore economico agli account social di squadre e calciatori. Senza entrare in tecnicismi, ritiene utile provare a definire un parametro oggettivo per evitare speculazioni?
Sì, l’utilità non si discute. Semmai potrebbe essere complicato quantificare tale parametro, inevitabilmente condizionato da una valenza locale. I follower di un determinato club o di un dato calciatore sono legati alla piazza di appartenenza, e il concetto di territorialità ha un’incisività fondamentale da cui non si può prescindere.

Italian Managers Group lavora molto con giocatori emergenti. Ritiene importante curare il social training già dagli inizi di carriera?
Si tratta di un argomento tanto importante quanto delicato. Distrazioni, assenza di filtri nei contenuti, eccessiva enfasi alla sfera privata. I pericoli sono tanti e li conosciamo bene ma non possiamo certo sostituirci alle figure genitoriali né ne abbiamo la pretesa. Tuteliamo i nostri assistiti più giovani invitandoli ad un uso responsabile dei social, rendendoli consapevoli dei rischi del settore e monitorandone l’attività con regolarità ma senza ingerenza.

Massimo Tucci

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